lunedì 28 febbraio 2011

Lungo la via

Ci sono volte in cui il mio scudo cade. Forse perché mi sono distratta o forse perché è semplicemente troppo pesante e in certi momenti il braccio non ce la fa proprio più a sostenerlo. In quei momenti non lo raccolgo subito e lo lascio in terra, per provare a guardarmi dentro. Mi sono trovata nuda, indifesa, stanca, mortalmente sola. La consapevolezza del vuoto intorno, del silenzio, delle mille parole che non arriveranno mai mi ha fatta stare veramente male. Non mi piace quello che vedo ma so anche che non farò nulla per cambiarlo, e non so se odiare di più questa certezza o la paura che mi assale anche solo a sfiorare col pensiero una soluzione minimamente diversa. Vado avanti continuando a ripetermi che le strade imboccate si devono percorrere fino in fondo, che si cambia direzione nei vicoli e nei sentieri ma non lungo la strada maestra. Così procedo a testa bassa, anche se la tristezza a volte è davvero tanta e non posso fare a meno di farmi mille domande, con la stupida speranza che alla fine del percorso la mia costanza sarà ricompensata. Facendo finta di non sapere che quella che sulla quale cammino è solo una via stanca, e non l’arcobaleno.

sabato 26 febbraio 2011

Torta di broccoli e formaggio

Ormai la mia passione per le torte salate è cosa nota, non c’è festa, buffet o picnic con gli amici che non mi venga chiesto di farne una. Ed io obbedisco sempre con grande piacere. Adoro farle, così facili e veloci. Adoro inventarne sempre di nuove, aprire il frigo e decidere sul momento un nuovo abbinamento a seconda di cosa offre il convento, senza rischio di sbagliare mai, che una torta salata viene bene sempre praticamente con tutto. E naturalmente adoro mangiarle. Questa era destinata ad un paio di pranzi in ufficio per me e per il galletto, ma ahimè, non è sopravvissuta così a lungo.

Torta di broccoli e formaggio


Ingredienti:

un rotolo di pasta sfoglia fresca
prosciutto di Praga affettato sottile
due uova
100 gr. formaggio quark leggero allo yogurt
50 gr. parmigiano grattugiato
broccoli verdi
sale, pepe
due sottilette

Preparazione:
Pulire e lavare i broccoli. Lessarli per alcuni minuti in acqua bollente acidulata con alcune gocce di limone. Scolarli e lasciarli raffreddare. Sistemare la sfoglia nella tortiera lasciando sotto la sua carta da forno e disporre sul fondo le fette di prosciutto di Praga. In un recipiente sbattere le due uova, aggiungere sale e pepe, il formaggio quark ammorbidito e infine il parmigiano, continuando a sbattere fino a che non si ottiene un composto cremoso ed omogeneo. Versare il composto nella tortiera sopra al prosciutto e livellare. Tagliare i broccoli a spicchietti verticali, comprendenti sia fiori che gambi, e disporli sul composto di formaggio. Tagliare a striscioline le sottilette e disporle sulla superficie. Infornare a forno già caldo e cuocere a 200° per circa 25 minuti. Lasciar intiepidire e servire.

martedì 22 febbraio 2011

Grazie Venezia

Venezia è unica, magica, speciale, altrimenti non sarebbe Venezia, e nonostante nella mia vita ci sia già stata spesso, ogni volta che ci torno mi lascia di stucco, abbacinata, stupefatta, come davanti ad un prestigiatore che tira fuori l’ennesimo coniglio dal cappello e ti chiedi sempre come abbia fatto. Mi basta solo uscire dalla stazione per farmi venire i brividi, il non imbattersi in colonne di taxi e autobus rombanti, come in tutte le altre stazioni del mondo, ma trovarsi davanti a quella bellissima strada fatta semplicemente di acqua. Di acqua e di silenzio. Il sole che rimbalza sulle piccole onde create dai vaporetti, gente che cammina, ponti, tetti, piccioni e gabbiani. Non riesco mai a continuare a camminare, mi fermo sempre sulla scalinata di Santa Lucia, immobile, e mi guardo intorno. Mi devo guardare intorno. Capire che sì, sono davvero a Venezia. Stavolta accanto a me c’era mia figlia, che vedeva per la prima volta questa fantastica città fatta di strade d’acqua e di magia ed anche lei è rimasta di stucco e si è fermata sulle scale. Doveva farlo, era dentro di lei, doveva capire Venezia. E’ stato bello riscoprirla attraverso i suoi occhi, fermarsi insieme a guardare ogni cosa, i cappelli dei gondolieri, i nomi delle calli, le vetrate delle chiese. Abbiamo percorso la città in lungo e in largo, i luoghi più famosi e quelli sconosciuti, mangiato tartine con radicchio e acciughe in un simpatico bistrot e guardato la laguna da una delle terrazze più famose del mondo, pregato sotto le volte dorate della Basilica di San Marco e riso a crepapelle mentre inseguivamo tutte le maschere che ci capitavano a tiro, debitamente mascherate pure noi. Bello, bello tutto, anche il Ponte dei Sospiri inscatolato nei restauri dipinti di cielo e le miriadi di bancarelle colorate che riempiono ogni centimetro come cavallette. E mentre il cielo violaceo del crepuscolo ci accompagnava lentamente verso il nostro treno ho visto che i suoi occhi brillavano come stelle. Lei mi ha ringraziato per questo regalo inaspettato. Ma adesso sono io che ringrazio Venezia.

