lunedì 30 maggio 2011

Sempre

Sempre, sempre, sempre. Voglio esserci sempre per te. Per guardarti mentre dormi. Per arrabbiarmi quando mi sfidi con gli occhi di brace. Per abbracciarti stretta come a volerti far tornare nella mia pancia ed annusare quel profumo unico che hanno i tuoi capelli al mattino. Sempre. Per ridere con te fino a lacrimare. Per piangere con te fino a singhiozzare. Per aiutarti oggi ad abbottonare la camicia del branco e domani i mille bottoncini di un vestito da sposa. Sempre. Per guardarti in quegli occhi acquamarina così simili a miei e vederci un pezzo di me, un pezzo di tuo padre ed anche un pezzo che non è lui e non sono io ma sei solo tu, unica e speciale. Per rispondere alle tue domande e ai tuoi perché, anche quelli più scottanti che ultimamente stanno arrivando a raffica. Per risentirti i verbi in francese. Per sentirmi dire che non mi sopporti più e per sentirmi gridare basta. Sempre. Per vederti crescere ogni giorno di più, e capire che se anche mi fa un po’ male vederti allontanare piano piano ed iniziare timidamente a fare i primi voli, è giusto che sia così e sempre io ci sarò. Per te. Per una parola, per un aiuto, per un sorriso, per tutto quello che una madre può dare ad una figlia. Per me. Sempre. Io ci sarò sempre.

giovedì 26 maggio 2011

Che zeppa sia

Zeppa fa rima con estate, c’è poco da fare. E se io d’inverno non indosserei stivali zeppati neanche se mi pagassero, con l’arrivo del caldo mi riscopro innamorata delle zeppe che sì, è vero, hanno pure un che da tangenziale, ma sono troppo simpatiche e frivole per non amarle. E poi io al massimo ci abbino un paio di capri, mica gli shorts di latex. Insomma, credo che coadiuvate dagli accessori giusti, anche le zeppe possono essere chic. Ne sono convinta. Il fatto che non portando praticamente mai i tacchi io non ci sappia assolutamente camminare e che in cima a questi undici centimetri e mezzo di zeppa e plateau io mi senta in bilico come se fossi sul cornicione più alto dell’Empire State, è un altro discorso. Le guardo e le adoro. Laccetti color khaki ed un grande fiore sbocciato sul collo del piede, son già lì a valutare il colore giusto per lo smalto, indecisa tra un tortora e un grigio chiaro, magari illuminato da una passata di glitter. Lo so, rischio di andar giù sdraiata sul marciapiede e di giocarmi una caviglia. Ma visto che ultimamente cadono anche le indossatrici durante le sfilate forse non sarà quel gran dramma, e se mi rialzerò zoppa e dolorante, avrò il sorriso sulle labbra. Giuro.

mercoledì 25 maggio 2011

Di luce e batticuore

Fuori è già buio, abbiamo finito di cenare tardi stasera. Attraverso la zanzariera mi arriva il silenzio della notte appena iniziata. Esco in giardino per scuotere le briciole dalla tovaglia e lasciarle in dono ai passerotti che domattina banchetteranno allegri quando noi ancora staremo dormendo. Non accendo la luce esterna, ormai i due passi da percorrere li conosco a memoria, e poi dalle altre persiane esce comunque il riverbero della televisione accesa. Vengo avvolta dal buio e dal profumo inebriante del gelsomino che con questo caldo è già completamente fiorito e resto lì, ferma, la tovaglia buttata su una spalla come un mantello, ad annusare l’estate che sembra davvero già arrivata. Poi, improvvisamente, mi accorgo di loro. Omioddio, ma sono tantissime. Ma cos’è, un esercito, un raduno, un assembramento, un corteo non autorizzato? Magari a guardare attentamente si distinguono cartelli e megafoni. Ma no, che sciocca, loro sono lì a fare vasche su vasche, come la domenica pomeriggio lungo il corso, per vedere e farsi vedere, col vestito buono, quello dello struscio per le vie del centro. Beh, di sicuro l’abito è proprio quello da gran gala, che nemmeno al red carpet più trendy del pianeta si è mai vista una mise più fashion di questa. Un abito da sera fatto interamente di luce, luce purissima e magica, che per brevi istanti illumina le foglie, i fiori e il muro del mio giardino di una poesia incredibile, istanti scanditi dal battito di tanti piccolissimi cuori. Resto lì ipnotizzata a guardarle, ne seguo i movimenti, le studio, rapita dalla loro magia. La pulcina mi raggiunge e ci godiamo insieme lo spettacolo, abbracciate, mute e affascinate, fino a che una di loro si infila dentro un fiore di rododendro trasformandolo in una lampadina fucsia intermittente, facendoci scoppiare a ridere. Rientriamo e ci prepariamo per andare a dormire, ma la notte sembra improvvisamente più dolce, più amica. La magia delle lucciole è ancora dentro di noi.

