martedì 31 marzo 2009

Tira vento

Tira vento. Un vento non freddo ma impetuoso, che strapazza gli alberi e le tende dei negozi, mentre il cielo si fa sempre più grigio e forse più tardi pioverà. Un refolo si insinua dentro la finestra portando con se un petalo bianco di albicocco che mi fa ricordare il mio che non c’è più. Mentre guardo quella minuscola chiazza bianca sul parquet avverto un turbinio di sensazioni e di emozioni, come se una raffica mi fosse scesa in gola insieme a uno sbadiglio e avesse scompigliato ogni cosa, rimescolando le carte di quel mazzo che spesso stento a tenere in ordine, i cuori con i cuori, i picche con i picche. E adesso son lì che frullano e svolazzano irrequiete, triangoli colorati di una girandola che gira vorticosa di un colore solo e indefinito e solo quando si ferma mi accorgo che son tanti. Sono giorni che mi sento così. Inquieta per quelle nuvole all'orizzonte che a momenti sembrano dissolversi e a momenti invece si fanno più compatte. Contenta per queste giornate che finalmente si son fatte più lunghe e per i mille profumi che nonostante gli ultimi colpi di coda del raffreddore riesco a sentire nell'aria dolce. Di ghiaccio per i dolori che la vita riserva ogni giorno che basta accendere la tivù e quasi non ci si fa più caso, ma quando quel paio di occhi azzurri con i quali rido ogni giorno all'uscita di scuola si riempiono di lacrime per dirmi che quella creatura che nuotava felice da sette mesi nel pancione di sua sorella è tornata improvvisamente ad essere un angelo o quando faccio visita a un'amica e anziché sorridere mi ritrovo a piangere, sento la lama che penetra dentro. Emozionata quando vedo mia figlia ballare, come ieri sera, rilassata e felice che la mattina dell'esame di danza ormai era già passata e quel che è stato è stato, e mentre la guardo mi accorgo che è brava, ma brava davvero, e benché io non sia facile agli elogi, che il far bene è la normalità e non l'eccezione, stavolta glielo dico davvero, ma proprio col cuore. Preoccupata, mentre le accarezzo i capelli sparsi sul cuscino e ascolto il suo respiro lieve addormentato e mi sento già stringere il cuore per quando arriverà il momento in cui andrò a dormire quando il suo letto ancora sarà vuoto e lo so già che non riuscirò a prendere sonno fino a che non sentirò le chiavi nella serratura. Incasinata, che sul lavoro le cose da fare si moltiplicano e visto che c'è crisi, e ce l'hanno proprio detto a chiare lettere, bisogna fare l'impossibile e cominciare ad esercitarsi anche in qualche miracolo. La girandola continua a girare, a volte forte, a volte piano. Sospiro e guardo fuori. C'è vento.

giovedì 26 marzo 2009

Vergogna

Grazie Roberto. Sono stata ad ascoltare le tue parole, ipnotizzata, muta, sconvolta. Parole che avevo già sentito, letto, ascoltato, ma che non suonano mai come ripetizioni, purtroppo. E mentre dentro sentivo montare l'amarezza, la tristezza e l'orrore, si è affacciata un'emozione che le ha travalicate tutte: la vergogna. Vergogna di essere italiana, se questo è il mio Paese. Vergogna di non aver ancora letto il tuo libro, per paura di soffrire troppo, credo. E se il secondo motivo di vergogna è di facile risoluzione, che una sosta in libreria a questo punto la considero doverosa, obbligatoria, il primo motivo purtroppo non lo sarà. E' una condanna a vita.

martedì 24 marzo 2009

I biscotti scomparsi

L'idea era quella di pubblicare una bella fotografia di questi favolosi dolcetti, a metà strada tra pasticcini e biscotti, così dolci e croccanti che uno tira l'altro e non ci si fermerebbe mai, che seguendo l'ottima ricetta della cara Fux ho sfornato sabato sera come dolce sfizio da portarci dietro la mattina dopo insieme a panini e borracce d'acqua per la giornata genitori e figli del gruppo scout, che si è svolta con allegria e semplicità tra le mura di un paesino incantato, dove il tempo si è fermato svariati secoli fa e dove non ci si sarebbe stupiti più di tanto nell'incontrare tra le stradine lastricate quella meravigliosa coppia in calzamaglia che vagava per Frittole in Non ci resta che piangere. L'errore l'ho commesso quando non ho fatto la foto all'uscita dei biscotti dal forno pensando ottimisticamente di farla l'indomani con calma quando avessi presentato i biscotti ai lupetti, mentre invece la parola stessa mi avrebbe dovuto far immaginare con quanta velocità e voracità i cuccioli sudati e scapigliati si sarebbero lanciati sulle cibarie non appena fosse stata dichiarata l'ora x. E così è stato, il tempo di disporli su di un vassoio improvvisato, circondato d'erba e irrorato di sole, che già non vi erano rimaste che le briciole, e dopo poco neppure quelle, che le svelte manine sono andate ad acchiappare fino all'ultimo petalo croccante che vagava solitario. Così, non mi resta che pubblicare una foto dell'ingrediente fondamentale e lasciare il resto all'immaginazione o alle splendide foto sulla ricetta di Fux, non dimenticando di trascrivere i passi fondamentali che ho seguito.

