lunedì 30 giugno 2008

Uno, nessuno, centomila

Ho ricevuto da Odeline l’invito a partecipare ad un meme all’apparenza semplice ma che invece mi ha fatta pensare non poco. Si tratta di indicare il personaggio cinematografico e letterario di cui vi innamorereste, dandone le relative motivazioni. Unica avvertenza: non l’attore/attrice bensì il personaggio interpretato. E qui casca l’asino, perché per quanto riguarda i film, mi riesce molto difficile scindere il personaggio dall’attore che lo interpreta, anche perché se un personaggio risulta essere particolarmente affascinante è sicuramente in buona parte merito anche dell’attore. Dal punto di vista letterario è indubbiamente più facile, ognuno leggendo le pagine di un libro può immaginarsi il personaggio senza per forza dovergli affibbiare il volto dell’attore preferito e magari ci possiamo accorgere che assomiglia incredibilmente al barista del bar all’angolo o all’avvocato del terzo piano, collocandolo automaticamente più vicino alla realtà. Nel mio caso è stato comunque difficile arrivare ad una scelta anche per il personaggio letterario perché quando leggo un libro mi innamoro sempre ed inevitabilmente del personaggio maschile principale immedesimandomi a mia volta nell’eroina di turno. Uno, nessuno, centomila. Li amo tutti. Spesso addirittura vado oltre, innamorandomi perdutamente dell’autore, della mente meravigliosa che ha saputo con così tanta bravura e poesia scrivere ciò che i miei occhi leggono, indipendentemente dalla faccia, età o sesso che detto autore presenti nel risvolto della terza di copertina. Mi innamoro del loro cervello, e tanto mi basta. Comunque, meme dev’essere e meme sia.

Personaggio letterario
Tra i tanti ho scelto Fitzwilliam Darcy da “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, un libro che ho letto secoli fa ma che ha lasciato inevitabilmente il segno. Il Signor Darcy, come viene chiamato nel libro, è un ricco gentiluomo inglese altezzoso, orgoglioso, caparbio e un tantinello antipatico che, man mano che la storia si dipana, mostra la propria fragilità, intelligenza, onestà e soprattutto la capacità di tornare sui propri passi, conquistando alla fine l’amore della giovane Elizabeth Bennet. Un personaggio affascinante e profondo.

Personaggio cinematografico
Qui ho scelto Danny Ocean, ruolo che è stato del bel tenebroso George Clooney sul grande schermo ed ho proprio paura che sia stato il mio debole per costui a farmi emettere il voto decisivo, ma è anche vero che nella mia vita l’ho sempre detto che qualora avessi incontrato sulla mia strada un bel mascalzone come Ocean sarei stata irrimediabilmente perduta. Del resto da piccola impazzivo per Arsenio Lupin. Non è andata così, ma ciò non toglie che quel mix di fascino, disonestà, intelligenza e durezza mi lasci letteralmente senza fiato.

Adesso, come da regolamento passo la palla, pardon il meme, ad alcuni amici bloggers vecchi e nuovi dei quali vorrei conoscere l’opinione in materia: alla cara Ruben che troverà un bel compito da svolgere quando torna dal mare, a Miciapallina che per una volta non dovrà pensare al suo grande gatto, alla brava Magnolia che tra l’organizzazione di un matrimonio e l’altro avrà un passatempo in più, a tutt’e due le bravissime Cuoche per una pausa divertente tra un soufflè e un risotto, a Bernardo P. perché tra un pizzino e l’altro anche i boss possono partecipare e infine a Cinnamon per vedere se in cambio lei mi manda un po’ di frescolino.

