giovedì 31 luglio 2008

Eco

Punture di spilli negli occhi, bruciano a più non posso queste lacrime che chiedono disperatamente di uscire, mentre volgo lo sguardo fuori dai finestrini sperando che la luce violenta di questo pomeriggio d'estate le faccia andar via, le asciughi, le distragga, le indirizzi altrove. Non voglio che lei mi veda piangere, non capirebbe, o forse capirebbe troppo, e alla fine piangeremmo in due. Anche poco fa da mia madre gli aghi pungevano forte e ho fatto di tutto perché se ne stessero dentro le ciglia, non volevo che nessuna delle due vedesse le mie lacrime, una nonna e una nipote che questo amaro destino ha fatto in modo che non potessero svolgere i loro ruoli come si dovrebbe, come avrebbero così tanto voluto. Non avrebbero capito, o forse avrebbero capito troppo, e avremmo pianto in tre. Così continuo a tenermi questo sorriso vuoto appiccicato sulla faccia mentre dentro di me la sofferenza è così grande che potrei toccarla, la sento tra le dita fredda e dura come una lamiera e ancora una volta mi chiedo perché. Mi sento in bilico come su di una linea di confine, da un lato sono ancora una figlia, di una madre dolcissima che un giorno è stato come se non ci fosse più, e maledizione quanto mi manca, dall'altro sono una madre che guarda sua figlia col terrore che la storia possa ripetersi, in un modo o nell'altro, ché le similitudini nelle vite delle madri e delle figlie son così tante che alla fine la storia è una sola. Guardo nei tuoi occhi mamma, quei laghi verdi e sinceri così simili ai miei e così simili a quelli di tua nipote, e non riesco più a guardarci dentro, è come se galleggiassero, mentre la tua voce flebile dice e non dice e cerco disperatamente di acchiappare il senso di quello che ci sta accadendo, trattenendo nel mio cuore quell'amore che ancora filtra dalle tue mani mentre mi sfiori. Quanto ti voglio bene mamma, mentre tua nipote mi stringe e ripete queste stesse parole, come un eco che passa da te a me a lei a noi. Un eco speciale, che udiremo per sempre.

martedì 29 luglio 2008

L'osso della mastina

Gallina o no, ci sta che nelle mie vene scorra sangue di qualche avo tenace e mordace, di quelli che non mollano l'osso nemmeno a fargli le moine più stucchevoli o a pregarlo in turcocinese, un bel bulldog o magari un mastino. Proprio così, se mi metto in testa una cosa, essa deve matematicamente verificarsi, pena il mio accanimento totale che, spesso per sfinimento del malcapitato, sia esso cosa o persona, porta al suo cedimento e alla mia vittoria. Probabilmente sono una gran rompiballe per il mondo che mi circonda, e qui il Galletto avrebbe sicuramente da proferire ben più di un chicchirichì, ma è pur vero che chi la dura la vince e io diciamo che ci provo con tutti i mezzi. Circa un mese fa mi ero innamorata a prima vista di un lampadario rosa confetto pieno di fiori che sarebbe stato d'incanto nella nuova camera della pulcina in fase di ultimazione. Lo stesso rosa che avevo pensato per la parete rosa, praticamente un segno del destino. Mi trattengo dall'acquisto in attesa che l'imbianchino operi sulla parete, metti caso che mi faccia un tono troppo cipria o troppo sfacciato ed ecco che la magia sparirebbe come d'incanto, tanto ce ne sono più d'uno, non saranno mica tutti lì a comprare lampadari rosa in piena estate no? L'imbianchino opera, la nuance della parete è perfetta e difficilmente descrivibile, praticamente un rosa leggerissimamente lilla. Bellissima. Torno per l'acquisto e mi accorgo amaramente che invece erano tutti lì a comprare lampadari rosa in piena estate. Prodotto esaurito. Mi dispiace signora, non verrà riassortito. Superato l'attimo di smarrimento e delusione, ecco che salta fuori la mastina, che con estrema nonchalance riesce a far sbottonare la commessa sul nome dell'azienda produttrice. Olandese. Beh, mica alla fine del mondo. Con l'aiuto provvidenziale di Google risalgo velocemente al distributore italiano che contatto via mail con una letterina piena di sorrisi e smancerie. Quando dopo qualche giorno di silenzio sto già pensando di dargli una svegliatina per telefono, ecco che ti arriva la risposta, abbiamo trovato il lampadario che cerca, è già in spedizione e da domani lo troverà nel punto vendita che lei conosce. Ieri, mentre stringevo in mano l'ambito trofeo, con un sorriso che andava da un'orecchio all'altro, me ne sono convinta una volta di più. Sono sicuramente una gallina di stirpe mastina.

