venerdì 25 marzo 2011

Bello

Una giornata stupenda, il sole alto nel cielo, in forma smagliante, una brezza leggera a scompigliare un po’ i capelli ed un tripudio di fiori e rami sempre più verdi dappertutto. Bello. Il venerdì pomeriggio è un po’ come il giorno prima di partire per le vacanze, quasi più bello della partenza stessa, il fine settimana ancora tutto davanti come un tappeto steso da percorrere a piccoli passi con le scarpe della festa, da pensare, programmare e buttare all’aria se non ci piace troppo. Bello. Una tazza di tè alla vaniglia da sorseggiare con calma guardando dalla finestra tutto quello che c’è da fare in giardino in questa stagione e non sentirsene minimamente scoraggiata, mentre lo sguardo si perde nel viola acceso delle campanule da rinvasare e nell’ortensia nana nuova di zecca che per adesso mostra solo qualche timido ciuffetto verde ma che a tempo debito han detto che si trasformerà in un tappeto rosa. Bello. Star su fino a notte fonda a progettare con metro, calcolatrice e un programmino niente male quella famosa stanza Cenerentola che prima o poi riuscirò a trasformare in principessa senza l’aiuto di nessuna bacchetta magica ma solo della mia determinazione. Bello. Svegliarsi e trovare il giorno già dentro casa, la luce allegra che danza sulle tazze della colazione e ascoltare la pulcina che racconta il sogno che ha fatto mentre spalmo la marmellata sul toast. Bello. Anche sapere che il fine settimana sarà un tour de force e che probabilmente tutto non ci starà, che quando affronterò il giardino lancerò inevitabilmente una fila di maledizioni e che tra non molto il cielo si gonfierà nuovamente di pioggia e dovrò tornare ad indossare il piumino. Adesso non importa. Adesso è tutto, magicamente, incredibilmente, bello.

sabato 19 marzo 2011

L'orologio

Cosa sarà mai un orologio, un piccolo orologio di gomma, bianco e morbido, con qualche piccolo glitter argentato, un orologio che non sarà mai indossato in riva al mare su di un polso abbronzato come vorrebbe la moda. Eppure appena lo hai visto il tuo sguardo si è riempito di stelle, mamma, e quando te l’ho infilato al polso sei stata lì a guardarlo come se fosse stato uno dei gioielli della corona. Credo che per te lo sia davvero, un po’ perché te l’ho regalato io e poi perché era tanto che mi chiedevi un orologio. Mi dispiace averti fatta aspettare, ma ho atteso sperando che ti passasse di mente, che fosse un pensiero destinato a non tornare. Non amavo l’idea di portarti uno strumento che segnasse in modo ancora più incisivo il lento scorrere del tuo tempo in quel letto, mi sembrava una cosa crudele, preferivo che fosse il colore del giorno che passa attraverso i vetri della finestra ad annunciarti il mattino, il meriggio, il crepuscolo e la notte. Ma tu hai continuato a chiedermi un orologio, con quella tua voce senza suono e quel dolcissimo sguardo verde e profondo che segue sempre ogni mio movimento e alla fine ho pensato che fosse giusto così. Ho cercato l’orologio più bello per te, morbido e liscio per i tuoi polsi da uccellino, ed ai miei occhi infinitamente più prezioso di uno in oro con corona di diamanti, perché era per te, mamma, che l’hai guardato come fosse la cosa più bella al mondo e mi hai sorriso. Ed in quel momento ho saputo ancora una volta che ti amo tanto, mamma, tantissimo, e che per renderti felice ti regalerei anche la luna, mamma, se la luna fosse ciò che tu vuoi.