giovedì 26 giugno 2008

Pollaio vuoto

Giornate strane, lunghe, silenziose, vuote. Senza la pulcina e le sue chiacchiere, senza l’accompagnarla e il riprenderla, senza i suoi occhi acquamarina che si socchiudono nel sole. E calde da non dormirci la notte, che questa casa del kaiser che ci ospita, ancora per poco spero, si è rivelata più torrida di una fornace e i ventilatori che ci fanno da colonna sonora notturna servono solo a generare un cocktail di aria calda shakerato con afa e puzzo di Vape. Una vera goduria. E performanti, anche, benché lo stirare a vapore una catasta di panni da far paura mentre il termometro sulla parete segna trenta gradi sia molto vicino ad una tortura, ma mi ero prefissa di rimettermi in pari e, anche se dubito di riuscirci davvero, sono giunta a buon punto. E sorprendenti, ché mi sono appena resa conto che le tanto temute tarme, che pensavo fossero ormai estinte ma che la notizia non fosse stata divulgata per non far fallire i produttori di naftalina, esistono davvero e si sono sbafate un pezzo del maglioncino vinaccia del Galletto e quasi tutto il bordo di una delle sue calze invernali blu. Lana merinos in entrambi i casi of course, son di gusti raffinati le simpatiche bestiole, vuoi mica che si accontentino di un misto polyammidico di Zara. Vedi cosa significa non essere in pari con il servizio lavanderia. Giornate divertenti, anche, dove io e il Galletto si può decidere di uscire in corsa all’ultimo momento e andare a vedere i fuochi di San Giovanni in scooter o andare a cena al ristorante greco senza doversi preoccupare se la picci gradirebbe o meno la moussaka, cosa che in effetti non gradirebbe affatto. Giornate quasi senza orologio, una mezza vacanza, una cena da preparare più tardi del solito, telefonate fiume con la picci che racconta di gusci di cicale e punture di tracine, un film in prima serata da vedere dall’inizio senza perdere neppure una battuta. Giornate rare e preziose direi ma, come tali, destinate a finire presto. E da un lato, non vedo l’ora.

mercoledì 25 giugno 2008

La prima candelina

E’ così. Il tempo scorre via dalle mani come sabbia fina, volti gli occhi, ti distrai un attimo e la clessidra grande, quella che dura trecentosessantacinque giorni di sole e di neve, di grilli e temporali, è già finita. Come è possibile, mi chiedo sbalordita, se solo ieri era un neonato frignante e profumato di latte, come fa ad essere già in grado di muovere i primi passi traballanti e pronunciare le prime paroline. Sembra ieri. Già, sembra proprio ieri, e invece è già passato un anno dal giorno in cui un po’ per gioco un po’ per sfida con me stessa scrivevo queste parole. Un anno pieno di soddisfazioni per questa creatura nata per scherzo ma divenuta così importante per me, per specchiarci le mie ansie e le mie gioie, per riflettere sulle cose che mi fanno ridere, su quelle che mi fanno piangere e su quelle che mi fanno fumare nero. Per sproloquiare sulla quotidianità della mia vita di mamma, di moglie e di donna. Per sorridere e commuovermi di fronte ad un commento fatto da qualcuno che, chissà dove e chissà come, ha trovato due minuti per leggermi e, cosa ancora più incredibile in questa vita frenetica e in corsa dove anche un nanosecondo è di vitale importanza, ritiene le mie parole degne di quei due minuti. Dire grazie è d’obbligo e lo faccio con tutto il cuore ma, soprattutto, voglio ringraziare me stessa, per la tenacia e l’amore messi in questo progetto che giorno dopo giorno sta crescendo con me, mano nella mano, guardandoci negli occhi. Come due amici. Come due complici. Come due amanti.

venerdì 20 giugno 2008

God bless America

Ormai sono più di vent’anni che lavoro quotidianamente con gli americani, telefonate, viaggi, cene, fiere, posta elettronica, fax, fino a risalire ai pressoché dimenticati telex di quando iniziai questa professione. Dovrei quindi esserci abituata alla loro americanità, che in questo caso è più un difetto che un pregio. Insomma, è difficile che qualcosa riesca a farmi cadere dal pero quando si parla dei cittadini statunitensi che, se anche sotto certi aspetti ammiro, sotto tanti altri non ammiro di sicuro. Sicuramente non li ammiro per la loro approfondita conoscenza della geografia. Oggi si è aggiunta un’altra chicca al lungo elenco che potrei fare di incredibili idiozie e amenità che i miei orecchi hanno sentito in tutti questi anni. Pronunciato da una bella buyer sulla cinquantina, passata sicuramente più di una volta sotto le mani di un esperto chirurgo plastico, agghindata a dovere con french manicure d’ordinanza e non un capello fuori posto. “Oh, I love Italy so much” per poi aggiungere, dopo un’accurata pausa di riflessione “by the way, how far is Tuscany from Florence?”. Ecco, credo che in questi momenti se mi trovassi in mano un tricolore mi ci potrei avvolgere.

