martedì 29 giugno 2010

Fragile

Se potessi non verrei a trovarti mamma. Non entrerei nella tua camera, non mi avvicinerei al letto, non ti guarderei, non allungherei la mia mano per accarezzarti, non ti massaggerei la gambe indolenzite dai crampi, non poserei lo sguardo su di te, sulla tua sofferenza, sul tuo male che ti sta portando via ogni giorno un poco di più. Una pugnalata dritta al cuore mi farebbe stare meglio. Non voglio ricordarti così, disperata, bianca, le ossa tristi sotto al lenzuolo, la mano che non riesci più ad aprire. Non voglio, non voglio. Voglio chiudere gli occhi e rivedere i tuoi occhi verdi pieni di allegria, le pantofole rosa con i tacchetti ed il pon-pon di piume di struzzo che adoravo e che indossavo sempre per giocare alle signore, il tuo smalto rosso scuro, gli zatteroni degli anni settanta, le risate che ci facevamo insieme giocando a rubamazzo e le lacrime che mi asciugasti sorridendo quando lessi Pattini d’Argento. Non posso vederti così, non riesco, vorrei poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, e mi trovo impotente, incapace. Ci sono momenti in cui mi odio per non riuscire a stare più tempo con te, per questa mia codardia che mi fa fuggire dalla sofferenza che mi travolge ogni volta che vengo da te. Voglio ricordare la tua dolcezza, le tue parole sempre perfette e giuste per ogni occasione, la comprensione, l’amore immenso che mi hai donato e che io non riesco a ricambiare allo stesso modo. Mi scopro egoista, mamma, non credevo di esserlo. O forse è solo paura, una fuga dal dolore che so di non poter più sopportare. Oggi è andata così, sono quasi scappata da te, non ce l'ho fatta, è stato più forte di me. Perdonami mamma, sono solo una figlia provata da tante vicende, come un antico cristallo incrinato.

venerdì 25 giugno 2010

Un blazer per dimenticare

No, sarebbe meglio dire per ricordare, sì, per ricordare sempre. Di non aspettare mai, di non dormire sugli allori, rimandare, posticipare, pensare che figurati se proprio a me. Non dobbiamo farlo mai. L’abbiamo tolto in tempo, mi ha detto senza tanti preamboli il dermatologo dopo aver letto il risultato dell’esame istologico appena giunto per posta, stava diventando un melanoma. L’ho guardato come imbambolata. Mi ha sorriso e dato un buffetto sulla guancia, per un pelo. Poi mi ha salutata e mi ha detto di rivedersi a settembre. Sono uscita nuovamente da quello studio con gli stessi pensieri di un mese fa, che frullavano e si rincorrevano come uccellini in una voliera sbattendo le ali di qua e di là. Per un pelo. Mica mi è piaciuta molto quella frase, anzi per niente. Ho ripensato al fatto che in realtà sarei dovuta tornare al controllo in marzo ma il cataclisma familiare che mi stava travolgendo aveva fatto sì che avessi rimandato, prima poco e poi di più, fino ad arrivare a maggio. Per un pelo. Chi lo dice quanto sia lungo un pelo, forse un altro mese non sarebbe bastato, o forse altri sei, o dodici. Non riesco a sentirmi sollevata. Avverto un peso in gola, una via di mezzo tra una pallina da tennis e un ferro da stiro, non si muove da lì. Intimorita. Ansia da tagliare col coltello, più spessa e densa della nebbia invernale. Poi mi scuoto. Per un pelo. Vabbene, per un pelo, ma adesso basta con i peli. D’ora in avanti la lunghezza la misureremo in iarde, chilometri, miglia nautiche e magari anche parsec. Ho deciso. O perlomeno ci proverò. Mi guardo in una vetrina e sorrido al mio riflesso. Entro da Zara, vedo un blazer grigio perla, me lo provo, perfetto, capisco di essermene già innamorata. Non ci penso mezzo secondo e vado in cassa a pagare questo regalo che ho deciso di farmi così, all’improvviso. Per festeggiare me stessa, per le tre candeline di questo mio angolo terapeutico che è diventato così importante per me, ma soprattutto, per ricordare.

