lunedì 29 agosto 2011

Rientro e rentrée

Caspita, era davvero dappertutto. Sui cartelloni pubblicitari lungo le strade, negli spot televisivi, nelle vetrine dei negozi, nei reparti appositamente allestiti dei grandi magazzini. Persino l’editoriale di Madame, il magazine femminile di Le Figaro che ho trovato nella nostra camera d’albergo, gli dedicava una pagina intera. Era la crisi internazionale? l’uragano Irene? il pancione di Carlà? No, niente di così soft. Lo spauracchio dei nostri cugini d’oltralpe si chiama rentrée. Nientepopodimenoché il rientro, il ritorno, e non solo quello relativo ai banchi di scuola, ma anche e soprattutto il rientro nei ranghi, al lavoro, alla routine quotidiana dopo le vacanze estive. E giù con tutta una serie di consigli su come affrontare al meglio questo terribile evento, con programmi, sconti, offerte speciali e dritte in quantità. Wow, ho pensato, al confronto il mio lieve filo d’ansia al pensiero di tutte le tesserine del puzzle da rimettere al loro posto da ora alla metà di settembre diventa un gioco da ragazzi. Del resto, se un intero paese ne fa un argomento di importanza nazionale, cosa vuoi che sia se anch’io mi sento un po’ fremere al pensiero? Al massimo mi sentirò un po’ francese, che male certo non fa. Anzi, magari ci sentissimo tutti un po’ francesi, ne guadagneremmo di sicuro, se non altro in termini di pulizia e di senso civico, a partire dalle aree di sosta delle autostrade, così verdi, perfette ed equipaggiate che se ripenso alla nostra merenda nel parco della reggia di Caserta mi viene da piangere. Lo so, lo so, sono polemica, quando torno dall’estero è sempre così, ho il dente avvelenato con questo nostro paese sdrucito e raffazzonato ed inevitabilmente sono io ad essere colpita dalla sindrome del rientro, un altro genere di rientro però. L’occhio mi cade inesorabilmente sulle scritte sui muri, le cartacce in terra, i bagni pubblici vergognosi o inesistenti, i prezzi esosi dei nostri ristoranti e tutto il resto, perché l’elenco potrebbe essere infinito. Vabbè, meglio smettere di far confronti, tra qualche giorno mi sarà passata, lo sguardo purtroppo si sarà riabituato, non si soffermerà più di tanto sulle aiuole incolte e le macchine parcheggiate in terza fila ed io mi farò meno del male.

venerdì 12 agosto 2011

On y va

Eccoci arrivati agli sgoccioli. Di questa estate, che tanto quando si torna e la scuola è alle porte nella mia testa sarà comunque autunno anche se ci fossero quaranta gradi. Di questo anno lavorativo, perché dopo tutto ricomincia, è una specie di capodanno, nuove assegnazioni, nuovi ruoli, nuovi impegni, ricchi premi e cotillon. Di questa settimana fin troppo tranquilla, talmente tranquilla che non ho avuto niente di meglio da fare che farmi venire l'ansia. Dico io, ma ci si può far venire l'ansia in una settimana di calma agostana, con temperature ideali e neanche poi tantissimi panni da stirare? Il galletto mi guarda e scuote la testa, ed io resto lì col groviglio di ferro piazzato sul petto e il rullo di tamburi nelle orecchie quando cerco di addormentarmi. Mah, si potrebbe aprire un corso di laurea su come e quando e perché mi vengono le paturnie, ma forse a ben cercare da qualche parte esiste già. Cerco di rivolgere l'attenzione altrove, all'immediato, al to do che lampeggia rosso nella mia stramba testolina , gli ultimi aggiustamenti all'itinerario che ci aspetta, un paio di prenotazioni on-line, una sessione casalinga di piega-mani-e-piedi, uno sguardo al meteo d’oltralpe, le piante da annaffiare bene e naturalmente i bagagli da fare, cosa che odio ma che mi spetta lo stesso. So già che il bagaglio effettivo sarà come sempre pesante, che ho sempre paura mi manchi qualcosa e regolarmente riporto indietro mezza valigia di roba neanche toccata, ma è quello virtuale che voglio fare leggero, leggerissimo, etereo, praticamente inesistente. Tutte le pesantezze le voglio lasciare qua, chiuse dentro ad un cassetto e prima di partire cercherò di infilarci dentro anche il groviglio di ferro, cogliendolo di sorpresa, quando meno se lo aspetta, distraendolo con una fantomatica ricerca di un pigiama a fiorellini e poi svelta richiuderò il cassetto e nasconderò la chiave, così magari al ritorno avrà fatto amicizia con canottiere e mutande e si sarà dimenticato di me. E se questa tattica non funzionerà sarà il pensiero della Sainte Chapelle, di un giro al Bon Marché, di riabbracciare Pippo dopo tanti anni e di stordirmi con le più nobili delle bollicine a farmi passare le paturnie. Forse anche a farmi fare i bagagli, quelli veri, con un sorriso. No, quello non credo proprio. Al limite un mezzo sorriso và, una lieve increspatura delle labbra, ecco, proprio come quello della Gioconda. Appunto.

venerdì 5 agosto 2011

Ti amo (e ti amerei)

Ti amo e ti amerei comunque
anche se a scuola avessi preso un cinque
anche se scena muta all’interrogazione
o rissa in campo pena l’espulsione.
Ti amo e ti amerei lo stesso
anche se ultima e senza mai un successo
anche se goffa lenta e un po’ impedita
o sciocca e vuota come una cocorita.
Ti amo e ti amerei senz’altro
anche se il cielo non fosse così alto
anche se il sole non brillasse nel tuo sguardo
e non pensassi che tu sei il mio traguardo.
Ti amo e ti amerei per sempre
anche se non fossi buona e intelligente
anche se iena e niente affatto agnello
e sempre pronta e impavida al duello.
Ti amo e ti amerei amore
perché sei tu che illumini il mio cuore
tesoro più prezioso di ogni cosa
mia amata unica figlia favolosa.

lunedì 1 agosto 2011

Il brontolio

Che suono fantastico il brontolio dei tuoni in lontananza, c’è un che di magico e di misterioso insieme, il cielo che da limpido ed azzurro improvvisamente si addensa e si trasforma in una coperta grigia e pesante, di quelle della nonna, quelle che stavano in fondo all’armadio e profumavano di antico. Esco in giardino per togliere dallo stendino quella lavatrice di scarpe che ho fatto ieri sera al ritorno dal campo scout della pulcina, primi fra tutti i suoi scarponi inzaccherati di fango e poi le sneakers ugualmente bisognose di un buon lavaggio, comprese le mie, ed in attesa che arrivino i primi goccioloni resto lì a guardare il cielo, a bearmi del suo colore plumbeo e dei cupi brontolii che si fanno sempre più vicini. Una specie di ninna nanna, potrei addormentarmi lì, seduta sullo scalino del gazebo con la mia bracciata di scarpe in grembo. Mi piace quando l’estate è un po’ diversa come questa, inconsueta, imprevedibile, mi chiedo chissà cos’altro abbia in serbo per me che per un altro paio di settimane sarò ancora qui a sentirmi regina di questa città che si è svuotata all’improvviso. C’è chi dice che ormai il caldo con la maiuscola non tornerà e chi invece ha addirittura annunciato l’arrivo della bolla africana. Vattelapesca. Sia quel che sia, due settimane passano in fretta, dopodiché che importa, noi siamo di quelli che girano le città anche con l’ombrello aperto. E il brontolio dei tuoni è una stupenda colonna sonora.

LinkWithin

Blog Widget by LinkWithin