martedì 28 settembre 2010

Risotto ai rossi

La foto non c’è, ahimè, il risotto è finito prima che potessi avere anche solo il pensiero di fare uno scatto. Ma è rimasto vivido e potente il ricordo di un piatto davvero buono, nato un po’ per caso mentre buttavo giù il menu da offrire ad alcuni amici sabato scorso. Avevo deciso che il filo conduttore della cena sarebbe stato l’uva, e da lì ad un buon risotto al Chianti il passo è stato breve. Poi però ho deciso di aggiungere un altro rosso preferito, il radicchio trevigiano, per un matrimonio tra Veneto e Toscana davvero ben riuscito.

Risotto al Chianti con Radicchio Trevigiano

Ingredienti:
riso Carnaroli (due pugni a testa ed uno per la pentola)
brodo vegetale
burro
cipolla dorata
pancetta arrotolata affettata fine
radicchio trevigiano
vino rosso Chianti (mezzo litro ogni quattro persone)
parmigiano reggiano
pepe verde, sale

Preparazione:
Tritare finemente la cipolla e farla soffriggere nel burro, insieme ad un po’ di pancetta tagliata finemente. Appena la cipolla sarà appassita aggiungere il radicchio lavato e tagliato a striscioline sottili, lasciandolo stufare per alcuni minuti. Aggiungere il riso e farlo insaporire per qualche minuto. Versare un po’ di brodo e poi abbondante vino rosso, mescolando. Salare e continuare la cottura mescolando e aggiungendo il vino fino a terminarlo, intervallando con mestoli di brodo. A fine cottura mantecare con una noce di burro, abbondante parmigiano grattugiato e una macinata di pepe verde fresco. Servire guarnendo i piatti con alcune foglie intere di radicchio.

giovedì 23 settembre 2010

Tra i due litiganti

La moglie di un mio collega ha letto un libro. E fin qui verrebbe da dire niente di strano. Il fatto è che la lettura di questo libro, di cui non voglio neppure sapere il titolo o l’autore, e se qualcuno di azzarda a dirmelo mi metterò le mani sulle orecchie canticchiando al tempo stesso, a suo dire le ha cambiato la vita. E di conseguenza a tutti quelli che le stanno intorno. Dal giorno in cui ha letto l’ultimo rigo di questo illuminante volume, è infatti diventata vegana. Rigorosamente e assolutamente. Niente più carni, uova, pesce, latte, formaggi e qualsiasi altro alimento di origine animale. Premesso che ognuno è libero di nutrirsi come vuole, di sfondarsi di Nutella e di BigMac o di non nutrirsi affatto, sopravvivendo con pallide zuppe di miso e vagonate di germogli di soia, la cosa mi ha parecchio intristita, ricordando i superbi manicaretti che la persona in questione riusciva a produrre quando ancora non si era imbattuta nella fondamentale lettura. Mai come il dolore che ha provato il povero marito però, gran buona forchetta tra l’altro, che dopo aver sposato una cuoca provetta si è improvvisamente ritrovato a doversi cucinare la bistecca di nascosto sul balcone. L’amore non finisce certo per non avere più qualcuno con cui condividere gioiosamente un tacchino farcito o un tiramisù, ma sicuramente è stato messo a dura prova. Nel mio piccolo, ogni tanto cerco di alleviare la sofferenza del pover’uomo spacciandogli porzioni di coniglio alle olive o spezzatino, che lui si mangia segretamente in ufficio in pausa pranzo, felice come un bambino. Naturalmente, buona parte dei ricettari che sua moglie usava nella vita precedente sono stati messi al bando, relegati in soffitta o dati via, sia mai che possano essere fonte di tentazione. Così, un paio di questi libri peccaminosi sono piovuti addosso alla sottoscritta, che appena li ha visti è andata in brodo di giuggiole e li ha rimirati estatica per un pomeriggio intero, felicissima di continuare a peccare a suon di bavaresi, crème caramel e pasticcini. Due meravigliosi ricettari di dolci e dolcezze squisitamente golose, da provare una dopo l’altra senza alcun ritegno. Vorrà dire che per espiare ai miei peccati continuerò a spacciare in gran segreto porzioni di cheese cake.