lunedì 28 luglio 2008

Miraggi

Non so se sia il caldo, l'età non più verdissima, l'avvilimento o tutte e tre le cose messe assieme, ma mi sento come il viandante nel deserto che quando arriva alla tanto sospirata oasi si accorge suo malgrado che altro non era che un miraggio e che la strada da percorrere è invece ancora lunga. Come un podista al quale venisse continuamente spostata più avanti la linea del traguardo. Le ottimistiche previsioni parlavano di un nostro rientro tra le mura di casa alla fine di Maggio, data che è stata superata senza un battito di ciglia ché lo si sa bene che i lavori di ristrutturazione durano sempre di più del preventivato, cosa pretendevi che è così per tutti quelli che ci passano. Così ingoiato il rospo siam passati a parlare di fine Giugno ma anche lì siamo andati oltre perché si sa, ci vuole pazienza, anche se la nostra stava nettamente per esaurirsi. Lo striscione del traguardo è stato trasferito alla fine di Luglio, non senza una buona dose di invettive, incazzature ed eccessi di bile, e adesso vedo bene che l'équipe di assistenza tecnica a questa corsa me lo sta spostando ancora, proprio sotto agli occhi, caricandolo sul furgoncino arancione e portandolo più avanti, chissà dove mi chiedo, che questo percorso non finisce più. Forse lo attaccheranno tra due alberi, ben teso, proprio a Ferragosto, così ci sarà un motivo per festeggiare nella solitudine della città deserta. E se invece si parlasse addirittura di Settembre? Così l'aria si sarà fatta più fresca e le grandi manovre si fanno meglio col fresco, questo lo sanno anche i bambini. Io so solo che se avessi tra le mani il collo del capomastro o dell'architetto, o entrambi che mal non ci farebbe, potrei macchiarmi di un efferatissimo delitto, che se non altro farebbe felici i quotidiani che d'estate campano solo di questi fatti che quest'anno sembra stiano scarseggiando. Pare però che l'aiuto da parte mia all'editoria italiana non potrà esserci, i due loschi figuri dovevano esserselo immaginato e si sono dati alla macchia. Mediterranea of course.

giovedì 24 luglio 2008

Nozze di pizzo

Eccoci qua, tredici anni dopo quel giorno di Luglio, che mi sembra un secolo ma che a ben guardare forse è solo ieri. Da quel caldo terrificante che ci tenne compagnia anche in chiesa, col prete che ancora adesso non so come abbia fatto a resistere con tutti quei paramenti addosso e tu che in silenzio stramaledivi chi ti aveva consigliato di acquistare l'abito in fresco di lana con tanto di gilet. Da quel primo pomeriggio in casa nostra, in attesa che scoccasse l'ora-x, col bouquet in frigorifero ed io che volteggiavo in bianco mentre alla radio passava "Sei la più bella del mondo" di Raf e tu che combattevi col nodo alla cravatta. Da quella corsa verso la chiesa sul maggiolone bianco scoperto e infiocchettato mentre tenevo una mano sui capelli per paura che si sciupasse l'acconciatura e le persone che ci sorridevano a bordo delle auto che incrociavamo perché come si fa a vedere una coppia di sposi e non sorridere. Da quel riso che ci lanciarono a tonnellate e che la sera quando mi sfilai il vestito cadde come grandine sul pavimento ticchettando sfacciato nella penombra. Da quel tuo strip-tease a notte fonda mentre i tuoi amici, e chiamali amici, ti battevano le mani a tempo per poi scaraventarti dritto in piscina con tanto di camicia, boxer e calze blu. Da quell'emozione indescrivibile che mi faceva tremare le mani mentre ci scambiavamo le fedi e pensare mio Dio sta succedendo davvero. Da quelle bomboniere che mi avevano impegnato infinite serate e giornate e nottate e che in dieci minuti avevano già assolto al loro compito. Da quello sguardo che ci siamo scambiati e che è valso più di qualsiasi promessa. Tredici anni sono passati da quel giorno, che sembra un secolo ma forse è solo ieri.