mercoledì 16 marzo 2011

Di che profumo

Quanto mi piacciono i giochini, soprattutto se frivoli e soprattutto in una sera come questa che diluvia da stamattina e non se ne può davvero più. Che avevamo programmato un’uscita serale in centro, per festeggiare in piazza il compleanno della nostra Italia in compagnia di un’orchestra, di un corpo di ballo, degli sbandieratori e persino dei fuochi d’artificio e invece non se ne farà di nulla perché di notti in centro a tirar l’umido sotto la pioggia mi è già bastata quella di due anni fa per capodanno, grazie mille, e non ho alcuna voglia di fare il bis. Ma un giochino sì, una specie di chiacchiera con le amiche intorno al tavolino all’ora dell’aperitivo, è proprio quello che mi ci vuole. Lo ha lanciato la mia cara amica delle fragole ed io mi affretto a risponderle. Di che profumo sono? In realtà non ho un profumo che amo da sempre, mi piace cambiare e mi lascio sedurre facilmente dalle novità, anche se alcuni sono ormai diventati i miei profumi preferiti, che uso ciclicamente, lasciando però sempre spazio per qualche new entry. In inverno amo Burberry Brit, leggermente talcato, vanigliato, con qualche nota orientale e una lunga fine muschiata. Poco appariscente, caldo e rassicurante. In estate adoro Eau Parfumée au Thé Rouge di Bulgari, che purtroppo adesso non si trova facilmente. E’ assolutamente fatto di estate, di sole e di lunghe notti stellate. Avvolgente e fresco, con note di thè, di fico e di arancio. Altro estivo che amo molto, ma che uso anche in pieno inverno, è Infusion de Fleur d’Oranger di Prada, una vera esplosione di agrumi, freschissima e sensuale, con piccoli accenti floreali. Persistente e ironico, lo amo follemente. Tra le new entries, l’ultimo arrivato risale a pochissimi giorni fa, in coda da Zara per pagare un paio di jeans, il tempo di annusare il tester ed era già mio. Si chiama Essential ed è un botto di allegria, tanta ciliegia, mille note fresche e una goccia di lime. Bottiglietta porpora e squadrata, impossibile non innamorarsene. Ecco quindi di che profumo sono i miei cinque spruzzi, svelati alle fragole e non solo.

lunedì 14 marzo 2011

Tris di primavera

Nonostante oggi il cielo fosse così nero da pensare che qualcuno lassù avesse inavvertitamente rovesciato la boccetta dell’inchiostro e il vento ancora così freddo e pungente da spettinare, ho sentito distintamente quell’aria dolce, di zucchero, di pasticceria alle cinque del pomeriggio quando arrivano i bomboloni caldi. E’ qui, perbacco, ci siamo, è arrivata davvero stavolta e non ho la minima intenzione di farmela scappare. Se decido che è già primavera forse riuscirò a convincere anche lei e resterà davvero. In fondo, basta crederci. Se ci credono così bene le mie camelie, tutte vestite a festa di fucsia, di bianco e di rosa e pure il mio albicocco che ha deciso di aprire il primo fiore proprio oggi, posso pur crederci anch’io. Mentre camminavo la mia mente stava già ballando un valzer nell’armadio, volteggiando tra abitini, blazer e camicette, correndo fino alle magliette e osando spingersi fino ai piedi nudi. Quando mi prende così sono pericolosa, molto pericolosa, devo festeggiare, sancire, toccare subito con mano. L’avrei scritto a caratteri cubitali con la bomboletta spray, fatto passare in cielo un aeroplanino di quelli che si tirano dietro il messaggio dei gelati Sanson, gridato col megafono, è primavera! Ed infatti ho festeggiato, ho sancito, ho toccato con mano, su questo non vi è dubbio. Soprattutto toccato con mano, sia gli oggetti che il portafoglio. La sindrome in questione si chiama impulse buying e può colpire chiunque all’improvviso, anche chi ci lavora tutti i giorni con questa strategia di mercato, come la sottoscritta, che in tal caso però non può far altro che soccombere alla malattia. Un po’ come l’otorino col mal di gola o il carrozziere con la macchina graffiata, ogni tanto tocca pure a loro. In meno di un quarto d’ora e in circa quindici metri di strada il mio momento di euforia mi ha resa felice proprietaria di tre paia di calzature favolosamente primaverili e deliziosamente a buon mercato, God save the queen and the outlets. Non ho neanche provato a resistere, non ce l’avrei mai fatta. E mi sono fatta travolgere da un bellissimo viola campanula, uno scicchissimo grigio tortora e un blu navy casual e sportivo che sembrava aspettasse proprio me. Poi l’attacco passa, ci si ritrova sul marciapiede con due grandi sacchetti in mano e un centinaio di euro in meno nel portafoglio, e si sorride beate al mondo che ci circonda, nel momento esatto in cui inizia a diluviare di brutto. Realizzo che le scarpe scamosciate dovranno restare nelle scatole ancora un po’ e che forse non è ancora arrivato il momento di tirare fuori la gonnellina a fiori. Ma non avevo detto che era arrivata la primavera?