lunedì 20 settembre 2010

Festa a sorpresa

Non c’è dubbio, una festa a sorpresa per riuscire alla perfezione deve essere fatta proprio a sorpresa. Nel senso di sorpresa assoluta, di momento in cui uno meno se lo aspetta e soprattutto senza lasciar trapelare nulla, nemmeno uno sguardo strano o un po’ sornione o una telefonata fatta sottovoce, niente insomma che possa dare adito a leggeri dubbi o vaghissimi sospetti. E così è stato. Il mio giro di boa era ormai passato da una settimana, festeggiato in modo semplice in famiglia, una passeggiata all’ombra del cupolone, una pizza e qualche telefonata di auguri. I regali già recapitati, da quello del galletto che aveva colto la palla al balzo in anticipo durante la nostra vacanza francese quando mi aveva visto fare gli occhi a cuoricino per un orologio esposto in una vetrina, a quello della picci che aveva acquistato all’ultimo momento con l’aiuto della nonna dilapidando quasi tutti i suoi averi per comprarmi il mio mascara preferito. Insomma, il compleanno era già totalmente archiviato e dimenticato. Stop. Così quando siamo arrivati al Grand Hotel per partecipare ad un evento enologico dell’associazione di sommelier del galletto e il ristorante era elegantemente apparecchiato ma senza nessuno in vista, ho pensato solo che fossimo in anticipo ed ho continuato a guardarmi placidamente intorno, osservando i movimenti degli chef nella cucina a piena vista. Il fragoroso scroscio di applausi e le grida di auguri che hanno improvvisamente rotto il silenzio mi hanno lasciata assolutamente stupefatta, letteralmente a bocca aperta, la mascella caduta a terra in un nanosecondo. E’ stato stranissimo: i miei occhi sgranati riconoscevano i volti ridenti degli amici appena usciti dal loro nascondiglio ma contemporaneamente il mio cervello si rifiutava di capire cosa stesse succedendo e riusciva solo ad inviarmi un messaggio di totale black out. Per un attimo ho seriamente pensato ad un’allucinazione. Poi ho capito, ed è arrivata la bomba a mano di choc, emozione, gioia ed incredulità che mi è esplosa in pieno petto, facendomi indietreggiare, boccheggiare, ridere e piangere allo stesso tempo e farfugliare indistintamente. Nell’arco di poco tempo sono stata abbracciata e baciata da venti paia di braccia, tutti che dicevano qualcosa ed io che non capivo ancora nulla ma ridevo come un’ebete pensando di sognare, il galletto mi ha depositato in mano uno splendido bouquet di rose, salvia e peperoncini e i miei amici un pacchettino piccolo che conteneva un dono grande. Era per me, tutto quello era per me. Non riuscivo veramente a crederci, ed è stato così per molto tempo, per tutto il pranzo ed anche dopo, la sera, la notte. Per me, continuavo a pensare, per me, per me. Mio marito ha fatto questo per me. Incredibile. Ne sono rimasta davvero stupita, felicemente sconvolta. Perché anche se è vero che l’amore si dimostra ogni giorno, nelle piccole cose, nei gesti quotidiani, nei bronci e nei sorrisi, è veramente bello ritrovarsi improvvisamente davanti ad un gesto plateale, pensato, architettato e organizzato appositamente per me, soprattutto se arriva da parte di quella persona che normalmente odia organizzare qualsiasi cosa e che anche per i compleanni della pulcina evita sempre ogni tipo di coinvolgimento attivo che non sia il solo andare al forno a ritirare la schiacciata. Naturalmente questa cosa ha cancellato con un colpo di spugna qualsiasi pendenza penale, restituito tutti i punti sulla patente, praticamente un condono in piena regola. Chissà se come contropartita a breve mi verrà chiesto il permesso di andare a fare una crociera sub a Cuba o sul Mar Rosso? Ci penseremo. Io nel frattempo mi godo il momento.

mercoledì 15 settembre 2010

Come da copione

So con certezza di aver pianto a tutti i tuoi primi giorni di scuola. A volte con un paio di lucciconi furtivi, altre con un piccolo diluvio sotto gli occhiali da sole, ma le lacrime mi hanno sempre accompagnata nei tuoi esordi tra i banchi di scuola. Sono una maledetta sentimentale, mannaggia a me, e anche se rido e scherzo e sembro una tosta, in realtà sono una frignona inenarrabile, adesso cominci a rendertene conto anche tu. Ma stamani avevo deciso di tenere duro. Che figura ti avrei fatto fare a piangere davanti al cancello della scuola media? Che anche se i grandi entravano un’ora dopo ed eravate solo una marea vociante di emozionati primini, mica sarebbe stato bello ritrovarti con una mamma balbettante nei pressi. Così ho chiacchierato con gli altri genitori, ti ho fatto un po’ di foto con le amiche del cuore, ti ho abbracciata e ti ho mandata avanti da sola, alla scoperta della tua nuova aula e dei tuoi nuovi amici. Sei partita impettita facendoti largo in mezzo alla marea umana e non ti sei voltata indietro, facendo subito gruppo con gli altri e salendo le scale con decisione. Io ti ho guardata da lontano in silenzio, ho salutato quelli che conoscevo e poi sono partita a razzo sul marciapiede convinta che avrei fatto tardi al lavoro. Ma che brava che sei stata gallina, mi son detta, non hai fatto una piega, hai visto com’era contenta la picci, è grande ormai. I piedi camminavano svelti mentre mi tenevo stretto il giubbotto nell’aria frizzante della mattina, guardando il marciapiede scuro scorrere sotto di me come un nastro. E’ stato proprio il ricordo di quel marciapiede che mi ha tradita, dei nostri passi di alcuni anni fa, tu piccola e sorridente, tre anni, un grembiulino a quadretti rosa un po’ troppo lungo e un minuscolo zainetto colorato con Winnie Pooh. Ho chiuso gli occhi ed ho riavvertito nettissimamente la sensazione della tua manina stretta nella mia mentre ti accompagnavo al tuo primo giorno di asilo. Li ho riaperti ed ho intravisto un paio di gocce sull’asfalto grigio, non può essere pioggia, ho pensato. Avevo ragione, erano solo le lacrime del primo giorno di scuola.

