giovedì 29 gennaio 2009

La mosca bianca

Io non sono nessuno per dirlo, probabilmente mi sbaglio, ma secondo me questo Facebook di cui tanto si parla è solo una bolla di sapone: affascinante, leggiadra, iridescente ed ineluttabilmente destinata a dissolversi. Mi chiedo se sono io la mosca bianca che non riesce a percepirne il valore o se è la marea impressionante di persone che si è buttata a capofitto in questa cosa ad averlo fatto tanto per fare, per moda o per semplice noia, senza chiedersi realmente se valesse davvero la pena. Del resto, controindicazioni non ve ne sono, mica è un medicinale, leggere-attentamente-le-avvertenze e blà blà blà, quindi perché negarselo. Ma quello che mi chiedo è il perché, il motivo. Gli amici sono tutti a portata di voce, di sms, di mail. Nuovi contatti, che a volte diventano anche amici, sono a portata di blog, di forum, di chat. Su questo Fb io non riesco proprio a trovarci il cosiddetto valore aggiunto, che me lo dovrebbe far preferire a qualsiasi altra cosa, come pare stia invece accadendo a quasi tutti. La mia compagna di scuola mi dice entusiasta di averci trovato qualche ex-compagno di classe: deve essersi dimenticata che ogni tre-quattro anni ci troviamo tutti per una pizza. La mia collega mi dice che ha trovato un sacco di vecchi amici del mare ed è felice perché le hanno dato l'add: la vita riserva delle vere soddisfazioni. La mia amica mi telefona per dirmi che mi ha cercata ma non mi ha trovata: come mai proprio io che sono sempre al passo con i tempi manco da Fb? Lory Del Santo che in tivù si porta appresso il giovanissimo neo fidanzato declamando le virtù del suddetto Fb visto che ha conosciuto il ragazzotto in questione proprio lì, quando lui le chiesto l'add. Quasi tutti i bloggers ne scrivono e ne cantano le lodi: da oggi ci sono anche io, potete trovarmi anche là. Per carità, i mali del mondo sono ben altri, e come diceva il buon Lorenzo il Magnifico chi vuol esser lieto, sia. Ma io continuo a chiedermi il perché. O sono ottusa o sono oltre.

lunedì 26 gennaio 2009

Welcome back

Ieri è stata una giornata impercettibilmente velata dall’ansia, un alito sottile che mi ha avvolta per tutto il giorno, intensificandosi un po’ verso la sera. Ma che sciocca, mi dicevo, cosa pensi di trovare là fuori, l’orco cattivo? Eppure, stranamente, tornare alla vita di tutti i giorni, mi impensieriva un po’. Pensavo a tutto quello che avrei trovato in ufficio, dozzine di fogli sulla scrivania, la casella di posta stracolma e una riunione di reparto subito alle nove, così, per rinfrescarmi la memoria qualora avessi dimenticato. Pensavo ai marciapiedi, agli scalini, ai bus affollati, al mio piede ancora un po’ gonfio da chiudere nella scarpa, al programmare un’uscita di casa un po’ anticipata perché a questo giro non avrei potuto correre dietro all’autobus come faccio spesso. Pensavo agli impegni pomeridiani, alla pulcina da riprendere a scuola, alle previsioni del tempo e al regalo per il Galletto che oggi gira la sua quarantasettesima boa. Pensavo a tutto questo e altro ancora, che tre settimane chiusa fuori dal mondo mi hanno fatta sentire un po’ sott’acqua, affievolita, attutita, zoppicante e non solo a causa del piede. Poi, stamani, la sveglia è suonata, la giornata è iniziata, e man mano che facevo tutte le cose che mi sono familiari, che respiravo l’aria della città, ne ascoltavo i rumori, salutavo i colleghi, raccontavo e accendevo il pc, l’ansia è lentamente sparita ed ha lasciato il posto ad un sorriso. Welcome back. E mentre attraversavo il ponte col mio passo ancora un po’ claudicante, ombrello aperto e sguardo sull’Arno che scorreva sotto di me gonfio e limaccioso, il sorriso si è allargato, ho intonato Dancing Queen ed ho amato persino la pioggia.