venerdì 18 febbraio 2011

Lo giuro

Il tempo vola, e non è una frase fatta, il mio vola davvero. E’ un fringuello, un gabbiano, un falco, un colibrì. Me lo sento scivolare addosso veloce, come l’acqua sotto la doccia, mi sferza il viso come una tramontana arrabbiata, mi sfreccia accanto come un treno al passaggio a livello che lo guardi e non riesci nemmeno a distinguere i finestrini. Non sarà che qualcuno gli ha truccato il motore, come i ragazzi fanno con i cinquantini che dopo alcune sapienti modifiche sembrano pronti per il MotoGP? Ecco, lo sapevo, non me l’hanno detto, non mi hanno avvisata, ed io ignara continuo a pensare che scorra come sempre e invece no, ragazza mia, col cavolo, non lo vedi che ha ingranato la quarta? Com’è possibile. Un attimo fa, lo giuro, solo un attimo fa era lunedì e non mi spiego come faccia già ad essere venerdì. Ieri, solo ieri, lo giuro, nevicava e adesso ci son già dozzine di bocci nel mio giardino e mille foglioline tenere a far capolino. E’ un mistero, un inganno, una stupidissima burla, qualcuno si sta prendendo gioco di me, ne sono certa. Okay, vi ho scoperto, bomba liberi tutti, uscite pure fuori e smettetela di giocare con me. Rendetemi il mio tempo, le mie ore, i miei minuti e i miei secondi, anche quelli di piombo che sembravano non passare mai. Prometto di fare la brava, di tenerli di conto e di non annoiarmi. Perché davvero, lo giuro, solo ieri era Natale.

lunedì 14 febbraio 2011

(Tante)³

Che emozione incredibile. Un fiume lunghissimo di persone, donne, mamme, figlie, nonne, ragazzi, padri con i bambini sulle spalle, pensionati, managers, liceali, passeggini, casalinghe, donne in carriera, borse firmate e zaini in spalla, dreadlocks e colpi di sole. Tutte lì, insieme, a intasare le strade, cantare, gridare, ballare e applaudire. Tutte lì, insieme, unite dalla stessa voglia di dignità, di rispetto e di onestà. Eravamo tante, ma proprio tante, incredibilmente tante. E’ stato bello esserci, aver contribuito ad aggiungere un piccola tessera in un gigantesco puzzle di facce e di voci che spero ci porti ad un domani migliore. E da stamani non faccio che canticchiare questa canzone. Perché eravamo davvero tante, tante, tante, tante, tante.

sabato 12 febbraio 2011

Io ci vado

Sì, ci vado. Anche da sola. Anche se piove. Anche a piedi. Anche senza aver pranzato. Appena ho letto ed ascoltato ho saputo che ci sarei andata. E quando ho letto ancora e poi parlato e chiacchierato e riso e telefonato ho avuto ancora più chiara la certezza che ci sarei andata davvero, che sarei stata lì il tredici febbraio. Avevo voglia di fare qualcosa di concreto, di metterci la faccia, di potermi guardare allo specchio con occhi più limpidi e dire che perlomeno qualcosa l’ho fatto. Che forse è più di mettersi un adesivo sul cappotto. E per questo, domani, ci vado.