venerdì 20 maggio 2011

La cena delle ciane

Invece che due volte all’anno dovremmo trovare il modo di incontraci due volte al mese, risparmiando un po’, chi sulla palestra, chi sullo shopping e chi sul parrucchiere, ma sicuramente ne varrebbe la pena. Un vero e proprio investimento in buonumore, che di questi tempi vale mille volte di più di qualsiasi azione o titolo di stato. E’ stata una serata così bella, sei amiche sedute intorno al tavolo del ristorante, chi sportiva e chi assolutamente in tiro, la voglia di chiacchiere e di risate che traspariva degli sguardi e dai sorrisi come un’insegna al neon e poi brindare a noi, alle nostre vite ed al momento, e poco importa se in qualche calice c’era solo l’acqua minerale. Le parole volteggiano tra noi come farfalle, si parla del serio e del faceto, delle banalità e delle vacanze, dei figli e delle suocere, della cipolla di Tropea che ci lascerà un respiro da oltretomba e di quel tamarro travestito da dandy che da un paio di tavoli più in là non fa che occhieggiare la più giovane del gruppo che ovviamente non manchiamo di massacrare a dovere. Il cameriere ci guarda tra il divertito e il preoccupato, conosce bene il tipo di clienti che rappresentiamo, e sa già che saremo le ultime a liberargli il tavolo stasera, abbiamo troppe cose di cui parlare, si dovrà accontentare di sistemare tutti i tavoli intorno e lasciarci lì a parlottare anche quando il locale sarà pressoché vuoto, le candele si saranno consumate e lui avrà una gran mal di piedi e tanta voglia di andare a dormire. Oh sì, una sana serata di ciane, che meraviglia. Per ridere fino a rischiare la paresi facciale o ritrovarsi gli occhi improvvisamente inumiditi. Per capire e per capirsi. Per guardarsi negli occhi ed avere lo stesso pensiero, per tornare a casa a notte fonda inciampando nel buio e pensare che sì, un paio di volte all’anno sono davvero troppo poche.

martedì 17 maggio 2011

Lo scambio

Per la verità è cominciato in sordina, non ci avevo fatto neppure caso. Mamma, prendo il tuo burro cacao. Poi si è andato lentamente allargando, ma sempre in modo molto saltuario. Come mi sta il tuo gloss? oppure mi sono legata i capelli con il tuo elastico nero. Ma fin lì mi pareva tutto nella norma, comportamenti dettati dalla praticità del momento o da un pizzico di vanità. Poi siamo arrivati al perché non facciamo che io posso usare qualche volta la tua sciarpina e tu la mia? e lì ho cominciato a capire ed a realizzare che stiamo entrando, anzi siamo già entrate nella vera e propria fase dello scambio. Da figlia unica qual sono, sono cresciuta ascoltando le amiche che parlavano di sorelle con le quali scambiavano abiti, scarpe e accessori di ogni genere, avvertendo una sensazione in bilico tra l'invidia e il timore. Se per un verso mi sarebbe piaciuto poter fare altrettanto, per l’altro avrei avuto anche un po’ paura degli effetti di questa condivisione, visto che ogni tanto mi giungevano alle orecchie lamentele su vestiti sciupati, scarpe graffiate od orecchini perduti da questa o quella sorella maldestra o distratta. Quella che sto iniziando a vivere adesso è quindi una sensazione tutta nuova ma mi accorgo che mi piace parecchio. Immagino ci sia molto tempo ancora per condividere scarpe e vestiti, se mai ci arriveremo, viste le dimensioni piuttosto contenute della pulcina che non credo arriverà mai a calzare un trentanove-quaranta e che con molta probabilità si fermerà una diecina di centimetri sotto di me, ma il pensare che la sciarpina a pois rosa che indossavo ieri, oggi ha seguito mia figlia sui banchi di scuola mi fa stare bene. E’ un pezzettino di lei che resta con me ed un pezzettino di me che va avanti con lei. Lei indubbiamente si sente un po’ più grande con il mio elastico alla coda di cavallo o il mio gloss leggermente brillantinoso sulle labbra, ed io mi sento tornare fanciulla con la sua sciarpa color caramella o con i suoi braccialettini di cristalli colorati comprati dai cinesi. Immagino che il prossimo sarà il mio smalto nuovo grigio chiarissimo e sto già valutando di rilanciare con la sua collanina lunga, quella con una mini Alice e una maxi teiera. Interessante davvero questa tecnica, mi piace assai. Mai troppo tardi per imparare qualcosa.