giovedì 22 gennaio 2009

Il cuore speciale

Di cuori ce ne sono tanti, belli e pieni d’amore, perché se dentro non c’è l’amore, mi si perdoni, allora non sono cuori, sono organi vuoti, pezzi di carne messi lì. I cuori invece, sono tutt’altro. Cuori che battono come cavallini al galoppo dentro la gola quando finalmente senti il telefono squillare e sai che sentirai la sua voce. Cuori che scaldano un cucciolo impaurito con le carezze e i sussurri più dolci. Cuori che sognano ad occhi aperti quando guardano un’alba o una goccia di rugiada e si accorgono di come la vita sia molto più di ciò che sembra. Cuori che baciano e stringono e arruffano e trattengono colui che fino a ieri era un bambino e adesso, eccolo lì, che sta già sbattendo le ali in attesa del suo primo volo. Cuori che traspirano e si fondono nelle mani di un giovane che aiuta qualcuno che giovane lo è rimasto solo nei pensieri. Cuori che pregano e implorano, in silenzio, di nascosto, per la paura che anche solo una parola possa infrangere una speranza. Poi ci sono cuori diversi, i cuori speciali, dove l’amore trabocca ed esce dal sentiero tracciato che lega una madre ai suoi figli, un uomo alla sua donna o un vecchio ai suoi ricordi, e decide di andare a portare l’amore anche a qualcuno che non conosce, solo per il fatto che ne ha tanto bisogno. Medicinali, una minestra calda, una parola di conforto. Uno di questi cuori speciali si chiama Cuore di Maglia. E’ un cuore di mamma, ma anche di donna, di moglie e di amica, che ha deciso di dedicare quell’amore che tracimava dal suo cuore a quei bimbi così piccini da stare in una mano, che chissà come la cicogna ha deciso di portare a spasso prima del tempo. Questo cuore speciale ha deciso di usare la sua passione per la maglia, infondendo in ogni dritto e in ogni rovescio tutta la tenerezza di una mamma, creando copertine, scarpine e cappellini piccini picciò per quei bimbi che lottano nella penombra della terapia intensiva. Chi l’ha aiutata a suon di maglia rasata e grana di riso, chi ha provvidenzialmente donato la lana, chi ne ha scritto e chi ne ha parlato. Io credo che di una cosa così bella non se ne parli mai abbastanza, così, visto che con i ferri purtroppo non ci so fare, ho deciso di scriverne, e chissà che qualche visitatore del pollaio non decida di smettere di sferruzzare quelle noiosissime sciarpe che tanto non porta mai nessuno per mettere sul ferro il primo punto di una tenerissima copertina. Lei ne sarà felice, io pure.

mercoledì 21 gennaio 2009

Il tocco

Benché tutt’intorno sia ancora un delirio di cartoni, imballi e cose che devono ancora trovare una loro collocazione, questo angolo del pollaio mi piace assai e son lì che lo guardo e lo rimiro con il giusto orgoglio della gallina che ci ha messo tanto a covare quell’uovo ma che alla fine è stata ripagata dal risultato. Il muro a mattoncini, che è stato tanto tempo senza andare né avanti né indietro e che non a caso avevo soprannominato il muro del pianto, è adesso bianco e perfetto, un po’ loft e un po’ Elle Decor, che mi guarda sornione e mi dice hai visto che risultato? Il divano appena consegnato, con l’odore di pelle che arriva anche in bagno, che sotto l’aspetto austero nasconde l’anima della vecchia ciabatta, comodo, morbido, avvolgente, l’ideale per covare uova all’infinito. E mentre osservo la combinazione con gli occhi a cuoricino scatta fulmineo l’art attack e mi ricordo di quello scampolo inglese black & white che avevo messo da parte tempo fa pensando proprio a trasformarlo in un cuscino un po’ giocoso, molto figlio dei fiori anni settanta, così zoppicando lo recupero tra le masse di scatole e buste, perché anche il disordine di un post trasloco ha il suo rigorosissimo ordine, e lo accosto al bracciolo, ci sta bene o ci sta male. Gli occhi scrutano, studiano, valutano, e m’immagino lo sguardo sbalordito del galletto quando lo vedrà, che tutte le volte che propongo qualcosa non riesce mai a capirne il senso alla prima, diciamo che, come dire, è di digestione un po’ lenta. Sorrido, mi piace, why not, e poi un cuscino può cambiare abito quando gli pare, magari a primavera lo faccio a pois viola.

