martedì 23 dicembre 2008

Profumo di festa

Quest’anno lo sento proprio bene, lo avverto sulla pelle e lo annuso nell'aria, con un misto di timore e trepidazione, che a forza di fuggire dal profumo del Natale mi ero quasi dimenticata come fosse, aghi di pino e forno acceso, e adesso è come se non sapessi bene che cosa aspettarmi. Mi muovo in punta di piedi, cercando di non pensare a tutte le delusioni passate ma provando a guardare solo al presente, a questo Natale che ci aspetta dietro l'angolo e a viverlo così come si presenterà, che è già una gioia vedere la picci felice ed emozionata all'idea di trascorrere quel giorno in famiglia anziché in coda per lo skilift, senza aver dovuto pianificare l'ennesima visita anticipata di Babbo Natale, cosa che la faceva sentire indubbiamente speciale agli occhi dei compagni di scuola ma forse anche un po' diversa. Così sarà un Natale di città, con tanto di Messa di mezzanotte e sessione gastronomica ai fornelli, con un pranzo farcito di nonni, zii e cuginetta, e se qualcosa non andrà per il verso giusto sopporterò e sorriderò prendendo solo quello che di buono ci sarà e trattenendolo nel cuore, dimenticandomi del resto. Anche perché la fuga quest'anno è solo rimandata di un paio di giorni e se non sarà una fuga dal Natale, tanto meglio.

giovedì 18 dicembre 2008

La spilla

Forse è stata mia figlia, quando mi ha detto che ancora deve decidere cosa regalarmi a Natale, a farmi ricordare, o forse è stata solo l'angoscia che mi sta avviluppando da ieri, da quando è arrivata la comunicazione che dopo più di due anni di attesa ci sarebbe un posto per te, mamma. L'impiegato che ha spedito la lettera avrà pensato di farci un regalo di Natale, ma per me non è stato così, quando ho visto la busta sapevo già che cosa conteneva prima ancora di aprirla e ne avevo quasi paura. Non so cosa accadrà, visto che mio padre non vuole nemmeno sentirne parlare e molto egoisticamente si rifiuta di ascoltare, ma so che qualsiasi decisione verrà presa sarà comunque dolorosa, mamma, dilaniante e sofferta e che mai e poi mai nella mia vita avrei voluto ritrovarmi a ricoprire questo ruolo di giudice e carnefice senza avere un'altra via di uscita. Il ricordo della spilla, mamma, è scattato così, a pochi giorni dal Natale, proiettandomi indietro di tanto tempo, ma la ricordo così bene quella mattina, mamma, che sembra solo ieri. Era il periodo in cui molto spesso purtroppo non mi mandavi a scuola, per la paura di restare sola con la tua mente che probabilmente sentivi svanire piano piano, ed invece di essere seduta in classe al mio banco ero uscita a comprarti il pane e il latte. Fu così che vidi la spilla nella vetrina della profumeria al di là del ponte, quella proprio accanto al fornaio. Sembrava che brillasse di luce propria, tanti strass bianchi montati nel metallo dorato a formare un graziosissimo bouquet di fiori. Era così bella, mamma, adagiata sul velluto blu come la notte, che non potei fare a meno di pensarti. Era il regalo perfetto per la mia mamma, per me la più bella e la migliore di tutte. Costava tanto, ma ero sicura che i miei risparmi, quelli dentro la bustina di juta rossa che custodivo gelosamente nel cassetto della biancheria, sulla quale avevo scritto a pennarello la frase che mi ripetevi sempre, Leva e non metti ogni bel mucchio scema, sarebbero bastati e per la paura che qualcun altro acquistasse quello che io avevo già deciso essere il mio regalo per te, comprai la spilla il giorno stesso, benché mancasse molto più di un mese a Natale. Ricordo l'espressione della profumiera, che mi conosceva bene e altrettanto bene conosceva la nostra storia, quando mi chiese come mai non fossi a scuola, e come sorrise quando le dissi che quella spilla la compravo per te. Eri l'unica, mamma. Tutto il mio mondo, tutta la mia vita. Lo sei ancora e lo sarai per sempre, qualsiasi cosa accadrà. E' tanto che non rivedo quella spilla, mamma, sono sicura che sarà in un cassetto o nel portagioie in camera tua e quando vengo a trovarti, mamma, anche se sarà per discutere con mio padre, la cercherò, la troverò e te l'appunterò sulla vestaglia. Come ai bei tempi, mamma.