giovedì 19 giugno 2008

Il forziere

C'era una volta un mercoledì, di quelli semplici e banali proprio in mezzo alla settimana, che ancora non si comincia a pregustare l'imminente weekend ma che quello trascorso lo si è già quasi dimenticato. Di quelli che il lavoro abbonda sulla scrivania e il telefono squillerà in continuazione ma che, sai che ti dico?, oggi faranno a meno di me, che proprio a metà settimana in un giorno che nessuno pensa si possa partire per le vacanze, la pulcina parte invece per il mare, beata lei, e la Gallina ha deciso di accodarsi al Galletto e accompagnarla sul luogo del delitto. La macchina corre veloce sulla superstrada incrociando solo camion, trattori e macchine di rappresentanti ché chi vuoi che vada verso Grosseto in un mercoledì di Giugno che ha piovuto fino a ieri e ascolto silenziosa il suo incessante cicaleccio provenire dal sedile posteriore, che spazia dai compiti per le vacanze alla quantità di crema solare da spalmarsi, dall'emozione non ancora evaporata del recente saggio di danza alla richiesta di poter portare in spiaggia il giochino elettronico del momento. Ascolto in silenzio ma incamero tutto, cercando di memorizzare ogni sillaba, ogni inflessione, quel modo di ridere tutto suo, quel tono piccato e petulante di quando vuole aver ragione a tutti i costi. Metto via tutto nel forziere e chiudo a chiave che non sfugga nulla, nemmeno un respiro, ché già so che nei prossimi giorni vi dovrò attingere quando il silenzio in casa si farà assordante e mi mancheranno i suoi abiti da mettere a posto, i giocattoli sparsi, i baffi di Nutella, le sgridate da fare e i baci da prendere. Anche se questo periodo sarà in un certo senso una vacanza anche per me e attaccherò il cartello Chiuso per Ferie sul mio ruolo di mamma, so che mi mancheranno tanto anche i miei uffa e miei basta. A metà strada incontriamo il sole, quello brillante ed estivo che non poteva mancare, che ci accompagna fino a destinazione e mentre i raggi penetrano nel folto della pineta proiettando ovunque quelle immagini di vacanza che mai avrei pensato di incontrare in un mercoledì semplice e banale di metà Giugno, respiro il vento di mare, le sistemo gli abiti nell'armadio e la osservo mentre a testa china è già alla ricerca dei tanto amati pinoli, che qui non si fanno certo attendere. Un abbraccio forte che vorrei non finisse mai, baci sparsi sui capelli e sugli occhi e poi di nuovo in auto alla volta di casa, che come previsto mi accoglie buia e silenziosa. Mi sorprendo ad apparecchiare la tavola per tre e poi a dover togliere quel coperto in più, con un sorriso e un filo di malinconia. C'è sempre il telefono, ma mi rincuora sapere che, soprattutto, c'è sempre il forziere.

lunedì 16 giugno 2008

Ogni scarafone

E’ proprio vero che agli occhi di una mamma ogni banalità fatta dal proprio figlio assume una valenza speciale che se non ti fa gridare al miracolo poco ci manca. I disegni dell’asilo, niente più che scarabocchi colorati, diventano capolavori al pari di un Van Gogh. La poesiola di Natale declamata tutta d’un fiato senza pause né intonazioni fa inumidire gli occhi più di un qualsiasi Shakespeare. Il coro stonato alla recita scolastica è più entusiasmante di una prima alla Scala e le medagliette vinte alle gare di fine corso sugli sci le baceresti neanche si trattasse di quelle con i cinque cerchi. Insomma, se anche cercano di mantenere l’aplomb e di far trasparire di fronte agli altri solo un semplice interesse davanti alle loro prodezze, dentro i loro cuori le mamme gioiscono e trepidano per i loro figli con assoluta parzialità. Anche la Gallina, da brava chioccia, più di una volta si è sorpresa a mettere un po’ troppa enfasi nel parlare di quel certo risultato ottenuto dalla pulcina. Ieri sera però, mentre la vedevo saltare e piroettare sul palco, concentrata e determinata, tra le note di Allevi e quelle di Cajkovskij, carina da togliere il fiato in tutù rosa e coroncina di fiori, ho pensato che l’orgoglio che mi sentivo esplodere dentro non fosse del tutto ingiustificato. Ho pensato che quegli applausi di una platea di più di mille mani se li meritasse tutti e che, scarafone o no, fosse brava davvero. E quando a fine spettacolo è piovuta a sorpresa una piccola borsa di studio al merito, tra l’incredulità e la gioia ho pensato di essere nel giusto. E una lacrima mi ha rigato una guancia.