mercoledì 11 maggio 2011

Il giorno perfetto

Anche se il giorno perfetto in realtà non credo esista, questo avrebbe tutte le carte in regola per diventarlo. La luce che entra prepotente dalle finestre spalancate, insieme al cinguettio degli uccellini e ai suoni ovattati della città che si sentono in lontananza. L’aria fresca, appena pungente ma già pronta a scaldarsi appena i raggi arriveranno più dritti. La prospettiva di una mattina intera davanti a me, senza le scartoffie della scrivania ma solo un foglio bianco da riempire a piacimento, in ordine sparso e con qualche ghirigoro astratto, come quelli che si fanno mentre si parla al telefono, fiorellini, cuoricini, stelline e quei buffi lampi di luce che disegno da sempre e che mi porto dietro in eredità dalle migliaia di Topolino letti da bambina. Le cose da fare sono una tonnellata, non è che ci si ritaglia un giorno libero così per non far nulla e star lì a pettinare le bambole, ma si decideranno le priorità a seconda del momento e dell’umore, e se tra la sistemata all’armadio delle scarpe, il bucato da stendere, la telefonata ai carabinieri, che sì oggi c’è pure quella da fare e per motivi molto poco romanzeschi, e la valutazione delle strutture alberghiere che mi stanno rispondendo dalle Alpi alle piramidi o giù di lì, avrò voglia di ipnotizzarmi un po’ davanti ai bocci dell’orchidea che si stanno allungando a vista d’occhio, lo farò. E poi chi l’ha detto che il giorno perfetto non esiste, forse è solo questione di come lo si guarda.

giovedì 5 maggio 2011

Ma è maggio

Mi chiedo se serva davvero correre così. Ogni giorno, dalla mattina alla sera, una corsa continua, sempre e comunque. Quasi non mi accorgo del passare dei giorni, in ufficio non riesco neppure più a guardare il sito delle previsioni del tempo e a volte è addirittura difficile riuscire ad alzarmi per andare in bagno, per poi correre quando ovviamente sto per farmela addosso. E meno male che è un lavoro che mi piace e dal quale riesco ancora fortunatamente a liberarmi per qualche pomeriggio alla settimana. Ma anche quando non sono alla scrivania continuo a correre, a fare tabelle di marcia, programmi e scalette talmente fitti che poi è ovvio lasciar fuori di tutto. Lo so, è il periodo, a maggio è tutto un susseguirsi di impegni di ogni tipo, colore e tonalità, tutti importantissimi e tutti irrinunciabili. Ci sono gli spettacoli della pulcina, che quest’anno tra impegni scolastici ed extrascolastici spaziano dalla danza, al teatro e perfino al musical, ed ovviamente in date e tempi diversi ma difficilmente incastrabili tra loro. Ci sono i compleanni a cui partecipare e quelli da organizzare, regali da comprare, inviti da stampare, magliette da dipingere. Ci sono i colloqui con i professori, dozzine di verifiche a raffica, flauto da ascoltare, epica da risentire e inglese da memorizzare. Ci sono i pranzi e le cene di fine anno di tutto e di tutti, che adesso è la moda e chiunque si sia visto perlomeno due o tre volte nell’arco di un inverno deve fare una festa di fine anno pena il disonore, e così si scatenano i gruppi, il barbeque del catechismo, la cena delle ex-mamme delle elementari e l’apericena delle mamme delle medie, che ovviamente mica sono le stesse sennò sarebbe troppo facile, il picnic degli scout, la pizza con il gruppo di danza, la cena con gli amici, che sono spalmati tra ex-elementari, medie e outsiders, e perfino un dopocena dei sommelier. Ma è maggio, bisogna portare pazienza. Poi allo scoccare della fine della scuola, dopo gli ultimi saggi, i baci e i saluti, tutti come al solito spariranno in uno sbuffo di fumo come cancellati da una bacchetta magica e chi li risentirà più fino a settembre. Ma perché proprio ora, tutto questo correre, questo frullare a destra e a manca. Non avere il tempo per alzare lo sguardo e soffermarmi a guardare ciò che mi circonda nel mese più bello dell’anno è un delitto, un’eresia. Proprio adesso che il pulviscolo vola nei raggi del sole brillante come non mai, che il caprifoglio è una cascata infuocata, che le azalee indossano dei rosa e dei viola così accesi da sembrare uscite da un cartone animato, che l’aria è così dolce, tiepida e leggera sul volto e sul cuore. Ma è maggio, perdiana, è maggio.

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