giovedì 10 febbraio 2011

Schiacciata, rosette al pepe e scarpe rosa

Orrore, le scarpe sul tavolo. E vicino al pane per giunta. In effetti non e’ un abbinamento consigliabile, proprio no, ma in questo caso le scarpe erano nuove, nuovissime, quando la gomma della suola ha ancora quel profumino che mi piace tanto e deve fare ancora conoscenza con il pavimento. Appena arrivate, perfette, velocissime, è bastato qualche click ed in tre giorni sono arrivate dritte sulla mia scrivania. Proprio quelle che la pulcina desiderava ma che non si trovavano, che costavano anche troppo e che ho pagato anche troppo poco. Bella cosa l’e-shopping, davvero affascinante, speriamo che non mi lasci prendere la mano sennò son guai seri, rischio che il galletto mi faccia interdire dall’uso di carte di credito. Però che carine, rosa lampone dice l’etichetta, anche se a me sembra più un ciclamino, e si sa bene che la gallina ha una passione per le scarpe di questo colore. Vederle e decidere di fare la schiacciata è stato un tutt’uno. Sinceramente non so quale sia il nesso tra un paio di sneakers e la schiacciata, ma il buon umore stava sgomitando per uscire allo scoperto e non ho potuto fare altro che accontentarlo. Sosta al super sulla via del ritorno dall’ufficio per l’acquisto della pasta fresca, settecento grammi per novantanove centesimi, accensione del forno e via di schiacciata al volo, quella che si prepara in un lampo e che se non ti fermano ti mangi tutta la teglia da sola. Durante il percorso mi è venuta l’idea anche di fare le rosette al pepe, ed eccole lì, calde e fragranti sul tagliere. Poi, come fanno i pirati quando rientrano nel covo, si raggruppa il bottino della giornata sul tavolo e lo si sta a rimirare. Anzi, lo si fotografa.

Schiacciata al volo

Ingredienti:
350 gr. di pasta da pizza fresca già lievitata
olio extra vergine di oliva
sale grosso
semi di lino
semi di sesamo
semi di girasole

Preparazione:
Accendere il forno a 200°. Infarinare leggermente la spianatoia e stendere la pasta con il matterello. Ungere una teglia da forno e adagiarci la pasta, premendola bene con i polpastrelli in modo da creare dei lievi avvallamenti circolari. Spennellare tutta la superficie con olio extra vergine di oliva, cospargere la superficie con qualche chicco di sale grosso e con i semi. Infornare nel forno caldo e cuocere per circa 12 minuti.


Rosette al pepe verde

Ingredienti:
350 gr. di pasta da pizza fresca già lievitata
olio extra vergine di oliva
sale fino
pepe verde

Preparazione:
Accendere il forno a 200°. Infarinare leggermente la spianatoia e stendere la pasta con il matterello. Ricoprire una teglia con un foglio di carta da forno. Tagliare la pasta a strisce larghe circa 2-3 cm. e arrotolarle su se stesse dando la forma di una rosa, allargando un po’ la base per farle stare in piedi. Adagiarle sulla teglia ricoperta di carta da forno e spennellarle con olio extra vergine di oliva. Salare e cospargere di pepe verde macinato al momento. Infornare nel forno caldo e cuocere per circa 25 minuti.

lunedì 7 febbraio 2011

Storta

Il lunedì sembra fatto apposta per stilare tabelle di marcia, per fare chiarezza, per dare aria alle stanze e alla mente, ma stamani non ne ho proprio alcuna voglia. Fuori, una nebbia assassina che fa a gara col mio umore, dentro, il galletto che mi fa i sorrisini dopo due giorni di muso, facendomi inviperire ancora di più. Anche la pulcina non è tanto per la quale mentre mescola svogliata i cereali nella tazza e mi chiede com’è andata a finire la puntata di ieri sera di Amici, cosa che mi fa ricordare che non è finita affatto e che verso l’una del mattino mi sono ritrovata inebetita sul divano senza un vinto né un vincitore. Mica si fa così, mannaggia, sarà anche per quello che mi son svegliata così storta. O forse è quell’occhio rosso e gonfio della pulcina che sta covando un orzaiolo, un calalzo o chissà che diamine e sto lì ad incrociare le dita sperando che il collirio si decida a fare effetto perché sinceramente vorrei evitare di iniziare la settimana con una gita di piacere al pronto soccorso oftalmico. La voglia di risalire le scale, tornare a letto e restare nascosta sotto al piumone tutto il giorno si fa prepotente, ma cerco di resistere concentrandomi sul caffè che mescolo insistentemente col cucchiaino neanche stessi trivellando un pozzo di petrolio. Manco a farlo apposta, in questi momenti di immusonimento, lo sguardo mi cade sempre sulle cose che non contribuiscono a farmi risollevare l’umore, e mi acciglio ancor di più. La stanza degli orrori che continua ad essere una via di mezzo tra una cantina e il magazzino di uno spedizioniere, la catasta di panni da stirare che non accenna a diminuire nonostante le ore dedicate a questo amatissimo passatempo durante il fine settimana, la lavapiatti da svuotare, il nuovo distintivo di sestiglia della pulcina che continua a stazionare in soggiorno in attesa che mi decida a cucirglielo sulla camicia. Poi mi avvicino alla finestra e nel pallore di questo lunedì mattina nebbioso e incazzato vedo qualcosa che brilla sfacciatamente. Un fiore. Lucido, spavaldo, più acceso di una lampadina. Nonostante il freddo becco, la mia vecchia amica camelia ha deciso di annunciarmi che la primavera non è poi così lontana. Lo guardo a lungo, come ipnotizzata. E allora, sorrido.