venerdì 13 giugno 2008

La sindrome del traguardo

E’ sempre così. L’ultima pagina mi lascia sempre un po’ di amaro in bocca. Felicità, soddisfazione, quel senso di vittoria come se avessi tagliato chissà quale traguardo, ma con un retrogusto di dispiacere che dopo tutto quel correre, ahimè, la gara sia finita. Libro vs Gallina, è sempre uno scontro impari, ché per quanto ne gioisca e mi riempia il cuore, quando giungo alla fine vince sempre lui. Soprattutto quando leggo libri come questo che mi fanno voltar le pagine alla velocità della luce, col cuore in gola e le lenti rosa e mi trasformano in un’adolescente sognatrice e romantica, esattamente come quando ho letto la prima puntata. Non so se si tratti di una formula magica che la Meyer nasconde abilmente tra le righe dei suoi scritti, se sia una mia reazione inconscia visto che gli anni che incombono son molti di più che quindici o sedici o se molto più semplicemente sia la descrizione così vivida e intensa dell’amore che penetra in ogni mio singolo poro e mi fa volteggiare come una farfalla. In questi casi, quando giungo all’ultima parola, benché le mie labbra siano increspate in un sorriso, mi sento defraudata di qualcosa, e cado inevitabilmente in crisi d’astinenza, delusa e speranzosa al tempo stesso. Naturalmente non dovrò attendere molto per risollevarmi, basterà un giro di shopping in libreria, dove senza bisogno di alcun pusher mi procurerò una bella scorta di roba buona, ma buona per davvero, e la magia ricomincerà.

giovedì 12 giugno 2008

Un curry dieci e lode

Normalmente nella cucina del pollaio non si usano cibi preconfezionati o precotti, tranne per l’insalata in busta che risulta così pratica e buona da avermi fatto dimenticare come sia fatto un cespo di lattuga intero, da pulire e da lavare foglia per foglia. Per il resto, anche se il tempo è sempre troppo poco per potermi dilungare ai fornelli, cucino quasi tutto io e quando i minuti da dedicare alla preparazione della cena scarseggiano davvero preferisco optare per due spaghetti aglio e olio o un paio di uova al tegamino piuttosto che cadere preda di quei manicaretti imbustati e surgelati dai nomi appetitosi come quattro salti in padella o alla romantici anni cinquanta come that’s amore. Insomma, in genere con me non attacca, un po’ perché sono prodotti costosi e poi anche perché non mi fido molto dei contenuti, ho sempre l’idea che siano buste piene zeppe di conservanti, coloranti e chissà cos’altro. Beh, mai dire mai. Pochi giorni fa mentre curiosavo tra gli scaffali di un super che non frequento abitualmente mi è caduto lo sguardo su queste confezioni di condimento pronto contenenti una crema al curry da aggiungere a bocconcini di carne bianca a propria scelta per ritrovarsi un bel piatto pronto in pochi minuti. Gli ingredienti, dalla mela al rhum, dal sedano al cocco, mi sono sembrati piuttosto innocui, malgrado la presenza di non ben identificate maltodestrine, e mi sono lasciata convincere, infilando la bustina nel carrello. Tornando a casa mi sono ricordata dei bocconcini di petto di pollo giacenti nel mio freezer e di quel meraviglioso mix di riso acquistato in Francia, buono nonché bello, con il bianco del Basmati macchiato dal nero del riso Selvaggio e dal rosso del riso del Mediterraneo, che aspettava già da un po’ di essere usato, e si è fatta strada nella mia mente l’idea di mettere velocemente alla prova questa salsa. Perfetto. Ottimo risultato, un piatto veloce e assolutamente gustoso, approvato anche dal Galletto che non si accontenta molto facilmente. Insomma, ogni tanto fa bene anche fare un passo indietro sulle proprie convinzioni e, naturalmente, sono già pronta per fare il bis.