Corn flakes cookies

Ingredienti (per circa 26 biscotti):
350 gr. di farina

150 gr. di burro ammorbidito
160 gr. di zucchero
2 uova
mezza scatola di corn flakes

50 gr. di uvetta
una bustina di lievito
la scorza grattugiata di mezzo limone
zucchero a velo


Preparazione:
Mettere in ammollo in una tazza con acqua tiepida le uvette e nel frattempo grattugiare la scorza di mezzo limone. In una ciotola capiente sbattere le uova con lo zucchero fino ad ottenere una crema. Aggiungere la farina setacciata, il lievito, la scorza grattugiata ed il burro ammorbidito. Sciacquare le uvette, asciugarle ed aggiungerle all'impasto. Formare con l'aiuto di un cucchiaio tante palline di impasto. Versare dei cornflakes in una scodella e rotolarci dentro una pallina alla volta facendo ben aderire i petali dei corn flakes su tutta la superficie della pallina. Posizionare le palline su una teglia ricoperta di carta da forno e infornare ad una temperatura di 180° per 15 minuti. Lasciar raffreddare a temperatura ambiente e spolverizzare di zucchero a velo.

lunedì 23 marzo 2009

Orsù

Orsù si ricomincia
un'altra settimana
in bilico tra una camicia
e un maglione di lana.
Orsù che si riparte
troppe cose a cui pensare
serbatoio riempito ad arte
di carburante da consumare.
Orsù col vento in poppa
che gonfia le mie vele
sul buco c'è una toppa
e guance accese come mele.
Orsù che è lunedì
ufficio scuola e anche il balletto
la vita è tutta qui
e la sottolineo col rossetto.
Orsù che è un gran fermento
ogni giorno ogni momento
ogni minuto è già un traguardo
che abbraccio fiera con lo sguardo.

venerdì 20 marzo 2009

La primavera dentro

Proprio adesso che la primavera sembrava già arrivata, sia quella ufficiosa che quella ufficiale, che anche Google oggi ha un logo tuttifrutti che è un amore, ecco che si riparte con tuoni, fulmini, vento polare e pure una bella grandinata, che ticchettava impetuosa a ricordarmi che sarà bene che mi astenga per il momento dal riporre maglioni e pashmine, che anche il meteo ha detto che sta arrivando altra neve, come se quest’anno ne fosse caduta poca. Così, mi beo della primavera sbocciata dal lato interno dei vetri, su quel davanzale di pietra nuovo di zecca inondato di luce, che i bulbi dei narcisi pare abbiano apprezzato subito, fate come foste a casa vostra, gli ho detto, e così loro han fatto, producendo svariati gioielli gialli come il sole e come le sorprese degli ovetti Kinder, che ogni mattina ne trovo uno nuovo. E dove due giorni fa ha trovato posto anche un’orchidea che sembra un girotondo di farfalle, di un meraviglioso bianco panna sfumato appena di un pallidissimo verde, un dono inaspettato, per rallegrarti un po’, certo che si doveva proprio vedere da lontano che ero un fascio di nervi e preoccupazione. Comunque, han fatto subito amicizia. Benché di estrazione sociale radicalmente diversa, un po’ come all’Isola dove la contessa di turno si ritrova a scambiare confidenze in riva al mare col bidello, i narcisi campagnoli si son fatti raccontare di terre lontane e foreste del Borneo dalla regale Phalaenopsis, la quale a sua volta è stata ad ascoltare a bocca aperta i pettegolezzi di paese dei narcisi impertinenti. Io li ascolto, li guardo, li curo, li annaffio, gustandomi questo piccolo angolo di primavera che nemmeno la grandine può scalfire e mi sento più calma, più serena, più forte. Oserei dire nuova.

