lunedì 6 agosto 2012

Di afa, silenzio e solitudine

Questo è uno di quei casi in cui il titolo dice già tutto. Potrei evitare di scrivere qualsiasi altra frase, che quelle tre parole già descrivono alla perfezione questi giorni di casa vuota e di città in fiamme. Quanto a temperatura, ogni giorno è decisamente sorprendente, nel senso che da due mesi a questa parte ogni giorno penso sia stato il più caldo e insopportabile, per poi ricredermi il giorno successivo alle prese con un clima ancora più torrido. Non ha molto senso quindi sottolineare il fatto che oggi pomeriggio ci fosse un’afa da delirio e che se non mi fossi fatta aiutare da un gelido Cafè Zero scolato a cannuccia sul marciapiede, sarei anche potuta crollare sul selciato a due passi dal Duomo, col rischio di essere pure calpestata dalle frotte di turisti che affollavano la piazza, tutti a naso in su e sguardo allucinato, non so se per merito della cupola del Brunelleschi o dei quaranta gradi, o di tutt’e due. Il cielo bianco e appannato faceva quasi rimpiangere il sole, quando improvvisamente qualcuno ha detto piove! e sono scese giù sì e no una ventina di gocce in croce, che hanno solo fatto ribollire l’asfalto e segnato i cofani delle auto con tanti pois beige di sabbia africana. Ho paura che le piante del mio giardino dovranno ancora attendere, ed accontentarsi delle brevi annaffiature che il galletto dispensa loro a notte fonda di nascosto dall’ordinanza comunale che le avrebbe vietate. Nel frattempo la casa risuona dei miei passi, delle mie dita che ticchettano sulla tastiera, dello sbuffo del mio ferro a vapore e delle olimpiadi in televisione, che mi son fatta una cultura in lancio del peso e fossa olimpica. Praticamente un vuoto abissale. La pulcina già al suo decimo giorno di campo scout, senza neppure la possibilità di sentirla al telefono, cosa che in quest’era di cellulari, skype e diavolerie telematiche assortite, fa ancora più effetto e mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, ma parecchio indietro, perlomeno di cent’anni, che quand’ero ragazzina io un gettone per telefonare dalle cabine gialle della Sip le nostre mamme ce lo facevano sempre portare dietro. Vabbè, è vero che  no news good news, come dicono flemmaticamente oltremanica, ma la picci mi manca assai, comprese le nostre litigate quotidiane, il che è decisamente tutto dire. Così per distrarmi un po’ ho tirato su la saracinesca della mia agenzia e passo il tempo mettendo a punto il nostro prossimo viaggio. In attesa che la pulcina torni alla base, che in casa si ritorni a urlare come d’abitudine e che le alte pressioni africane tolgano gentilmente il disturbo.

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