mercoledì 23 giugno 2010

Il resto è vita

Andata. Fatta. Finita. Caspita, non ci credo. Tengo ancora stretto il cordless, appiccicato all’orecchio, anche se la trasmissione è finita, il collegamento telefonico è stato tagliato e si sente solo il tu-tu-tu della linea caduta. Praticamente sono ancora in trance, euforica e catatonica al tempo stesso. Una sensazione stranissima, unica, inafferrabile. Anche se ero al telefono è stato come se stessi parlando con la televisione, come una di queste nonne che a forza di farsi compagnia tutto il giorno con i programmi televisivi finiscono con il conversare con i volti noti come se fossero lì dentro casa loro, discutendo di ricette con la Clerici o di previsioni del tempo con Giuliacci. In effetti una parte di me non riusciva veramente a realizzare che quella voce inconfondibile stesse realmente parlando con me. Fatico a ricordare le parole, ma cosa ho detto di preciso? Oddio, speriamo di non aver detto spropositi. Non vedo l’ora di risentirmi, anche se so già che non mi piacerò. O forse sì, chissà. E che emozione incredibile l’aver ascoltato quelle mie parole lette in modo così perfetto dal doppiatore Rai. Sembravano diverse, nuove, lucidate con cura. Difficile credere che fossero veramente le mie. Beh, è andata, non sono svenuta, anche se ad un certo punto mi sono resa conto di avere la lingua cartonata, ed ho pure sorriso, quasi riso per la verità, sì questo lo ricordo bene. L’adrenalina scorrerà ancora per un bel po’ e sarà difficile riuscire a prender sonno. Se ho tutta la notte per cercare di ricordarmi che cosa ho detto, non ho certo bisogno di stare a pensare per ricordare invece ciò che ha detto lui. Soprattutto quella frase, l'ultima, che quando l’ho ascoltata ho capito che non stavo sognando né parlando con la tivù. Il resto è vita.

Link in alto a destra, cliccando sul logo "L'uomo della notte" si apre il file audio. Altrimenti direttamente dal sito della trasmissione entrando in 'Puntate in Archivio' e scegliendo quella del 23 giugno 2010.

domenica 20 giugno 2010

Crumble di fragole, more e mirtilli

Era da un po’ che avevo voglia di sperimentare un crumble, ne avevo letto da più parti, anche dalla bravissima Alex, e tutte le volte mi ripromettevo di farlo, così quando ho trovato i frutti di bosco in offerta al supermercato non ho resistito alla tentazione e, non seguendo una ricetta specifica ma attingendo qua e là e aggiungendoci pure del mio, ho sfornato questi crumbles monoporzione, facili, carini e soprattutto buonissimi. La ricetta tradizionale vuole che questo dessert sia servito tiepido accompagnato da gelato o panna montata ben fredda. Io li ho gustati anche a temperatura ambiente e li ho trovati comunque ottimi.

Crumble di fragole, more e mirtilli

Ingredienti:
200 gr. di fragole
125 gr. di more
125 gr. di mirtilli
120 gr. di farina
60 gr. di burro
70 gr. di zucchero
granella di mandorle
cannella in polvere

Preparazione:
Accendere il forno a 180°. Lavare i frutti di bosco e farli sgocciolare in un colino senza asciugarli. Imburrare il fondo di una profila o di piccole pirofile monoporzione e disporvi i frutti di bosco interi, tagliando a metà solo le fragole qualora fossero molto grandi. Mettere nella coppa di un robot da cucina la farina, lo zucchero, il burro tagliato a dadini e mezzo cucchiaino di cannella in polvere e frullare rapidamente con le lame per pochi secondi, fino ad ottenere un impasto sbriciolato. Aggiungere un cucchiaio di granella di mandorle e mescolare leggermente. Versare l’impasto sopra ai frutti di bosco senza livellare né pressare. Cuocere in forno a 180° per circa 35 minuti, fino a che la superficie non sia ben dorata. Servire tiepido o a temperatura ambiente.

