lunedì 29 novembre 2010
Al tuo fianco
Lo so che è dura. Lo vedo nei tuoi occhi che si chiudono da soli dal sonno alla sera, dalla tua espressione spesso sopraffatta, dalle lacrime che ti rigano le guance quando mi abbracci e piangendo mi dici che non hai più tempo per giocare e non lo trovi giusto. E’ vero, piccola mia, non è affatto giusto. E non sai quanto questo mi faccia star male. Vedere la tua infanzia scomparire nell’arco di pochi giorni mi ha lasciata stranita, triste, addolorata. Io per prima so quanto sia duro e difficile il sacrificio che stai affrontando e ti ammiro sconfinatamene per questo, perché lo hai voluto tu, ostinatamente e tenacemente, nonostante tutti i miei dubbi e le mie perplessità. Sappi però che nella vita si può anche decidere di tornare sui propri passi se ci si accorge di avere imboccato un sentiero sbagliato. E’ una sconfitta che fa bene, che ci rende più consapevoli e maturi. Soprattutto se il tornare indietro significa decidere di voler più bene a noi stessi. In quel caso io sarò lì, vicino a te. Sappi anche che se invece deciderai di andare avanti, destinando ogni singolo minuto della tua giornata allo studio e alla danza, senza che ti resti mai il minimo tempo per giocare con le Barbie, che giacciono addormentate nel cassetto sotto al tuo letto, per spippolare col Nintendo, che ormai sarà completamente scarico, o per guardare un semplicissimo cartone, sappi che anche in questo caso io sarò comunque lì, al tuo fianco. Sono sempre stata sincera con te e, come ti brontolo quando salgono a galla le tue rispostine taglienti, allo stesso modo ti elogio quando vedo che ti impegni così, ottenendo dei risultati così belli. Ti stringo a me e ti dico brava, ma oggi ho sentito il bisogno di scriverlo, come a sottolineare questa parola o a stringerti più forte. Sei brava. Sì, lo sei. Ed io sono fiera di te.
giovedì 25 novembre 2010
A scatola chiusa
Una giornata così-così, un po’ noiosa, a tratti densa, la richiesta improvvisa di un cambiamento di orario lavorativo che mi mette subito in ansia e scatena mille pensieri che frullano come uccellini in gabbia e sbattono le ali confusi di qua e di là. Esco dall’ufficio, aria gelida, grigia, c’è quasi profumo di neve. Cammino svelta con le mani in tasca, respirando l’aria fredda come se volessi dare aria al cervello per scacciare questa ridda di emozioni pesanti. Una sosta rapida per un litro di latte e una busta di insalata. Il pit-stop al super diventa ben presto una specie di giro in giostra, mi ipnotizzo di fronte agli scaffali e il cestino che doveva contenere solo due cose nell’arco di pochi minuti strabocca. Mi dirigo alla cassa ma poi ho un ripensamento e vado alla sezione libri, negli ultimi giorni ho letto un paio di recensioni che mi hanno intrigata e chissà se ci sono già le copie. Mi blocco di fronte allo scaffale. Caspita, di questo non avevo letto un bel nulla invece. Che sorpresa. Sorrido beata, adoro questo genere di sorprese. Non leggo niente, né trama né incipit. So già che l’amerò all’istante e la mia fedeltà sarà ancora una volta ripagata dalla sua. Ne infilo a fatica una copia nel cestino strapieno e mi avvio verso casa. C’erano altri libri che aspettavano pazienti l’inaugurazione impilati sul mio comodino, ma lui passerà avanti a tutti a sirene spiegate. Mentre cammino portando le buste della spesa guardo il cielo dove nel frattempo è comparso un po’ di azzurro e sorrido. Mi accorgo che anche in testa ho finalmente un cielo limpido sgombro di pensieri.
mercoledì 17 novembre 2010
San Martino di notte
Spero di arrivare presto in fondo a questa dolorosa operazione. Non solo perché ogni cosa che guardo e che tocco mi fa rendere conto sempre un po’ di più di ciò che significa davvero, che quel pezzo di vita si sta chiudendo per sempre, non solo per i miei genitori che mi chiedono come sta andando in un modo strano, freddo, quasi distaccato, e non solo per il fatto che si trovano in un letto e su una sedia a rotelle tra le mura di quella che è diventata la loro nuova casa, ma anche perché è stato come aprire un cassetto pieno zeppo di ricordi e venirne travolta. Un cassetto che un bel po’ di tempo fa avevo accuratamente chiuso a chiave sperando di dimenticarmi della sua esistenza. Un fiume, un fiume in piena di momenti, di facce e di luoghi, maledettamente difficile da arginare adesso. Un’alluvione di emozioni che mi ha invasa senza pietà e dalla quale non riesco a liberarmi. Impantanata nei ricordi. Ho ritrovato i miei diari, credevo di averli buttati via ed invece erano ancora lì, un gruppo di quaderni in fondo ad un cassetto. Anni di inchiostro, molto del quale scolorito dalle lacrime che cadevano giù mentre scrivevo. Ho letto solo qualche frase, poi non ce l’ho fatta e li ho strappati. Stavolta li ho buttati via davvero, ma non è servito a non far riaffiorare il dolore. Così ripenso a cosa sarebbe potuto essere se. Se fossi stata più forte, più sveglia, più egoista. Se solo avessi creduto un po’ di più in me stessa. Ritrovo tutti i miei pensieri, intatti come cristalli rinchiusi per anni e riportati alla luce, forse un po’ polverosi ma perfettamente integri. Nomi e volti. Un panorama fantastico fatto di montagne aguzze nella notte blu. Il mio cuore che galoppava selvaggiamente alla vista di quel sorriso che non ho mai dimenticato. Il silenzio assordante della mia solitudine. Non riesco a smettere di guardare indietro anche se so che adesso posso soltanto guardare avanti.