lunedì 19 gennaio 2009

Zoppicando

Che giorni bislacchi, un po’ vuoti e un po’ pieni, una lista di cose da fare infinita appesa al calendario e non riuscire a portarne a termine quasi nessuna, un po’ per via di questo piede che mi tiene confinata in casa già da due settimane e che mi fa camminare come una reduce di guerra e un po’ perché le ore della giornata, che ogni mattina quando mi sveglio sembrano infinite, scorrono via così veloci che quasi non mi accorgo che è già arrivata la sera. C’è il brodo da mettere sul fuoco, le telefonate da fare per trovare una nuova insegnante di inglese per la pulcina, un bucato da stendere e un Cervino di panni da stirare che bisognerà che provi ad affrontare prima che gli abitanti di questa casa siano costretti ad uscire nudi, a costo di star lì davanti all’asse ritta su una gamba sola come un fenicottero. Ci sarebbero anche le fotografie da sistemare e selezionare e perché no anche da montare in un simpatico filmato, tanto per poterle rivedere senza correre il rischio di cadere in catalessi o, peggio ancora, far andare in depressione gli amici che una sera dopo cena incautamente ci chiedessero di far loro vedere le foto delle vacanze, non sapendo che l’avvento dell’era digitale ha reso la sottoscritta una terribile maniaca dello scatto. C’è la picci uscita da scuola anzitempo in quanto vittima di mal di pancia e nausea che legge stesa sul divano, dicendo di non avere assolutamente la forza per fare i compiti ma che forse ce la farebbe a giocare un po’ al computer, ma pensa un po’. C’è la pioggia che cade grigia e sottile al di là dei vetri ed io che resto a guardarla come ipnotizzata, ascoltando le gocce che rimbalzano sul cotto e sulle azalee. C’è una casa da pulire e ancora troppi scatoloni da sballare ma, soprattutto, c’è una gallina da ritrovare.

giovedì 15 gennaio 2009

Vorrei essere un moscerino

Vorrei essere un moscerino, per posarmi sopra al tuo banco di scuola e, inosservata, stare a guardarti come si guarda un film, assorbendo ogni tuo gesto, smorfia e parola, mentre all’intervallo giochi con le compagne di classe scrivendo quelle bislacche storie di maestre che civettano con i bidelli, dimenticandoti come sempre di fare merenda, che tanto lo so bene che per te il cibo è un optional. Vorrei ascoltarti mentre rispondi alle domande della maestra e poi sei tu che la richiami all’ordine ricordandole che come compito a casa c’era da fare anche la ricerca su alberi e arbusti, che dopo la fatica di averla fatta non ne vuoi mica sapere di lasciarla scivolare nel dimenticatoio. Vorrei vederti mentre aspetti impaziente che faccia il suo ingresso in classe l’egittologo che oggi vi trasporterà per un paio d’ore a spasso tra sfinge e piramidi, son giorni che non parli d’altro e stamattina hai ficcato nello zaino pure l’agendina nuova per prendere appunti, che qui non si frigge mica con l’acqua, e mentre ti pettinavi in bagno hai declamato che forse da grande farai l’egittologa e non più la naturalista e poi, mamma, che ne dici se quest’anno per il compleanno anziché chiedere in regalo una gita in un parco di divertimenti come gli anni passati vi chiedessi di andare in Egitto? Vorrei osservarti quando sei in giardino e corri e ridi e fai la saputella e a volte credo anche un po’ la comandina, ma di quelle col sorriso, un po’ buffe e un po’ buone, perché sai mamma, con la Caterina non vuole giocare mai nessuno perché non ha amiche e poi le dicono che corre piano e allora io la faccio giocare con noi all’elastico anche se poi lei dice di essere la migliore amica della Chiara ma io so che non è vero perché la Chiara mi fa l’occhiolino. Vorrei essere un moscerino ed essere lì dove tu sei, sempre, in ogni momento, osservarti e assorbirti nel tuo grembiule blu, nella tua divisa da lupetto o in body e calzamaglia. Vorrei essere sempre lì, un po’ vicina, un po’ lontana.

mercoledì 14 gennaio 2009

Le lacrime dell’ultima pagina

Ho finito di leggere un libro bellissimo, triste ed inconsueto, a tratti venato da sottili, amari sorrisi. Una storia grigia e ventosa che riflette il mondo in cui viviamo e in cui vivono purtroppo i nostri bambini. Kate ha più o meno l’età di mia figlia e non so se è per questo motivo che ho vissuto questa storia con tanto trasporto, probabilmente ne sarei stata travolta comunque. Ma è quando è arrivata l’ultima pagina che sono scese copiose anche le lacrime, per le parole che avevo letto, per il dolore che avevano suscitato, per la tristezza, la pietà. La bellezza di un libro non sta necessariamente nelle ultime pagine, la si scopre lentamente nel percorso, ma stavolta, mentre chiudevo piangendo questo libro, ho pensato che fosse uno dei più belli che avessi mai letto.