lunedì 15 dicembre 2008

Scrittrice in erba

Hai voglia a dire che certamente non è il Premio Bancarella e che siamo a svariati anni luce di distanza dal Pulitzer, ma accompagnare la propria figlia di nove anni a ritirare un premio letterario è stata un’emozione indescrivibile e solo adesso, che mi ritrovo sola davanti a questo schermo acceso, comincio a riassaporare i momenti e la miriade di sensazioni. Ripenso a quel giorno d’estate quando i miei occhi si posarono sulla locandina del concorso, indetto da un’importante società cittadina, e pensai di proporlo per gioco alla mia piccola scrittrice di casa, la quale accolse con entusiasmo l’idea, in pochi giorni scrisse un bel racconto che poi spedimmo per posta elettronica e ce ne dimenticammo. Fu quella busta grigio chiaro nella cassetta delle lettere a farcelo tornare alla mente, quando un pomeriggio di Novembre al ritorno dal lavoro trovai la lettera indirizzata alla Gent.ma Signorina, e allora capii. L’emozione sul suo visino le arrossava le guance mentre la leggeva e diceva Mamma, hanno scritto proprio a me. Quella busta conteneva un invito ad una premiazione, perché tra più di cento partecipanti adulti e qualche adolescente, il racconto di una bambina di nove anni aveva vinto una menzione speciale da parte della giuria. Così stamattina la delegazione del pollaio al gran completo ha accompagnato la pulcina a ricevere il premio, che sorridente ed emozionata ha ritirato, non dimenticandosi per fortuna di ringraziare, e dichiarando che sì, in effetti proprio in questi giorni sto scrivendo un altro racconto, come nemmeno una scafatissima romanziera ospite da Fazio per promuovere l’ultima fatica letteraria. Io lì, ammutolita dall’emozione, e mentre ascoltavo le parole d’elogio che le venivano rivolte la guardavo, tentando invano di nascondere due lacrime che infischiandosene della mia volontà sono scivolate giù spavalde lungo la guancia. Pare che ci sarà un seguito, chissà. In ogni caso, anche se il tutto si fermasse a questo bellissimo momento, con il libro e il comunicato stampa da tenere come ricordo, la foto, l’applauso e i vassoi di tartine, sarebbe già moltissimo. Forse troppo.

venerdì 12 dicembre 2008

I giorni del flipper

Sono giorni di corsa, frenetici e insaziabili, di quelli che mentre i piedi escono da sotto il piumone e lentamente tastano il parquet alla ricerca delle pantofole, i pensieri nella testa hanno già iniziato a fare le capriole e rincorrersi a destra e a manca rimbalzando sulle sponde della scatola cranica come le palline del flipper. Di tutto, di più. Atro che agenda e calendario strabuzzanti di scritte e post-it fluorescenti disseminati sulla cappa e sotto le calamite, le cose da fare e da ricordare son talmente tante che non basterebbe un'enciclopedia e se anche ci fosse un maggiordomo a farmi da reminder, di quelli british e imperturbabili che non li scuote nemmeno l'Apocalisse, credo che avrebbe qualche problemino pure lui. C’è la messa in piega per la cena natalizia dell’azienda che non si trova un buco dal parrucchiere nemmeno a piangere e deve quindi essere anticipata sperando che nel frattempo le vagonate di pioggia che stanno cadendo dal cielo non mi trasformino la testa in quella della Medusa. Trovare la stoffa verde per la tunica della pulcina che impersonerà la Speranza alla recita di Natale del catechismo, che del resto non ce n'è mai abbastanza, di speranza of course, che di recite e spettacoli ce ne abbiamo da svendere. Tunica che poi dovrà in qualche modo essere confezionata e visto che la sottoscritta ha delle serie difficoltà anche a ricucire un bottone non mi resta che sperare in un miracolo. Poi c'è il tavolo da prenotare per l'aperitivo con i colleghi, le prove del saggio di danza che manco a farlo apposta si svolgerà lo stesso giorno della recita, ma in luoghi ed orari diversi chiaramente, tanto io e il Galletto non abbiamo niente di meglio da fare che scapicollarci da una parte all'altra della città con pulcina e relativi costumi appresso. La pallina continua a rimbalzare e mi ricordo che devo ancora trovare il regalo per il quasi figlioccio quindicenne che non legge niente ma adora le griffes e devo iniziare a infiocchettare gli altri doni acquistati che giacciono tristi ancora nelle buste dei negozi. E visto che una volta impacchettati dovranno pur essere gentilmente deposti da qualche parte, sarebbe bello riuscire a fare l'albero incastrandolo tra gli scatoloni che ancora adornano il soggiorno o meglio quello stanzone strano che un giorno forse lo sarà. Andare poi a fare questi benedetti raggi alla schiena così finalmente qualcuno mi dirà perché vedo le stelle e prenotare il controllo dentistico della pulcina per prenderle le impronte, che la cara dottoressa ci ha fatto il suo regalo di Natale informandoci che, sì, c'è poco spazio, ci vuole l'apparecchio, non siete felici? Dovrei anche decidere cosa cucinare per Natale, telefonare alla mia amica della montagna e scrivere i biglietti d'auguri, che per me un vecchio biglietto di carta e penna biro vale più di mille essemmesse. Provare il completo da sci alla picci perché ci sta che tanto per far cosa gradita al conto corrente debba essere urgentemente sostituito, anche perché non sarebbe affatto divertente ritrovarsi in montagna con una figlia munita di pantaloni alla pescatora. Devo anche aiutare la pulcina a fare la ricerca per gli scouts, che ora ci si mettono pure loro a far fare le ricerche, Tradizioni Natalizie in Oceania, vabbè, vorrà dire che se un bel giorno trascorreremo il 25 Dicembre tra Sidney e Wellington almeno sapremo che cosa ci aspetta. La pallina continua a rimbalzare e ad ogni ding mi viene in mente un'altra cosa da fare. Simpatico il flipper, per carità, quando hai quindici anni e vuoi fare un po' la spacconcella al bar. Ma ora come ora io gli staccherei volentieri la spina.