San Martino di notte
Velluto nero
questo cielo di montagna
e mille stelle brillanti
come sassolini d’argento.
E questo alito di aria fredda
mani gelide e cuore caldo
guardare con occhi insaziabili
e spaziare
nell’oscurità
tra le cime buie degli abeti
e scoprire, attoniti
quel merletto di Dio
che si staglia contro il blu;
un pizzico di polvere di luna
e fiocchi di nubi solitarie.
4 agosto 1985
San Martino di notte
Velluto nero
questo cielo di montagna
e mille stelle brillanti
come sassolini d’argento.
E questo alito di aria fredda
mani gelide e cuore caldo
guardare con occhi insaziabili
e spaziare
nell’oscurità
tra le cime buie degli abeti
e scoprire, attoniti
quel merletto di Dio
che si staglia contro il blu;
un pizzico di polvere di luna
e fiocchi di nubi solitarie.
4 agosto 1985
giovedì 11 novembre 2010
La fashion gallina
Come direbbe la mia amica delle fragole, m’è presa secca. Dalle mie parti si dice m’è presa una fittonata, ma il succo è identico. Mi sono appassionata a un giochino incredibile, tutto un mischiare di abiti e di colori, di scarpe, di zeppe e tacchi a spillo, di cappelli e borse e cose e aggeggi all’infinito e fin che se ne ha voglia. E poi, in questo luogo di perdizione mica si frigge con l’acqua, eh no, è tutta roba seria. Ti piace il tailleurino di madame Coco? Adori gli abiti in technicolor di Desigual? Spasimi per un bel paio di Louboutin? C’è tutto, cara mia, c’è tutto. Tutto lì per te a un passo di click. E hai voglia a frugare e scegliere e provare e scartare e questo sì e questo no e questo forse e questo costa una fortuna ma chemmimportammé. Ci si diverte un mare. Il fatto che poi si debbano fare i conti con il vero contenuto del proprio armadio, che nel mio caso spazia dalle bancarelle del mercato a Zara, dall’outlet a H&M e ritorno, è un’altra storia, ma come insegna la maestra che mi ha fatto scoprire detto luogo, nel frattempo avremo imparato nuovi abbinamenti, osato nuove coppie di colori o capito che quella vecchia spilla trovata per caso nel comò della nonna sta benissimo sul cappottino di maglia. Insomma, si gioca. Praticamente la versione tre punto zero di quel vecchio giochino di quando ero bambina, con le bamboline di cartoncino da ritagliare e i vestitini da provare e cambiare che stavano su ripiegando le linguette di carta, da guardare poi con occhio critico facendo un passo indietro. Mi divertivo allora, mi diverto adesso. Qui.
martedì 9 novembre 2010
Pane al pane
Eccolo lì il mio pane, bellissimo, caldo, appena sfornato. Con quell’aroma delizioso che inonda tutta la casa e che mette di buonumore all’istante, soprattutto in giornate come questa, cupe e piovose fin dal mattino, che avresti voglia di tutto tranne che di uscire di casa e dover aprire subito l’ombrello. E’ un pane semplice e fragrante, perfetto per la cena, per accompagnare due fette di salame all’ora di merenda o per spalmarci la marmellata a colazione. Non è una novità, è il pane che faccio sempre, che conosco a memoria e che piace a tutti gli abitanti del pollaio. Oggi però mi è sembrato il pane più buono di sempre, chissà perché. So solo che appena l’ho sfornato, quel velo di malinconia che mi rincorreva da stamani è magicamente scomparso.
Pane di tre farine e tanti semi
Ingredienti:
350 ml. acqua tiepida
25 gr. lievito fresco
200 gr. farina integrale
200 gr. farina Manitoba
200 gr. semola di grano duro
2 cucchiai di fiocchi d’avena
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
mezzo cucchiaino di zucchero
2 cucchiai di semi di girasole
2 cucchiaini di semi di lino
2 cucchiaini di semi di sesamo
Preparazione:
Versare tutti gli ingredienti nella macchina del pane e cuocere con programma normale e doratura scura. Al beep di aggiunta ingredienti versare un cucchiaino di sale fino.