mercoledì 16 giugno 2010

Radio Gallina

Lì per lì ho pensato a uno scherzo. Poi ben sapendo che c’era chi aveva già dato, più di una volta e con grande maestria tra l’altro, ho realizzato che forse non si trattava affatto di uno scherzo, ed è lì che sono stata colta dal terrore. Perché un conto è guardare la tv, leggere un giornale, ascoltare la radio, appassionarsi, immergersi, condividere, spaparanzata sul divano di casa, seduta in bus o in piedi all’asse da stiro, tutt’altro conto è ritrovarsi improvvisamente dall’altra parte della barricata. E che barricata poi. Qui si parla di Rai Radio Uno, mica Radio Frittole perbacco, con tutto il rispetto per le piccole emittenti sparse ovunque nello stivale. A questo punto la salivazione era praticamente azzerata, la tachicardia mi suonava un concertino di grancassa nelle orecchie e lo sguardo pallato era immobilizzato sulla mail che avevo appena ricevuto e che mi faceva capire che dopotutto non era uno scherzo. Quando poi ho capito di cosa si trattava, un’intervista radiofonica, e soprattutto condotta da chi, mi è preso veramente un colpo e non sono riuscita ad avere un pensiero coerente per almeno un’ora. Un’intervista? A me? Maurizio Costanzo che intervista la Gallina? Non esiste. Improvvisamente mi sono scorse davanti agli occhi una raffica di immagini, mosse e un po' sgranate, come un vecchio filmino in super otto proiettato sul muro della sala. Ho rivisto me stessa nel lettone con mia madre, negli anni in cui eravamo sole, sarà stato il 1977 o giù di lì, la televisione accesa in fondo al letto, lei che mi diceva di dormire perché il giorno dopo c’era la scuola, io che facevo finta e sbirciando la tv di nascosto lo vedevo aprire quella strana finestra e parlare con i suoi invitati. Ho rivisto le mie lunghe serate di adolescente al tavolo della cucina, che a quell’epoca mica si usciva sempre come fanno i ragazzi di adesso, e dopo il film o il varietà aspettavo sempre l’inizio del MCS per vedere chi erano gli ospiti e decidere se stare alzata a guardarlo e per un verso o per l’altro c’era sempre qualcuno che mi intrigava e le ore si facevano piccole. Mi sono rivista ragazzina, telefonare alle radio per dedicare canzoni in diretta all’amica del cuore o alla cotta del momento, e quando il deejay mi chiedeva le solite cose, il nome, la canzone, la dedica, mi tremava talmente la voce che quasi non ricordavo neppure più perché avessi chiamato. Così mi chiedo cosa mai ci possa fare la Gallina su Rai Radio Uno intervistata da Maurizio Costanzo, dopo che un doppiatore Rai dalla voce morbida e perfetta avrà letto qualcosa che proviene dritto dritto dal mio pollaio. Non so. Non so più nulla. Penso a quanto ne sia incredibilmente onorata, davvero. Penso a come suoneranno orribili via etere le mie fiorentinissime c e t aspirate, che già non sopporto neppure di sentire la mia voce sulla segreteria telefonica. Penso a cosa cavolo dirò. Penso che forse morirò di paura. O che sicuramente, non poteva esserci regalo più bello per il terzo compleanno di questo umile luogo di vaneggiamenti assortiti. Insomma, chi soffre d’insonnia, chi passa di lì per caso, chi stira di notte per approfittare del fresco, chi guida i tir lungo le autostrade e chiunque ne abbia voglia, martedì 22 giugno a mezzanotte e venti o giù di lì, che in realtà sarebbe già il 23 ma chi mai dice la data del mattino dopo quando non si è ancora andati a letto vorrei tanto saperlo, potrà ascoltare i miei vaneggiamenti in diretta. Se l’emozione non mi avrà stesa prima.

lunedì 14 giugno 2010

L'ultimo giro di giostra

La prima metà di giugno è sempre incasinatissima, un tourbillon di impegni e di avvenimenti, scolastici e non, recite, feste, prove, spettacoli, ultime verifiche, gavettoni, costumi da rifinire, che vivo in un crescendo di quella strana emozione che unisce la gioia alla malinconia. Giornate troppo piene, in cui il tempo sembra non bastare mai. Poi, improvvisamente, nell’arco di pochi giorni tutto finisce, e mi ritrovo un po’ spenta, con una strana sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco, come un palloncino sgonfio quando la festa è già finita. Nell’arco di un weekend ho salutato la scuola e i cinque bellissimi anni che la pulcina vi ha trascorso, e il fatto che continuerà a varcare lo stesso cancello fino alla fine di luglio non è affatto la stessa cosa, che senza i compagni di classe, le maestre e quel clima speciale, no, i centri estivi non sono neppure lontanamente paragonabili. Ho pranzato all’aperto con tutta la classe, le solite chiacchiere, le ultime notizie sulla scuola media, il gossip sulla preside che forse resta e forse va, dove andrete di bello in vacanza, dammi la ricetta del tuo cheese cake altrimenti ti tolgo il saluto, mentre i bambini ligi al copione si dividevano immediatamente, incuranti dei trentacinque gradi all’ombra, i maschi a correre nel prato dietro al pallone, le femmine a dondolarsi in altalena raccontandosi segreti e risate. Ho assistito muta e incredula allo spettacolo di danza della pulcina che, anche se è pur vero che ogni scarafone è bello a mamma sua, non ho potuto negare a me stessa l’evidenza che quella che stavo vedendo sul palco, sicura di se, brava e tremendamente espressiva, fosse proprio mia figlia, mentre nel mio cuore si scatenava una tempesta di meravigliose emozioni. I baci, gli abbracci, i fiori, le foto, i saluti. Poi, in un attimo, la giostra si ferma. La girandola che roteava impazzita improvvisamente si arresta, in attesa che il vento ricominci a soffiare a settembre. Mi sento strana, svuotata. Un po’ triste, un po’ no.