Aria nuova

Sì, ho fatto le pulizie di primavera. Nel pollaio, beninteso, che per quelle in casa non ce n’è mai troppa voglia, ahimè, né che siano di primavera né d’autunno. Qui invece, è tutt’altra cosa, si spolvera senza starnutire, si dipingono le pareti senza stendere teli sui pavimenti e senza odoracci in giro, si prova un colore e poi, se non ci piace troppo, lo si cambia con un altro in un millisecondo. Era da un po’ che avevo voglia di svecchiare un po’ il pollaio, mandarlo in una beauty farm per una piccola remise en forme e poi in giro per negozi con una personal shopper che lo sapesse consigliare nell’acquisto di un bell’abitino nuovo. Tornato che fu il pollaio dai suoi giri mondani, lì per lì però non lo riconoscevo neppure io ed ho avvertito un brivido, un mezzo pentimento, tanta roba per una che si affeziona anche ai rumori. Ma poi, guardandolo meglio, ho visto che sotto i nuovi colori, le sete e il maquillage c’era sempre lui, il mio amico di sempre, con lo stesso sorriso, lo sguardo sincero e quell’abbraccio infinito che riconoscerei tra mille. Solo un po’ più figo. Il che, decisamente, non guasta mai.

martedì 8 marzo 2011

Di sonno e spazzatura

A volte mi sembra di essere fatta al contrario. E’ la stagione del risveglio, del fermento, nonostante il freddo la mattina gli uccellini cantano già l’Inno alla Gioia, le camelie stanno sfoggiando fiori fantastici da almeno quindici giorni e il caprifoglio è già ricoperto da centinaia di piccoli ciuffetti verdi. Tutti lì ad uscire dal letargo, a far tardi la sera, apericene e partite di calcetto a gogò, ed io ho un sonno che nemmeno mi avessero fatto l’anestesia. Bene signora, adesso conti fino a cinquanta, e già a sette sono stesa. Praticamente uno zombie, palpebre di piombo e sbadigli in agguato ad ogni angolo. Oggi c’è addirittura mancato poco che mi addormentassi alla scrivania. Una dose massiccia, ecco quello che mi ci vuole. Sì, sì, una bella overdose. Vitamine, oligoelementi, pappa reale, minerali assortiti, magari anche un po’ di kriptonite e pure qualche fiore, anche se non è di Bach. E visto che siamo a scialare, mettiamoci pure una manicure e una messa in piega. Sono convinta che mi si spalancherebbero gli occhi di botto e troverei la forza, che si pronuncia voglia, per andare avanti a sistemare quella benedetta stanza che è avanzata dopo i famosi lavori dell’Opera del Duomo. Mai, mai lasciare qualcosa di non finito dicendo lo faremo poi, equivale a firmarsi la condanna e rimanere con questa strana cosa ammezzata per il resto della vita. Se aspetto che si decida il galletto posso anche morire nel frattempo. Sa bene che una volta svuotata di tutto quel ciarpame che l’ha invasa dovrà darci dentro di intonaco, imbiancatura e probabilmente anche di impianto elettrico e zanzariere, così glissa abilmente sull’argomento dicendo che intanto è bene che inizi io a decidere cosa tenere. Che assurdità, come se io potessi buttare via, che prima di riempire sacchi di spazzatura preferirei tagliarmi un braccio. Anche perché tutto quello che c’è è già stato selezionato quando abbiamo fatto il mezzo trasloco, quando ho svuotato la casa dei miei, quando ho messo da parte per, che nella mia vita c’è sempre un mettere da parte per. Avevo deciso un pezzettino per giorno. Ieri è stata la volta di alcuni oggetti e un po’ di fotografie. Oggi è toccato alle conchiglie, tutte lavate una per una e messe ad asciugare come quando si torna dal mare. Nemmeno mi ricordo più da dove vengono, Seychelles e sicuramente Argentario, probabilmente un po’ di Salento ed anche Sardegna, tutte lucide e brillanti come fossero state trovate stamattina. E tutte nuovamente nel cubo di vetro, finalmente lucido anche lui. Domani forse toccherà ai libri, se non mi addormento prima. Di questo passo arriverà l’estate e la stanza sarà ancora un mezzo magazzino. Speriamo che per allora però perlomeno il sonno mi sia passato, le apericene estive sono quelle che mi piacciono di più.