mercoledì 18 marzo 2009

Juta, feltro e tanto amore

Eccolì lì gli ingredienti, ammassati gli uni sugli altri in un simpatico disordine che solo a guardarli già avverto il formicolio alle mani che dovranno piegare, infilare, tagliare, infiocchettare e soprattutto non rubare, che per me un confetto tira l'altro molto più delle ciliegie. Il tutto a notte fonda, ben inteso, che questo genere di operazioni mi è possibile solo in tale orario, quando la casa tace e si può far qualcosa con calma senza correre il rischio di essere interrotta ogni minuto. Nate nel cuore della notte, tra uno sbadiglio e un Matrix in sottofondo, queste bomboniere saranno ancora più intime, più soffuse, più mie. Guardo gli ingredienti di questa ricetta e sorrido, di un sorriso strano, tirato, ancora un po' velato dall'ansia, che nonostante le nuvole all'orizzonte si siano fortunatamente trasformate in una leggera foschia che forse si dissolverà al sole, siaringraziatoiddio, pare ci sia stato un ripensamento o forse solo un ravvedimento, la preoccupazione mi tiene ancora per mano e mi sento frenata, insicura, in cerca di equilibrio. Lo ritroverò lentamente, nelle piccole grandi cose di tutti i giorni, come questi sacchettini per il giorno della pulcina che mi accingo ad iniziare, fatti di juta, feltro, tulle, nastri e soprattutto tanto amore.

lunedì 16 marzo 2009

Nuvole basse

Stamattina c'è il classico cielo azzurro di primavera, terso e brillante, solcato da una brezza leggera che fa tremare i rami ancora spogli degli alberi, me mentre guardo in su non riesco a sorridere, avverto solo la cupa pesantezza di quelle nuvole basse e minacciose che da qualche giorno si sono profilate al nostro orizzonte. Seri problemi sul fronte lavorativo del Galletto, ogni ora sempre più certi e vicini, e mi si spezza il cuore a vederlo così teso e amareggiato che son quasi più preoccupata per lui che per quello che significherà per la nostra famiglia quando l'onda d'urto ci investirà. La sciarpa si è trasformata in un cappio e deglutisco a fatica mentre mi dico che in fondo i problemi gravi sono altri, quelli per i quali non si può combattere o lo si può fare solo con grosse difficoltà. Noi tre siamo qui, ci teniamo stretti e abbracciati, muti e partecipi, come ieri sera sul divano in quello che la pulcina chiama il cocco di famiglia, un groviglio di gambe, di braccia e di cuori. Guardo le nuvole e sospiro. Non voglio pensarci. Alzo gli occhi ad incontrare il sole.