mercoledì 23 luglio 2008

Auguri via cavo

Che strano farti gli auguri per telefono, se me l'avessero detto qualche mese fa avrei risposto, impossibile, vuoi che non possa stritolare di baci la picci nel giorno del suo nono compleanno? E invece. Invece eccoti là, una vocina squillante ed emozionata, all'altro capo del filo, a ricevere i nostri auguri, veloci e così stranamente formali, mentre cerchiamo di tenere a bada le emozioni che da stamattina ci stanno rosicchiando senza tregua, da quando ho visto il tuo letto rifatto e la tua candelina a forma di nove ancora confezionata nel cestino delle cose sparse che staziona sul banco della cucina. Ci sarà tempo di usarla, che per festeggiare c'è sempre tempo, che siano feste anticipate o auguri ritardati, non c'è mica la scadenza come sulla bottiglia del latte. Oggi, però, il convento passa soltanto una telefonata, un privilegio assoluto che ci fa sentire re e regina senz'alcun bisogno di corona. La regola ferrea del mondo scout impone nessuna telefonata durante i campi, ad eccezion fatta per gli auguri di compleanno e, guarda caso, ma tu vedi la combinazione, la pulcina compie gli anni proprio il ventidue. Così, cerchiamo di far passare attraverso quel cavo insieme alle parole anche qualche chilo di amore, un ettolitro di baci e svariati metri di abbracci, e mi immagino come se lo vedessi il bozzolo tondo e gonfio che corre attraverso il cavo fino alla campagna senese, e uscirà dalla cornetta che tieni in mano avvolgendoti tutta come una di quelle masse gelatinose e multiformi che si vedono nei film di fantascienza di serie B, ricoprendoti di tutto quello che contiene il nostro cuore. Poi rifletto sul fatto che non si tratta di un telefono a cornetta né di cavo con bozzolo che ci scorre dentro, caspiterina, questi sono cellulari. Ma sono sicura che, in qualche modo, il tutto ti sia arrivato lo stesso. Magia delle telecomunicazioni.

lunedì 21 luglio 2008

Le farfalle

L’ultimo bacio, poi ancora uno, e un altro ancora, anche sulla fronte mamma. Ti strizzo, ti sussurro all’orecchio che ti voglio tanto bene, sempre, ricordalo sempre. Anch’io mamma. Vai, divertiti, e se sarai felice tu lo sarò anch’io, mentre combatto con forza quelle lacrime antipatiche che stanno cercando di farsi strada a tutti i costi, meno male che indosso gli occhiali così non si accorgerà del luccichio nei miei occhi o penserà che sia la congiuntivite che mi perseguita da un paio di giorni. Vuoi vedere che alla fine è stata provvidenziale anche quella. Quanto sei carina con la divisa da lupetto, altro che grembiule, bisognerebbe dirlo alla Gelmini affinché le venisse un’ispirazione migliore. Sali sul pullman senza voltarti, cosa cavolo c’è nella mia gola, altro che groppo questo è un mattone, come avrà fatto a infilarsi fin lì. Poi attraverso il vetro del finestrino ti sbracci in saluti e io pure, giù dal marciapiede, mani di bimbi e mani di mamme, un tripudio di farfalle svolazzanti a dirsi ciao. Devi dirmi ancora qualcosa, che sarà mai, e ricorri all’alfabeto muto, sì proprio quello che ti ho insegnato io e che anch’io usavo quando avevo la tua età e chissà forse quando aveva la tua età lo usava pure la nonna. Veloce componi ti voglio bene. Le mie mani scattano e veloci compongono anch’io. Tu spalanchi la bocca in un sorriso e poi di nuovo le mani di tutti a sfarfallare saluti e mille baci che volano come api ronzanti. Il pullman si muove, ti seguo con lo sguardo, con il groppo e con una lacrima che alla fine è riuscita a farsi strada attraverso un ciglio. Ciao amore mio, divertiti. E soprattutto, sii felice.