martedì 9 dicembre 2008

Winter cake

Come dico sempre, niente di meglio di una sessione di pasticceria per scacciare paturnie ed esorcizzare tristezze. Così, visto che la malinconia tardava ad andarsene, ho pensato bene di aiutarla ad accomiatarsi accendendo il forno e aprendo il ricettario, che oltre tutto, dato il clima decisamente invernale, con tanto di nebbia e brinata mattutina, un bel dolce ricco e profumato ci stava proprio bene. Mi sono imbattuta in una ricetta di un cake classico che ho deciso di personalizzare aggiungendo un po’ di frutta di stagione, creando un'ottima versione invernale, adatta ad accompagnare un bollente tè pomeridiano, una pigra colazione della domenica mattina o anche un fine pasto quando ci si accorge che c’è ancora un angolino libero per qualcosa di sfizioso.

Winter cake

Ingredienti:
150 gr. di zucchero
150 gr. di farina
100 gr. di burro
2 uova
1 cucchiaino di lievito vanigliato
2 mele
2 mandarini
pinoli
zucchero a velo

Preparazione:

In una terrina a sponde alte lavorare bene le uova con lo zucchero fino ad ottenere una crema chiara. Aggiungere la farina setacciata, il lievito e mescolare bene. Ammorbidire il burro lavorandolo bene e aggiungerlo all’impasto. Lasciare l’impasto a riposare per 15 minuti. Nel frattempo sbucciare le mele e tagliarle a spicchi sottili, sbucciare i mandarini e tagliare gli spicchi a metà privandoli dei semi. Riscaldare il forno ventilato a 170°, imburrare e infarinare uno stampo rettangolare da plum cake a bordi alti. Aggiungere una manciata di pinoli all’impasto mescolando con delicatezza. Versare un po’ d’impasto nello stampo, metterci sopra i pezzetti di mandarino e ricoprire con il rimanente impasto. Infilare per verticale tutte le fettine di mela nell’impasto, una accanto all’altra, senza premere troppo, fino a ricoprire l’impasto. Spargere sopra un’altra manciata di pinoli e infornare per circa 40 minuti, verificando la cottura con uno stuzzicadenti. Lasciar raffreddare e spolverizzare con zucchero a velo.