mercoledì 2 marzo 2011

Dieci cose per Roberto

Ieri Repubblica ha pubblicato in anteprima l’introduzione del nuovo libro di Roberto Saviano, dedicato a tutte quelle storie e quegli elenchi così profondi e così belli che tanto mi hanno fatta riflettere, sorridere, incazzare e commuovere durante la trasmissione "Vieni via con me". Forse dal leggerli non scaturirà la stessa forza che ne è uscita quando sono stati pronunciati in tivù da tutte quelle persone così direttamente coinvolte, o invece l’impatto sarà ancora più forte perché le parole scritte lasciano sempre tanto più tempo per pensare e per riflettere, non so, ma intanto so che ciò che lui ha scritto per presentarli mi è comunque piaciuto molto, come del resto mi piacciono sempre molto i suoi scritti. Roberto ama gli elenchi, dice che gli piacerebbe passare il tempo ad ascoltare cosa scrivono le persone, le loro dieci cose che danno senso alla vita. Così, per ringraziarlo della sua onestà e del suo coraggio, ho deciso di accontentarlo raccontandogli il mio elenco, quello di semplice, umile, sconosciutissima donna italiana. Sicuramente non lo leggerà mai, ma a me piace pensare che prima o poi lo farà, anche perché gliel’ho proprio inviato. E vorrei invitare dieci amici a proseguire questo racconto fatto di dieci cose speciali, affinché questa collana per Roberto, fatta di semplici, minuscole perline, diventi lunghissima.

Ecco quindi le dieci cose per cui, per me, vale la pena vivere:

1. osservare mia figlia mentre dorme, accarezzarla piano e baciarle teneramente il palmo della sua piccola mano
2. sedersi sulla spiaggia a guardare un tramonto
3. la pizza
4. bere una tazza di tè ascoltando What a Wonderful World di Louis Armstrong
5. i primi fili bianchi nei capelli di mio marito
6. il profumo del bosco dopo la pioggia
7. leggere, leggere, leggere
8. pensare che forse non è ancora troppo tardi per un tacco dodici
9. partorire un figlio
10. spingere la sedia a rotelle di mio padre e portarlo a fare un giro in giardino mentre gli racconto di me

Passo l’invito alle Fragole Infinite, a Knitaly, a Verdesalvia, a Wennycara, al Bistrot, alla Margherita, a Sesto Potere, a Simone, a Julia ed a Kriegio, i quali se vorranno potranno poi a loro volta passare il testimone.

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