Pane di tre farine e tanti semi
Ingredienti:
350 ml. acqua tiepida
25 gr. lievito fresco
200 gr. farina integrale
200 gr. farina Manitoba
200 gr. semola di grano duro
2 cucchiai di fiocchi d’avena
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
mezzo cucchiaino di zucchero
2 cucchiai di semi di girasole
2 cucchiaini di semi di lino
2 cucchiaini di semi di sesamo
Preparazione:
Versare tutti gli ingredienti nella macchina del pane e cuocere con programma normale e doratura scura. Al beep di aggiunta ingredienti versare un cucchiaino di sale fino.
venerdì 5 novembre 2010
Benedetta tonsillite
Svegliarsi, deglutire e rendersi conto di avere in gola due palle da tennis non è stato proprio piacevole in effetti, soprattutto dopo essermi guardata allo specchio ed aver visto le condizioni in cui erano le suddette palle da tennis, nemmeno fossero state reduci da tutte le partite del Grande Slam; ma in un modo piuttosto perverso, visto che la febbre che sta salendo mi fa dolere tutte le ossa, tremare e battere i denti, ho come apprezzato questo dovermi improvvisamente arrendere all’evidenza, staccare la spina, salutare la curva e restarmene a casa. Malata. Sissignori, proprio malata. Vero è che non c’è nessuno che mi porta il termometro, la spremuta d’arancia o che mi rimbocca le coperte come quando ero bambina, ma questa tonsillite piovuta giù dal cielo come una meteora mi ha quasi fatto piacere. Probabilmente sono pazza, o forse sto delirando a causa della febbre, che io già a trentasette e uno mi sento male, figuriamoci adesso, ma questo senso di resa, di bandiera bianca, di mo’ so’ cavoli vostri, oggi mi conforta non poco. So già che non siederò in panchina a lungo e che tra non molto sarò ributtata in campo a giocare la partita, ma ora come ora non m’importa, avverto uno strano sorrisino di soddisfazione che mi increspa le labbra e mi accoccolo al caldo nel mio letto, in compagnia degli antibiotici, di una tazza di tè, dei libri da finire e di quelli da cominciare e del piccolo schermo piatto della tivù appeso alla parete come un quadro, da accendere alla bisogna. Magari mi addormenterò in un orario assurdo russando in modo scandaloso oppure aprirò le ante dell’armadio e da sotto le coperte inizierò a fare abbinamenti con i miei abiti, il viola col grigio, l’arancio col beige, come insegna la mia fashion guru del momento, dei cui consigli non riesco più a fare a meno ed alla quale prima o poi bisognerà che chieda di fare una lezione sugli stivali, che poi non avrò il coraggio di guardare per paura di leggere che quelli che amo tanto in questi giorni, che mi fanno un po’ corsara e un po’ Robin Hood, siano invece decisamente out. Oppure mi imbambolerò a guardare i programmi televisivi strappalacrime del primo pomeriggio. Qualsiasi cosa andrà bene. Sissignori, oggi sono malata.
giovedì 4 novembre 2010
Sciopero
La pioggia delle notti scorse ha fatto cadere miliardi di foglie, che il sole oggi fa brillare come un tappeto d’oro punteggiato di rame e rubini. Rapide folate di vento ne fanno cadere altre, gialle farfalle svolazzanti che vorticano allegre prima di posarsi un po’ dappertutto, per poi riprendere il volo e posarsi di nuovo. Cammino veloce e ascolto le foglie scricchiolare sotto ai miei passi, volteggiare leggiadre intorno alle mie caviglie. Annuso questo profumo d’autunno che sa di bagnato, di sole e di muffa, mentre i miei pensieri prendono il volo insieme alle foglie, scapestrati e alla rinfusa, senza un inizio e senza una fine. Vorrei non averne nemmeno uno, la mente libera e vuota come questo azzurro luminoso che mi sovrasta e magari dovermi arrovellare per trovare qualcosa su cui riflettere, vergognandomi anche un po’ di aver la zucca così vuota. Oggi non ho proprio voglia di questo sciame disordinato e impazzito, mi chiedo se si possa scioperare con la mente ogni tanto, sarà mica vietato, e da chi poi visto che la mente è mia e me la gestisco io. Troppe storie, troppe beghe, troppi dolori, troppe poesie da risentire, troppi panni da stirare. Guardo in su e vedo questi incredibili rami d’oro fuso protendersi verso il cielo e so che potrei stare ore a guardarli beandomi delle mille sfumature di questo fantastico autunno. Una panchina è semiricoperta di foglie gialle, ha lo stesso sguardo invitante del plaid sul bracciolo del mio divano. In un attimo ho deciso. Mi fermo, mi siedo e guardo gli alberi. Che sciopero sia.
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