giovedì 17 luglio 2008

La fedeltà di Re Giorgio

Ancora una volta sono arrivata alla fine di uno dei suoi libri con quel misto di soddisfazione, ammirazione e nostalgia che ti resta sempre addosso quando si finisce un buon libro. Anzi, in questo caso mi è capitato ben sette volte, alla fine cioè di ognuno dei racconti contenuti nel libro. Racconti diversi tra loro ma tutti appassionanti, intrisi di mistero e sense of humour, capaci di raggelare il sangue ma anche di far scoppiare un'irrefrenabile risata, come mi è successo con l'ultimo personaggio, il giornalista a caccia di scoop. Sarà perché sono di parte, ma ho trovato deliziosa la descrizione dell'Elba e dei suoi abitanti fatta in uno dei racconti, così toscani e così simili al mondo che mi circonda e di cui faccio parte. Anche stavolta Giorgio Faletti, che ormai da un po' ho personalmente incoronato re di quel genere che sta a cavallo tra il noir, l’horror e la poesia, non mi ha tradita né delusa, ma ha saputo regalarmi delle bellissime emozioni, che mi hanno fatto fare le ore piccole divorando in fretta le pagine nel cono di luce dell'abat-jour. Vorrei poterglielo dire nuovamente a voce, guardando dritta in quei suoi sornioni occhi azzurri che mi ascoltavano in silenzio, forse perché le parole dei lettori son sempre le stesse o forse no. Se ricapiterà, caro Giorgio, stavolta ne vorrò due di cuoricini disegnati in prima pagina, proprio accanto al titolo.

mercoledì 16 luglio 2008

Piccole donne crescono

Non smetterò un attimo di pensarti mamma. Non credo che ciò avverrà, ché quando si gioca, si corre e si sguazza in piscina la mamma non la si pensa nemmeno un secondo, ma è stato bello sentirselo dire, la prima cosa che hai detto quando hai aperto gli occhi stamani, guardandomi nella penombra della camera, allungando un braccio a cercare la mia mano, stringendomela piano con la tua, calda e asciutta, ancora farcita di sonno. Poi è stato tutto un susseguirsi di abbracci, baci, raccomandazioni, capelli annodati, baffi di latte, una nuova puntura di zanzara proprio sullo zigomo e il libro preferito da infilare nello zaino all'ultimo momento. Lo zaino, che tra sacco a pelo e materassino è alto quasi come te e che mi chiedo come farai a portare in spalla anche se il percorso sarà breve. Lo zaino, che ripasserà da casa solo per una notte, il tempo di togliere gli indumenti sporchi e sostituirli con altri puliti per ripartire con te il mattino seguente indossando l'uniforme da lupetto per il campo scout che aspetti a gloria. Direi che quest'anno se ancora non l'abbiamo proprio tagliato gli abbiamo fatto una bella incisione a questo cordone ombelicale. Prima il mare, adesso il campeggio, poi la campagna. Insomma, piccole donne crescono. Ne sono felice, orgogliosa e anche un po' impaurita. Anzi, parecchio. Fragile come un tarassaco, che basta un soffio per disintegrarlo. Vabbè, speriamo che oggi non tiri vento.