venerdì 10 settembre 2010

Guazzabuglio

Finalmente. Finalmente riesco a trovare cinque minuti per lasciare andare le dita su questa tastiera e cercare di mettere ordine in questo guazzabuglio di pensieri che mi frullano in testa senza sosta, disordinati, alla rinfusa, che appena uno finisce subito ne arriva un altro e un altro ancora e poi quasi non ricordo più quello precedente e così dopo un poco si riaffaccia pure lui. Basta. Mettetevi in fila, da bravi. Meglio in fila indiana, o se proprio volete farvi compagnia mettetevi in fila per due, tenendovi per mano come gli scolari, ma state un attimo zitti che devo capirvi, interpretarvi, forse anche tradurvi. Dopo una sessantina di buchi sulle braccia la pulcina è risultata allergica solo agli acari della polvere e a nessun alimento ma il sospiro di sollievo non sono riuscita a farlo, è rimasto bloccato a metà strada, perché l’orticaria che la perseguita da qualche parte dovrà pure arrivare. Penso al nuovo incarico professionale che mi è stato affidato e nonostante la fiducia e la considerazione che evidentemente hanno di me a volte mi chiedo se non mi abbiano confusa con il genio della lampada o con quel signore barbuto specializzato nel camminare sulle acque. Riassaporo le parole che mi ha rivolto l’insegnante di danza di mia figlia oggi pomeriggio, al termine di questa sua settimana di stage in una nuova scuola, al mio sguardo incredulo e orgoglioso mentre mi cantava le sue lodi con sincerità e aperta ammirazione, e a quanto ne sia stata felice, che non c’è niente di più bello di un complimento spontaneo e inaspettato. Ascolto i pensieri banali, quelli della trentina di libri di scuola ancora da ricoprire con pazienza certosina, quelli del bucato da stendere di corsa prima che diventi buio e quelli delle canottiere per mio padre da cucire con quegli antipaticissimi numerini adesivi che devono essere cuciti lo stesso e quindi mi chiedo a cosa serva averli comprati adesivi. Programmo carpaccio e insalata per una cena veloce che ci aspetta tra poco per poi andare ad ascoltare alcune persone che mi piacciono tanto parlare del mondo che vorremmo, e che so già mi faranno riflettere, arrabbiare ed inevitabilmente soffrire. Chiudo gli occhi e vedo mia madre, scarno uccellino tremante dentro quel letto bianco, li riapro di botto e guardo altrove, no, stasera non ce la faccio. Vedo il fine settimana srotolarsi davanti a me come un tappeto, voglio pensare solo a cose belle, è un weekend speciale, lo riconosco dall’aria fresca e dal vento, lo sento dentro. Domenica è il dodici gallina mia carissima, proprio il tuo dodici. Che sia davvero il tuo giorno speciale.

venerdì 3 settembre 2010

Azzurro settembre

Il cielo di settembre mi lascia sempre di stucco. Non riuscirò mai ad abituarmi a questo azzurro penetrante e perfetto, liscio e pulito come un enorme foulard di seta lucente o cosparso di nuvole piccole e soffici come riccioli di panna montata, quelle dei fumetti, che non portano pioggia ma solo tanta allegria. Cammino svelta con gli occhi in su, non posso fare a meno di guardarlo, ne sono incantata. Un passante ha seguito incuriosito il mio sguardo pensando forse che avessi avvistato un ufo ma ha incontrato solo le profondità di questo mare arrovesciato ed è tornato a guardarmi sorpreso, probabilmente pensando che fossi un po’ matta. Non tutti si accorgono di questo cielo incredibile. Continuo a guardarlo, innamorata. Sarà il contrasto con le chiome ancora ricche e verdi degli alberi, l’aria frizzante del primo mattino che mi accarezza le guance, la semplice gioia di poter camminare sotto questo mantello blu, che non è azzurro e non è cobalto e forse neanche pervinca e neppure celeste, è tutti questi colori messi insieme e ancora credo che ne manchi qualcuno. Azzurro settembre. Ecco, se quelli del Pantone riuscissero a creare una sfumatura identica la dovrebbero chiamare così, al posto dell’ennesimo banalissimo numero. Ma tanto, non ci riusciranno mai. Cammino, respiro a pieni polmoni e mi sento carica di energia e di voglia di fare. Eppure è solo un banalissimo venerdì mattina di inizio settembre. Ma è il mio settembre. Ti sembra poco?

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