giovedì 4 dicembre 2008

Solitudine

Ogni tanto la malinconia bussa alla mia porta e, vuoi per l'educazione ricevuta o per pura solidarietà femminile, non sono capace di lasciarla fuori. Col freddo di questi giorni poi, sarebbe davvero impensabile. Non riesco neppure ad aprire un semplice spiraglio e dire no grazie non m'interessa, come quando passano i Testimoni di Geova o il venditore della Bofrost. Di fronte alla malinconia sono semplicemente disarmata e la porta si spalanca da sé, come aiutata da un colpo di vento, e a quel punto devo per forza fare gli onori di casa, prego si accomodi, dica pure. E mentre lei inizia a parlare, con quel tono triste e monocorde, dentro di me si aprono tutti i cassettini che cerco in genere di tenere ben chiusi, uno dopo l'altro come un effetto domino e in un lampo tutto affiora in superficie, su fino alla gola e agli occhi. Mi rendo conto di essere sola, un cipresso in cima alla collina. La solitudine di un dialogo che non c'è e dover tenere dentro tutte le parole che ho, che tanto non le ascolterebbe nessuno. La solitudine delle domeniche, dei pranzi e delle cene senza nessuno intorno, i nostri tre cuori intorno al tavolo e come unico ospite la tv accesa. La solitudine dei ricordi che affiorano, dell'infanzia che non c'è più, di come è stata e come avrebbe potuto essere, di quello che avrei voluto dalla mia vita e di quello che ho. La solitudine di sentirsi la cattiva di turno, quella che assegna punizioni ed elargisce rimproveri, quella che deve fare il bello e il cattivo tempo perché quando si è soli in cima alla collina il vento ci sferza dalla mattina alla sera. La solitudine del sentirsi inadatta, insicura e soprattutto incompresa. La solitudine che questo mese porta sempre con se, perché so bene che quando nelle strade appaiono le prime luci per me iniziano i pensieri bui. Così, la lascio parlare, l’ascolto, guardando le tessere di questo domino distese in terra come una strada che porta dritta al mio cuore. Quando ha finito la saluto, l’accompagno alla porta e lei, lentamente, se ne va.

martedì 2 dicembre 2008

Diamoci un taglio

Era proprio quello di cui avevo bisogno, quello che i miei capelli reclamavano a gran voce già da un po’ ma che per un motivo o per l’altro continuavo a rimandare. Sbagliando. Perché un taglio di capelli ti rinnova dal di dentro, fa tornare pollastrella anche la più vecchia delle galline e ti senti lucida e intonsa come una caramella appena scartata, tutta da gustare, soprattutto agli occhi di te medesima, che non avevano quasi più il coraggio di incrociare quelli che si riflettevano nello specchio, mentre adesso son talmente spavaldi che proverebbero a interpellarlo per chiedergli chi sia la più bella del reame. Anche se non lo fanno, saggi che non sono altro, che è sempre meglio non esagerare. Però una bella lucidata all’autostima questo taglio a metà strada tra la D’Urso e la Carfagna me l’ha data davvero, e mi rimiro beata avvolgendo una ciocca dietro all’orecchio mentre la perla bianca al lobo rimanda vanesia un guizzo di luce. Ma sì, rimiriamoci e beiamoci di questo nuovo look che le abili forbici del parrucchiere mi hanno regalato, tagliando insieme ai capelli anche una diecina d’anni dalla mia carta d’identità, così mi dicono, che tanto è destinato a durar poco. Il tempo di uno shampoo casalingo e le chiome imbiondite di fresco verranno nuovamente racchiuse da un elastico e, viste le ridottissime dimensioni, assomiglieranno più a una pennellessa di cinghiale che ad una coda di cavallo, ma tant’è. Il gioco è fatto e finché vinco, gioco.

lunedì 1 dicembre 2008

La magia della fata Smemorina

Non vi sarebbe potuto essere un modo migliore per inaugurare questo mese freddo e scintillante delle splendide note di Ciajkovskij che ci hanno avvolte ieri pomeriggio. Il teatro gremito, con quel lieve brusio di sottofondo che resta sempre sospeso nell'aria quando centinaia di volti guardano rapiti la stessa scena. Il direttore d'orchestra che muove rapido la bacchetta che secondo me gli è stata prestata dalla fata Smemorina, tale è la magia che ne fuoriesce e che ci incanta come serpenti appena usciti dal cesto. Il sipario di velluto rosso che si apre frusciando piano a rivelare un fantastico Schiaccianoci, costumi che sembrano usciti da un libro di fiabe e danzatori che ballano come in un sogno sotto a un gigantesco albero di Natale. Sprofondata nella poltroncina guardo affascinata, assorbendo la musica e le emozioni che arrivano a ondate inseguendo violini e arabesque, quando la tua manina si intrufola nella mia e avvicinandoti sussurri, grazie mamma, che bello. Caccio via una lacrima e ti stringo, cosa vuoi che sia tesoro, il regalo è un po' anche per me, e poi vuoi mettere la felicità nel donarti un vero balletto e dirti che infinite ore di sbarra e sacrifici possono anche portare a questo, se lo vorrà il futuro e soprattutto se lo vorrai tu. E se anche resterai spettatrice, che importa: sarà sempre una gioia tornare a sedermi con te in platea tutte le volte che vorrai lasciandoci portare in alto dalle note, dai tutù e dalla magia della fata Smemorina.

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