martedì 15 luglio 2008

Il giubbottino da finocchietto

Vagando per saldi ci si imbatte in un giubbottino da uomo proprio carino, blu scuro, tecnico, trendy e molto scontato. Si pensa al proprio marito e si decide che gli starebbe proprio bene. Si pensa che tra una settimana ricorre il tredicesimo anniversario del nostro fatidico sì e si pensa che il giubbottino sarebbe un regalo perfetto per uno che non si compra mai nulla, che lamenta la mancanza di un giubbottino blu e che dice di aver bisogno di un aggiornamento al guardaroba. Si acquista il suddetto giubbottino e lo si regala al proprio marito, fregandosene dell'anticipo di una settimana perché conoscendolo bene sappiamo che con una probabilità del novantanovepercento avrà da ridire sul materiale, sul colore, sulla pesantezza, sui polsini, sulle tasche e financo sulle cerniere, onde per cui l'eventualità di un cambio incombe con la stessa certezza che tuoni e fulmini presagiscono un temporale. Si guarda il marito aprire il pacco e iniziare ad avere da ridire sul materiale, qui dentro ci faccio una sauna non traspira per niente e secondo me non tiene neppure la pioggia, sul colore, dici che è blu scuro ma secondo me è nero, sulla pesantezza, troppo pesante per adesso troppo leggero per poi, sui polsini, non si chiudono bene quando vado in scooter mi entrerebbe il vento nelle maniche e mi gonfierei come un pallone, sulle tasche, vedi che il mio portafoglio ci entra a fatica e mi fa un bozzolo sul petto, e financo sulle cerniere, le hanno fatte grigie ma non ci stanno granché bene. Tutto preventivato, non ci si dovrebbe sorprendere più di tanto, ma ci si sorprende lo stesso, e ci si resta pure un po' male, anche se ormai ci abbiamo fatto il callo. Poi arriva la stoccata finale non preventivata, che trasforma quel novantanovepercento in un centopercento. Non mi piace, è un giubbottino da finocchietto. Si richiude il tutto nella busta, si procederà al cambio come da copione. Con un'unica variante, si cambierà il giubbottino con una giubbottina per la sottoscritta. Che giammai si pensi che vesto mio marito come un finocchietto. Che da ora in poi se lo andrà a rinnovare da solo il suo guardaroba.

lunedì 14 luglio 2008

Saldoterapia

Diciamo che si sono fatti perdonare il ritardo, visto che qui sono iniziati solo adesso mentre erano già un paio di settimane che tra quotidiani, tigì e commenti sparsi sentivo già tesserne le lodi o dichiararne mestamente il flop, ché quando di soldi ce ne son pochi, ce ne son pochi anche per i saldi. Così, sabato mattina son partita alla volta dell'ennesima crociata già un po' svogliata e disillusa, pensando che sarebbe stato un giro a vuoto o poco più, con la picci tutta fiera della sua promozione al ruolo di assistente allo shopping, per la serie shopaholic si diventa. Vabbè, ho pensato, mal che vada ci divertiremo a razzolare tra gli scaffali e ci consoleremo con un gelato. Poi m'imbatto in un Massimo Dutti che parte subito con un bel settantaduepercento, mica bruscolini, e manca poco ci resto secca. Ed eccolo lì il bellissimo blazer che puntavo già da un po', praticamente mi sta aspettando. Le labbra si increspano in un mezzo sorriso e penso che no, forse mi sbagliavo, dopotutto forse non sarà una crociata infruttuosa, non lo sarà proprio per niente. Così, navigando tra il cinquanta, il settanta e persino l’ottanta, io e l'assistente abbiamo allegramente riempito quattro buste in breve tempo e siamo tornate a casa col bottino che, come dopo ogni battuta di caccia che si rispetti, è stato steso sul letto per essere degnamente rimirato. E tra il mio blazer blu che più lo guardo e più m'innamoro, la camicia bon ton, il pull di seta rosso corallo, le Hush Puppies della picci, il suo denim, qualche maglietta e un imbottitissimo gilet, il mio sorriso si è allargato fino a straripare, allagando gli occhi, la mente e l'umore. Praticamente, una terapia d'urto.