lunedì 12 gennaio 2009

Internazionalizziamoci

Ho deciso, da oggi il pollaio abbatte le frontiere. Viste le visite che ogni tanto arrivano da luoghi lontani, era un po’ che pensavo di creare una traduzione in inglese per i miei post, cosa facile solo a dirsi perché sebbene la Gallina non abbia problemi con questa lingua è il tempo per farlo che proprio non si trova neppure a cercarlo con il cosiddetto lanternino. Poi ho scoperto un simpatico widget che con l’ausilio del traduttore di Google permette la traduzione inglese on demand e, sebbene la qualità delle traduzioni non sia perfetta, ho deciso di installarlo nel pollaio, così che se qualche pennuto straniero di passaggio avesse voglia di deporre un esotico uovo non sarà che il benvenuto. Del resto le uova mi piacciono tutte, dalle italiche frittate alle anglosassoni scrambled eggs, dalle francesi à la coque alle teutoniche schmarrn di cui ho scritto proprio di recente, fino ad arrivare alle simpaticissime ispaniche tortillas. Sì, non c’è che dire, le uova sono internazionali a prescindere.

sabato 10 gennaio 2009

Evviva l'anno nuovo

Si fa per dire ovviamente, che se il buongiorno si vede dal mattino, visto come è iniziato questo duemilanove nel pollaio, sarebbe meglio premere il tasto del fast forward e sbarcare direttamente nel duemiladieci, infischiandosene allegramente dell’anno in più sulla carta d’identità. Dato che così non sarà speriamo perlomeno che con quanto avvenuto in questi primi giorni dell’anno la malasorte si sia debitamente sfogata e che da domani decida di trasferirsi altrove, che noi, come si suol dire, abbiamo già dato. Si è cominciato con la sottoscritta che mentre riponeva maglioni e felpe negli armadi al ritorno dalla montagna ha deciso di inciampare e fratturarsi un alluce, beccandosi gli improperi del Galletto che l’ha dovuta portare al pronto soccorso intorno alla mezzanotte e senza scarpetta, nemmeno fosse stata Cenerentola, e beccandosi pure una dozzina di giorni di riposo forzato, che se non ci fosse questo pc a tenermi compagnia mi sarei già fratturata qualche altra cosa a martellate. Si è poi proseguito con il Galletto stesso che tanto per far cosa gradita e non essere da meno ha deciso di avere un incontro ravvicinato con una lastra di ghiaccio che fortunatamente non ha provocato danni alla sua persona ma ne ha provocati di innumerevoli al suo scooter, al suo piumino, ai suoi pantaloni e financo alle sue scarpe. Indi abbiamo continuato con le fosse biologiche che il giorno dell’Epifania hanno gioiosamente esondato nel nostro giardino e per non recare offesa al comune senso del pudore mi fermo qui evitando di scendere in ulteriori dettagli circa il graditissimo tipo di alluvione. Per proseguire infine la catena di fortunati eventi, la nostra auto ha dato forfait e necessita di riparazioni urgenti e soprattutto costose, la pulcina ha rotto un paio di scarpe nuove e il contenuto di una lavatrice di bianchi si è allegramente trasformato in una squadriglia rosacea per colpa di un calzino rosso che aveva voglia di un po’ di Carnevale. Insomma, gran bell’inizio d’anno. E siamo solo al dieci gennaio.

venerdì 9 gennaio 2009

Natale rosso fragola

C’era una volta il giorno di Natale, da festeggiare con un dolce speciale, come si conviene ad un giorno di festa. C’erano una volta anche due principesse, cuginette pestifere e adorabili, da rendere felici non solo con i doni depositati nottetempo sotto le fronde di un abete casalingo ma anche con un dessert degno dei loro cuoricini rosa confetto, glitterati e infiocchettati come possono esserlo soltanto a quell’età. C’era una volta infine una gallina, che infischiandosene di agrifogli, panettoni farciti e montebianco decide di creare un dolce ben poco natalizio ma assai gustoso, fresco e roseo come una mattina di Maggio, per bearsi dei sorrisi che sbocciano come roselline sui visini delle due principesse. E anche sul suo. Del resto, anche le rose a volte sbocciano nella neve.