venerdì 4 febbraio 2011

Il baule

Chiudere una porta non vuol dire chiudere su tutto, perdere la memoria, resettare, annullare, sbianchettare tutto col correttore liquido, quello che sembra smalto da unghie, o quello a rullo, che potrei farci ghirigori a giornate intere. E’ certamente la fine di un capitolo, ma da lì a finire il libro ce n’è ancora tanta di strada. Tutta la vita. Procedo quindi con questo bagaglio appresso, che a volte scivola veloce come un trolley, mentre altre pesa più di un baule da corredo di una signorina dell’ottocento. Pieno. Mi sento strana, come se mi mancasse qualcosa, amputata. Evito di parlarne, perché so che mi fa star male, allora scivolo veloce sulle domande come se avessi i pattini a rotelle, accenno un salto in aria per distrarre il pubblico e svio rapida su un altro argomento. Leggo i loro pensieri come fossero fumetti, questa è una tosta. Invece no, nossignori che non son tosta. Sono un pezzo di burro lasciato fuori dal frigo una giornata, basta sfiorarlo con un dito per tagliarlo. Un morbidissimo ricciolo pronto da spalmare sul pane. Accampo le scuse più stupide e false perfino con me stessa quando cerco il modo per non andare a far visita più spesso ai miei genitori e puntualmente mi odio per questo, per questa codardia, per il dolore che mi esplode dentro quando faccio questi pensieri, ben sapendo che sto solo cercando di evitare l’altro dolore, quello lacerante, che mi lascia a brandelli tutte le volte. Una parte di me non riesce ad accettare che lei non tornerà più quel che è stata per me, con me. Come se aspettassi un miracolo, se m’illudessi che improvvisamente qualcosa potesse cambiare e lei potesse tornare ad essere quello che mi manca ancora così tanto. Non voglio capire che quelle povere carezze che ancora posso darle sono l’ultima cosa che mi è rimasta per unire una figlia ad una madre. Non voglio vedere. Ed è come se spengessi la luce.

mercoledì 2 febbraio 2011

French kisses

Febbraio, tempo di virus e influenze. Nel mio caso, si tratta di giramondite acuta. Chissà, forse è stato il cielo blu assoluto di questa bellissima giornata a scatenare questa voglia di viaggi, ma nonostante si sia nel cuore dell’inverno e le vacanze siano ancora decisamente troppo lontane, mi ritrovo in pieno mood turistico e non faccio altro che pensare a tutti i posti che mi piacerebbe visitare, spaziando dalle Cinque Terre alla Nuova Caledonia. Chiudo gli occhi e faccio girare un mappamondo immaginario, puntando il dito a caso, praticamente ‘ndo cojo cojo, che tanto non c’è un posto al mondo che non vorrei vedere e anche dove sono già stata mi piacerebbe sicuramente ritornare, e sto lì ad immaginare come potrebbe essere e cosa potremmo fare. Di tempo per fare e disfare questi incredibili castelli in aria ce n’è anche troppo, così nell’attesa di decidere una meta e far riaprire i battenti all’agenzia di viaggi, mi è venuta voglia di rituffarmi nei fantastici giorni francesi dell’estate scorsa e sono andata a riguardarli tutti, uno per uno, soffermandomi a ripensare ai luoghi, ai momenti, alle emozioni. Ecco come è nato questo piccolo collage che ne raccoglie alcuni, come un abbraccio, costellato da tanti piccoli baci. Francesi, of course.

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