venerdì 11 luglio 2008

Intruglio di Luglio

E' un intruglio di Luglio
questo strano miscuglio
di calura impazienza e caffè
che uno non basta e diventano tre.
Sorseggio i pensieri e li scopro struggenti
impetuosi e ribelli come torrenti
che solcano scavano e allagano il cuore
e negli occhi impauriti compare un bagliore.
Diventano sogni poi rime poi inganni
il caldo trasforma i miei giorni in tiranni
e il sole continua il suo placido andare
ma io non mi arrendo e continuo a remare.
Afferro il bicchiere e lo bevo d'un fiato
sapore d'estate ruggente e salato
ne resta pochino solo un rimasuglio
perdirindina che gran guazzabuglio.

mercoledì 9 luglio 2008

Il sopralluogo

La stanchezza è così spessa che potrei tagliarla col coltello, inciderci un nome o un cuoricino con le iniziali, pure, come si fa sulle cortecce degli alberi. La sento, potrei toccarla perfino, che chissà com'è la stanchezza a toccarla, morbida o dura, sicuramente densa, compatta. Ed è talmente tanta da avere invaso tutto quanto, non solo le braccia o le gambe, come quando si torna a casa a piedi dal supermercato con le borse stracariche della spesa o si rincorre il bus per mezzo viale e lui ti parte comunque sotto il naso, ha raggiunto anche gli occhi, la testa e infine il cuore, appannando, ingrigendo, anestetizzando. E' così che mi sento, anestetizzata, e anche se non ce lo diciamo so che anche il Galletto si sente così. Spossati, stremati. Questi lavori durano da troppo tempo, siamo stanchi della polvere, della gente che lavora male e di quelli che non lavorano affatto, delle mattonelle sbagliate, delle misure sbagliate, delle giornate sbagliate. Sono talmente prosciugata di tutto da non rendermi neanche conto di quello che finalmente vedo, intravedo, annuso. Il parquet posato di fresco che risplende di luce, i pavimenti che presto saranno nuovamente la terra dove ritrapiantare le nostre radici, la parete da tingere di rosa acceso o tenue ancora non so, le finestre dalle quali si vede l'albicocco che seppur sofferente è sempre lì ad aspettarci. E' come se vedessi tutto attraverso un vetro, come se ancora non mi riguardasse, come se fosse irreale. Come se fosse troppo bello per crederci davvero.

martedì 8 luglio 2008

Firmino

Che strano libro ho letto. La storia di un ratto sognatore e sensibile, che osserva la vita da un buco nel soffitto di una libreria, ingurgitando libri, cibo per lo stomaco ma soprattutto cibo per la mente, per sfuggire alla realtà e crearsi milioni di altre vite. Un topo che suona Gershwin ad un pianoforte giocattolo, che si innamora degli umani e che dagli umani viene deluso. Un libro che fa sorridere, a tratti poetico, molto spesso amaro, che mi ha lasciata così, un po' spiazzata e un po' rattristata. Forse perché molto di ciò che ho letto è irrimediabilmente vero.

venerdì 4 luglio 2008

Evviva il tubino!

Sarà pure la scoperta dell'acqua calda, ché da quando mademoiselle Chanel l'ha creato son passati quasi novant'anni, ma stamani che lo indosso con così tanto piacere non riesco a trattenere dentro di me queste parole di lode e di amore per il classico dei classici, il must di tutti gli armadi del mondo, il jolly della situazione che ti toglie d'impaccio sempre e comunque, dalla spesa al mercato alla serata di gala, dalla riunione in ufficio alla festa di laurea di tuo nipote. Il little black dress, versatile e assolutamente insostituibile. Lunghezza più o meno al ginocchio, punto vita ben evidenziato, spalle deliziosamente scoperte o giù di lì, decolleté ampio ma non troppo. Le varianti possono essere infinite, i prezzi pure, ma accostato ai giusti accessori si trasformerà in qualsiasi cosa vogliamo, simpatico e sbruffone con infradito rasoterra e collanona etnica, sportivo e marinaro con sneakers di tela e borsa di paglia, civettuolo e ultra-chic con maxi filo di perle e deco d'ordinanza. Praticamente una bacchetta magica che, in questi giorni farciti di stress e ahimè sguarniti d'argent de poche, non è certo poca cosa.