Rotolo alle fragole

Ingredienti:
50 gr. farina
40 gr. zucchero
4 uova
4 dl. panna fresca da montare
15 gr. zucchero a velo
1 cestino di fragole
burro
sale
zucchero a velo rosa
un sacchettino di meringhe mignon
sciroppo alla fragola per decorazioni


Preparazione:
Accendere il forno a 200°. Aprire le uova separando i tuorli dagli albumi. Sbattere i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una crema bianca e spumosa. Incorporare la farina setacciata e poi gli albumi montati a neve ben ferma con un pizzico di sale, mescolando delicatamente per non smontarli. Coprire il ripiano di cottura del forno con un foglio di carta da forno unto di burro e stendervi il composto lasciando lo spessore dello strato di 1 cm. Cuocere per 8 minuti (la pasta deve restare morbida). Una volta cotta, capovolgere la pasta su un canovaccio inumidito e lasciar raffreddare. Montare la panna con lo zucchero a velo e unirci le fragole pulite e tagliate a pezzettini (lasciando un po’ di panna e qualche fragola intera per la decorazione). Stendere la farcia sulla pasta, arrotolare e passare il rotolo in frigorifero a rassodare. Prima di servire adagiare il rotolo su un piatto di portata e decorarlo con ciuffetti di panna montata, fragole tagliate a spicchi e meringhe mignon, spolverizzando con zucchero a velo rosa e facendo filare un po’ di sciroppo di fragole sul rotolo e sul piatto.

martedì 6 gennaio 2009

La magia dell'Alpe

La magia dell’Alpe la si avverte nell’aria fredda e tersa che ci avvolge pizzicando il naso e arrossando le gote mentre saliamo in ovovia osservando come da un tappeto volante il paesaggio incantato che scorre sotto di noi e dalle nostre bocche ammutolite escono soltanto delle bianche nuvolette di fiato. La si trova nei volti dei bambini che scalpitano come puledrini in attesa di poter correre e ruzzolare in tutto quel bianco che sa di zucchero e panna montata, e infagottati e colorati come caramelle lentamente se ne impossessano ridendo e ciarlando, improvvisati scultori di candidi omini di neve e impavidi corridori dagli slittini multicolori. La si scopre nel caldo abbraccio di un rifugio che sa di legno e cose buone, dove si condivide allegramente un meritato riposo, un kaiserschmarrn dolce e fumante che non si vorrebbe finisse mai e le parole semplici che escono dai cuori di chi si vuole bene. La si osserva nel buio tra le mura di pietra di Castelrotto, mani gelide e cuore caldo, mentre gli occhi inseguono la serpentina infuocata dei maestri di sci che con la loro fiaccolata ci regalano un’emozione densa di auguri per questo nuovo anno che tra poche ore nascerà. La si gusta nel bicchiere di vin brulé profumato e bollente che ci viene offerto con semplicità e amicizia mentre la musica si diffonde nel ghiaccio della notte e ti rendi conto che il campanile che ti sovrasta, le lucine che ti circondano e gli aliti delle persone che ami intorno a te sono tutto ciò che ti serve per essere felice. La si prova camminando nel bianco, autostrade di neve che brillano al sole come mille diamanti, circondata dal silenzio e dai miei pensieri, la sensazione di essere in cima al mondo e di volerci restare per sempre, mentre un corvo si alza in volo dalla cima di un abete e in lontananza serpeggiano muti gli sciatori. La si ascolta mentre gli sci si muovono come guidati da una volontà propria e si ode la loro musica che curva dopo curva inonda queste perfette discese di cristallo che non finiscono mai, mentre una slitta trainata da una coppia di cavalli biondi come il miele scampanella allegramente in sottofondo. La si vede nella roccia immortale del Sassolungo che emerge dalle nuvole bianche e filamentose come un veliero che fende orgoglioso le onde inseguito dalla pinna affilata del Sassopiatto e mi chiedo se il mondo non sia capovolto, il mare in cielo e il cielo in terra, mentre sola ondeggio in seggiovia come in un guscio di noce alla deriva e mi sento piccola e insignificante di fronte a tutto questo. La si comprende nei ricami di ghiaccio che adornano i tetti e le finestre come pizzi e merletti messi ad arte dalla mano di qualcuno e si resta abbacinati e incantati dalla consapevolezza di quanto sia bello e puro quello che ci circonda. La magia dell’Alpe è tutto questo e altro ancora e ancora, ancora. E non basterà un anno per ricordare ogni giorno, ogni momento, quanto siano stati magici questi giorni di neve.

Questo post partecipa al concorso indetto da Dolomiti Superski perché sarebbe bello poter rivivere dei momenti così. Se le mie parole ti hanno regalato delle emozioni, contraccambia votandomi qui. Grazie.

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