martedì 10 marzo 2009

Corro

Corro. La sveglia suona e già corro. La rassegna stampa della mia giornata scorre veloce dietro ai miei occhi con titoli da prima pagina e intanto volo giù dalle scale. Corro mentre gli espressi escono borbottando dal beccuccio mentre infilo le brioches nel microonde, verso il latte nel tazzone della picci e spalanco le persiane. Corro mentre scambio due parole col Galletto tanto per accordare i suoni mentre mi tuffo nelle camere, aprendo le finestre anche se fa freddo, tirando lenzuola, cuscini e anche qualche maremma quando m’imbatto in calzini e fazzoletti appallottolati e abbandonati sul parquet nemmeno ci fosse da marcare il territorio. Corro da un bagno all’altro, fino ad un attimo fa liberi e ora ovviamente occupati, aspetta il tuo turno Gallina, non pretenderai mica di trovare un bagno libero alle sette e mezza del mattino? Corro dal mio armadio a quello della picci, mettiti il grembiule pulito che quello di ieri potrebbe camminare da solo come Belfagor, i collants neri non si trovano nemmeno a pagare oro e ricordo miseramente che l’ultimo paio l’ho smagliato due giorni fa. Corro. Pulcina e Galletto sono in partenza, e lo si capisce dagli urli di quest’ultimo, sbrigati è tardi sembra essere la password per iniziare ogni nostra giornata, escono imbacuccati, i caschi già infilati, trolley, valigetta e ammennicoli assortiti. La porta sbatte e corro, una doccia che nemmeno un pit-stop della Ferrari ed inizia il count-down, non posso permettermi di macchiarmi gli occhi col mascara, è tutto studiato, tutto calibrato, scelgo lo yogurt del giorno da buttare in borsa e via per le scale. Corro sul marciapiede, ormai i vicini possono regolare gli orologi vedendomi passare, se perdo quello delle otto e ventidue è un casino e mi si legge in faccia. Giro l’angolo e ha già messo in moto, corro in mezzo di strada e comincio sventolare mani e borsa, una pazza. Salgo su che sembro un mantice, do la colpa all’asma ma forse non è più solo quella. Corro. In ufficio, dalla stampante al fax, tra le telefonate e le infinite carte che adornano la mia scrivania, mentre mangio lo yogurt e sorseggio il caffè, studiando una trattativa che non sta andando a buon fine e un’offerta ancora tutta da preparare. Corro fuori che anche oggi ho fatto tardi, via dal dentista e poi a casa perché anche se sono quasi le sedici il mio stomaco reclama a gran voce una qualsivoglia farcitura, che trangugio in fretta e in piedi scottandomi la lingua e cercando di far partire una lavatrice. Cammino svelta verso la scuola, saluto le altre mamme mentre la fiumana vociante esce e avvisto il piumino fucsia della pulcina nel marasma, che mi racconta di prove di canto per l’imminente spettacolo musicale e di ricerche di scienze su pesci ossei e cartilaginei, addentando la schiacciata all’olio e trascinando il trolley sul marciapiede dissestato. Corro a rispondere al telefono, lavati le mani e finisci i compiti mentre vado a stendere il bucato, agguanto la sua borsa di danza e via nel vento, raccontami, e intanto mi maledico perché stamani mi sono dimenticata di scongelare la carne. Lascio la pulcina alla sua lezione in body e calzamaglia e corro verso il grande magazzino sul viale, ricordandomi dei collants neri che mancavano all’appello e già che ci siamo qualche calzino nuovo anche per la pulcina. Corro verso la scuola di danza, la lezione volge al termine e sono già quasi le venti, passo svelto verso casa mentre le energie cominciano decisamente a scarseggiare e la mente è già alla cena da preparare. L’acqua bolle e butto la pasta, mastico, chiacchiero, rido, brontolo e sparecchio, mentre carico le stoviglie in lavapiatti ed intimo alla pulcina di andare a lavarsi i denti. Corro. Sistemo, pulisco e riordino, per fortuna stavolta il bagno è libero, accendo il pc ed inizio a scrivere qualcosa, salgo le scale, pigiama e libro che non aprirò perché gli occhi si stanno già chiudendo. Carico la sveglia, bacio gli occhi chiusi della pulcina, preparo un messaggio per il ritorno del Galletto a notte fonda, che negli ultimi tempi parliamo più via mail e post-it che a voce e penso che anche oggi sono riuscita a tagliare il traguardo. Domattina partirà un’altra gara. Io ci sarò. Corro.

domenica 8 marzo 2009

Gli anemoni della domenica

Adoro gli anemoni. Per la semplicità. Nascono tra le zolle di terra, vicino agli olivi, appena arrivano i primi raggi di sole tiepido inframezzati dalle piogge di Marzo, e vengon su un po’ a caso, due qui e tre lì, alcuni alti e altri bassi, e mettersi a coglierli diventa una caccia al tesoro scrutando nel verde per avvistare le loro testoline timide. Per il colore. Non è blu, non è viola, quasi indaco o forse azzurro, non si riesce a definirlo mai, cambia in continuazione seguendo la luce o il momento della giornata, lucido e liscio come fosse di seta. Per il profumo. Che non c’è, non esiste, non si sente neppure a entrarci dentro col naso, al limite un vago sentore di erba, di campo, e allora annuso con gli occhi anziché con il naso, fino a sentire il profumo più buono che c’è. Per le foglie. Piccole, sottili, minuscole dita di gnomo che circondano, abbracciano e sorreggono, verdi e lucenti anche adesso che in casa è scesa la notte. Per il vaso. Che trasparente e straboccante inaugura il davanzale interno di pietra serena finito di siliconare proprio ieri dal consorte, che più lo guardo e più mi chiedo come ho fatto a stare tutti questi anni senza. Per il rito. Di andare a raccoglierli con la nonna, che non può iniziare la primavera se non si è state a cercare anemoni, e oggi pomeriggio era davvero la giornata ideale e quanto sarei voluta essere lì con loro mentre aprivo scatoloni, smistavo, selezionavo e via di Glassex che era una meraviglia. Per le manine. Quelle della mia donnina, che li hanno raccolti, uno per uno, fino a formare quattro mazzolini, legati con fili d’erba, portati a casa e regalati alla sottoscritta con il più bello degli abbracci. E non solo era domenica, era pure l’otto Marzo. La mimosa a noi ci fa un baffo.