giovedì 3 luglio 2008

Termolabile

Come il veleno della tracina, che perde subito d'intensità non appena il piede che ha malauguratamente calpestato il simpatico pesciolino viene immerso nell'acqua calda o più semplicemente appoggiato sulla sabbia rovente di mezzodì. Così mi sento in questi giorni appiccicosi e soffocanti, che di bello hanno molto poco per chi come me continua a correre per la città ansimando e gocciolando come un ghiacciolo all'amarena. Energia zero, affanno dieci e lode, voglia di fare cinque meno. Non c'è che dire, proprio una bella pagella. Ogni giorno mi alzo e penso alle mille cose da fare con la convinzione di riuscire a farne milleuna e poi mi ritrovo al pomeriggio sgonfia come quei vecchi palloni che riemergono a volte dalle soffitte o dalle cantine, quando i piedini che li prendevano allegramente a calci nel frattempo son diventati un bel quarantatre. Eppure era così bella l'aria calda d’estate che mi avvolgeva sabato scorso al mare, mentre guardavo le evoluzioni acquatiche della picci sgranocchiando una schiacciatina secca bella unta e salata al punto giusto. E quanto ho amato quei raggi di sole che cadevano obliqui perforando il tetto infinito di pini marittimi trasformando il tappeto di aghi sparsi a terra nel mantello di un dalmata. Pensavo di tornare a casa piena di voglia di fare e di idee ma doveva esserci un buco nel serbatoio che me l'ha fatta perdere tutta a goccioline lungo la Siena-Grosseto perché la lancetta segna ahimè una riserva rossa e indignata. E non vi è traccia alcuna di stazioni di rifornimento.

martedì 1 luglio 2008

Soluzioni

Anche durante il resto dell’anno non è che i programmi televisivi pomeridiani brillino per qualità, passando dai tronisti di Maria alle storie strappalacrime della D’Eusanio, dai servizi banalotti della Balivo e di Cucuzza, alle soap opera e le televendite. Se poi uno incappa nel Question Time in diretta dalla Camera dei Deputati o s’addormenta o s’incazza nel vedere la marea di poltroncine vuote di coloro che bene o male sono stati mandati lì da noi, rendendosi conto che sarebbe stato meglio mandarli, invece, a quel paese. In ogni caso appare chiaro che coloro che preparano i palinsesti pensino che il pomeriggio la televisione sia guardata solo da dei poveri dementi. Adesso poi che siamo in estate le solite simpatiche personcine dei palinsesti sono certe che i suddetti poveri dementi siano ovviamente tutti partiti per le vacanze, perché naturalmente secondo loro i poveri dementi sono tutto tranne che poveri nel senso stretto del termine, ma campano invece di rendita navigando nell’oro oltre che nei mari caraibici, onde per cui possono permettersi delle belle vacanze fuori casa per tre-mesi-tre, lasciando lo schermo della tv acceso solo per far compagnia al pesce rosso o per far credere ai ladri che in casa ci sia qualcuno. Di conseguenza in questo periodo la qualità già precaria dei programmi pomeridiani subisce un crollo verticale, propinando repliche di fiction barbose e soporifere, sceneggiati mitteleuropei di infimo spessore e film di terza categoria che forse dalle sale cinematografiche non ci sono neppure mai passati. Il tutto infarcito dalla sagra della televendita, che l’estate è tempo di sagre, ben lo si sa. Visto che la sottoscritta ha la bruttissima abitudine di andare a lavorare tutti i santi giorni di tutto il santissimo anno, tranne che per un paio di settimane a ferragosto e a Natale, che ha l’ancora più orrenda abitudine di tornare a casa per pranzo intorno alle quindici e che ha l’ancora più mostruosa abitudine di accendere la tv a quell’ora per rilassarsi un po’ mentre mangia in perfetta solitudine un avanzo riscaldato della sera prima e che per sua incommensurabile disgrazia appartiene allo stuolo dei poveri ma non dei dementi, le soluzioni per arginare il problema sono due. Vinco al superenalotto e vado in vacanza per tre-mesi-tre o meglio ancora per dodici-mesi-dodici, ma non so perché questa soluzione la vedo di più difficile attuazione. Oppure smetto di pagare il canone.

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