venerdì 6 giugno 2008

L'ultimo giorno di scuola

L'ultimo giorno di scuola sa di menta e di vaniglia, nostalgia e ilarità. Sa di grembiulini blu chiusi nell'armadio e sandalini nuovi di zecca. Sa di scale da scendere di corsa e merende all'aperto, di matite da appuntare e zaino da cambiare. Sa di voglia di dormire e non poterlo fare, sa di centri estivi e di compiti per le vacanze, sa di prosciutto e melone e insalata di farro. Sa di saluti a una maestra che va via, sa di mazzi di fiori e lavoretti in argilla, di risate sguaiate e lucciconi. Sa dell'ultima festa di compleanno e di saluti all'amica che parte per il mare, sa di saggio di danza e prove all'infinito, sa di capelli da tagliare e zanzare da prendere al volo. Sa di fragole e zucchero e tra un po' anche di ciliegie, sa di sacchi a pelo, borracce e vestiario da siglare. Sa di pioggia e di sole, di foto di classe e dita nel naso, sa di cuore pesante e animo leggero, di canzoni da cantare per strada e di anni che passano. Sa di fragilità e di buonumore. Sa di me e sa di te.

mercoledì 4 giugno 2008

Pane e Cesaroni

Ogni generazione di bambini ha avuto i suoi punti di riferimento televisivi per crescere, imparare qualcosa in più, riuscire a carpire qualche segreto o argomento tabù sul quale sbizzarrirsi poi in chiacchiere buffe e ragionamenti contorti sui banchi di scuola. Quando ero piccola, e potrei benissimo dire alla mia epoca, parole che ho sempre aborrito ma che mai come adesso mi sembrano più azzeccate, guardavo con occhi sgranati la minigonna di Maga Maghella che piroettava sulle scarpe di Corrado, raggiungendo l'apice di ogni sogno romantico femminile al bacio che Sandokan dava alla bionda Perla di Labuan, scatenando risolini, sgomitate e argomentazioni varie nei gruppetti in grembiulino bianco e fiocco colorato durante la mezzora di ricreazione. Negli anni a seguire c'è chi ha imparato a suon di Happy Days, chi a colpi di Beverly Hills 90210, passando da Melrose Place a Friends. Tutto un tripudio di americanità insomma, che forse faceva anche sentire il tutto un po' lontano, irreale e forse proprio per questo irraggiungibile. Adesso il ruolo di educatrice televisiva dei bambini, quando anche le veline che saltellano seminude su una scrivania non li sorprendono più neanche un po', è passato,con tanto di bollino verde, a una famiglia romana doc, allargata, simpatica e caciarona, ceto medio, rione Garbatella. Tali Cesaroni. Un successo travolgente, praticamente la rinascita dell'Impero Romano. A nulla vale il fatto di non aver acceso lo schermo della tv del pollaio prima che la pulcina avesse tre anni, di aver sistematicamente vagliato per anni programmi e contenuti con un time limit inflessibile e improrogabile e di aver impedito l'accesso in casa a satelliti, parabole e quant’altro. Per la serie quando la valanga arriva, è inutile tentare di chiudere la porta. Tutti guardano i Cesaroni mamma, ti prego-ti prego-ti prego, fammelo vedere. Così ti chiedi se sia il caso di renderla l’aliena della situazione, la poveraccia che sai-non-le-fanno-neppure-guardare-i-cesaroni, quando le sue amichette addirittura organizzano pizza party a casa dell’una o dell’altra per guardarsi insieme la nuova puntata. Ma è solo in terza elementare, eccheccavolo, io alla sua età andavo a letto dopo Carosello. Poi ti guardi intorno e vedi che, ahimè, non è più così, e che forse, bisognerà adeguarsi, un pochino perlomeno. Così, apri uno spiraglio e lasci entrare una puntata dei Cesaroni, una sera che il giorno dopo si può dormire. Errore gravissimo. Altro che spiraglio, la porta si spalanca e i Cesaroni entrano tutti insieme di prepotenza in casa, si spaparanzano sul divano e si impossessano della pulcina, che si videoregistra le puntate e se le riguarda all’infinito, memorizzando ogni dialogo e ogni parola nuova, delle quali poi ovviamente chiede spiegazioni. Parole tipo preservativo, ad esempio, della quale ti chiede il significato proprio mentre stai buttando la pasta con una mano e svuotando la lavapiatti con l’altra. Insomma, un gran bel momento. Così ti chiedi se hai fatto una gran cazzata o se invece sia giusto così, cerchi la risposta ma non la trovi. Ti senti travolta dai tempi e dagli eventi. Anzi, dai Cesaroni tutti quanti.

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