venerdì 6 marzo 2009

Viaggi sospesi

L’attività della premiata agenzia di viaggi e vacanze della Gallina quest’anno non è ancora ricominciata. Come se sulla porta fosse stato appeso il cartello torno subito ma quel subito in realtà si stesse protraendo all’infinito. Praticamente uno stand-by. Troppe necessità all’orizzonte per poter ricominciare a programmare viaggi. L’auto nuova che fino a pochi giorni fa era una probabilità e che adesso sta diventando una certezza, e hai voglia che ci sono gli incentivi e la rottamazione e il fiocchino rosso, ci saranno comunque da sborsare un bel po’ di eurini. Poi c’è l’apparecchio della picci in arrivo sul primo binario, dodici mesi forse quindici di delizioso aggeggio in bocca, che è fashion pure lui e adesso si può anche scegliere il colore, celeste glitter l’ha voluto, mica bruscolini; e anche lì un bel salasso. Indi l’esame di Stato del Galletto, che anche i mariti costano, ahimè, e che non si azzardi a bocciare perché potrei trasformare tutte quelle bottiglie di vino che cura come bambini in un esercito di supposte. Poi ci sarebbero anche i mobili da comprare per il pollaio, voglio dire, non si potrà mica continuare in eterno a vivere in questa casa strana dove si potrebbe fare una gimkana tra gli scatoloni sui pattini a rotelle. E naturalmente le rate del mutuo, le bollette e pure una Comunione. Insomma, se passasse Dracula credo che morirebbe di sete. Così, di viaggi non si parla, non vi si accenna, nemmeno di sfuggita, neanche a sussurrare. Si evita accuratamente l’argomento. Ed io, che in genere in questo periodo dell’anno iniziavo a tempestare di richieste gli uffici turistici e i siti internet dei luoghi prescelti, per cominciare a studiare, programmare e organizzare, sono qui a bocca asciutta. Cioè, un’idea in realtà ce l’avrei, che ronza, che frulla, e mi tintinna nelle orecchie già da un po’. Un’idea che accontenterebbe il Galletto futuro sommelier, la pulcina futura comunicanda e ovviamente anche la sottoscritta, che un debole per quei luoghi d’oltralpe ce l’ha da sempre, siano essi di terra, di mare o di monti. Insomma, io per ora non proferisco parola, anche perché non credo in un’inaspettata vincita al Superenalotto, cosa ovvia del resto visto che non gioco mai. Però, intanto l’idea c’è. Ed è già qualcosa.

martedì 3 marzo 2009

La pioggia di Marzo

Marzo è un mese buffo, un po’ matto, che cambia umore da un giorno all’altro, come se davanti ad un guardaroba ben fornito non sapesse cosa indossare e stesse lì a far mille prove davanti allo specchio, ora rigido e altero in un tailleur freddo e plumbeo, ora allegro e un po’ frivolo in un abitino svolazzante azzurro cielo, ora giocoso e maldestro in un completo color pioggia illuminato da una camicetta gialla come un raggio di sole. Non ci si abitua mai a questo mese strano, che porta con se mille sorprese e non si presenta mai uguale. E anche quando porta con se giornate umide e piovose come queste, che dopo quelle di Novembre, quelle di Dicembre, quelle di Gennaio e pure quelle di Febbraio cominci a esserne sinceramente un po’ stufa e ti fanno alzare gli occhi al cielo e dire che sì, vabbè che una volta hai detto che amavi la pioggia, ma forse qui c’è qualcuno che se ne sta approfittando, Marzo riesce sempre a stupirti e a farti sembrare questa giornata fatta di fili d’acqua al di là della finestra diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. Sarà stato per quel raggio di sole che poco fa ha improvvisamente squarciato le nuvole e ti ha colta di sorpresa, tanto era forte e luminoso, che stavi quasi per metterti a cercare gli occhiali da sole nei meandri della borsa. Sarà stato per quella macchiolina rossa tra i rami della camelia che hai intravisto tra una goccia e l’altra dalla portafinestra della cucina mentre riscaldavi il minestrone e lì per lì hai pensato cosa sarà mai e poi hai capito e hai sorriso. Sarà stato per quel ciuffo di foglie uscito fuori dal ramo secco dell’ortensia, ritto e orgoglioso come il pennello di un pittore intinto in una vernice così verde da far quasi male agli occhi. Sarà stato per quel regalo inaspettato e quanto mai gradito, subito aperto e messo lì sul muretto a profumare il soggiorno, che si sente appena ma quel tanto che basta e tutte le volte che lo sento mi vien voglia di una tazza di tè, che il mio preferito ha lo stesso profumo. Sarà stato per questo, chissà, ma la pioggia di Marzo, non so come, porta sempre allegria.

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