giovedì 10 giugno 2010

In vino veritas

Sulla pancia mi è spuntato un bel ricamino di cinque o sei punti, piuttosto bruttarello a dir la verità, che la tintura rossa delle medicazioni quotidiane rende ancora più sinistro e che, molto probabilmente, si trasformerà in una simpatica cicatrice che decorerà per sempre la mia pelle. La cosa però in realtà mi lascia piuttosto indifferente, non mi importa granché di ritrovarmi con questo tatuaggio poco sopra all’ombelico. C’è chi si fa apposta una vezzosa farfalla sulla spalla e chi si immortala la caviglia con una lucertola maliarda. Io avrò un salame sulla pancia. Del resto il mio amore per gli insaccati è noto, quindi non mi parrebbe neppure tanto fuori luogo. E poi forse pian piano sbiadirà. In ogni caso chìssene, come dice in gergo scolastico la mia figliola. La cosa importante sarà il responso che mi arriverà per posta, nient’altro. Così, visto che i punti tirano, pizzicano, dolgono un po’ e devo cercare di evitare sforzi particolari, ignoro bellamente il Kilimangiaro di panni da stirare e mi dedico a scaricare un po’ di fotografie dalla mia macchinetta che ultimamente lavora a pieno ritmo. Riguardare le foto di giornate liete e serene fa bene all’anima, bisognerebbe proiettarle tutti i giorni sui muri di casa per ricordarsene e gioirne, anziché seppellirle in un angolo remoto del disco fisso del pc. Giorni di sole e di campagna toscana, di bicchieri di vino, di botti, di cantine e vigneti a perdita d’occhio. Maggio è un mese ricco di questi avvenimenti, che ogni anno diventano sempre più numerosi e che il galletto non si perderebbe mai per niente al mondo, trascinando nei suoi girovagare per vigne e fattorie anche me e la pulcina, che a forza di bazzicare questi luoghi stiamo diventando anche noi delle vere appassionate. Lo splendore della tenuta Ruffino di Poggio Casciano ci ha accolti in una mattina luminosa, facendoci trascorrere una giornata speciale ricca di emozioni e sensazioni, percorrendo i curatissimi vialetti dei giardini all’italiana, nella frescura delle cantine di pietra o sorseggiando un buon vino nella terrazza inondata di sole e di vento. L’eleganza della tenuta Il Borro nei colli aretini, tra splendidi cavalli, boschi secolari e infiniti vigneti, dove nella giornata dedicata a Cantine Aperte siamo stati accolti con gentilezza e grande ospitalità. La semplice bellezza della tenuta Vitereta, dove nella stessa occasione abbiamo fatto una grandiosa merenda a base di squisiti salumi, incredibili formaggi e naturalmente dell’ottimo vino, mentre il sole iniziava a calare lentamente e il vento faceva increspare di mille piccolissime ondine l’acqua turchese della splendida piscina. Sorrisi, chiacchiere, risate. Ricordi bellissimi, di giorni semplici e puri, sinceri, fatti di poco o di niente. Ricchi di quello che basta.








lunedì 7 giugno 2010

Mattino

Che bello il mio giardino a quest’ora. La luce ancora lieve, che si fa ogni momento appena più intensa. L’allegro concerto di cinguettii che proviene dagli alberi e dai cespugli. Gli insetti che iniziano placidamente a ronzare. Fra pochi minuti la giornata decollerà, come sempre, con i suoi ritmi serrati, il chiasso, il rumore e il sempre troppo poco tempo a disposizione per soffermarsi a guardare ciò che mi circonda; ma adesso no, sembra che questi minuti siano eterni, che il mio sguardo possa vagare su questa pace verde e fiorita fin quando ne ha voglia. Osservo le teste fiorite delle ortensie nuove e le trovo bellissime. Che importa se dovevano essere azzurre e sono invece di un pallidissimo avorio rosato. In questo momento per me sono semplicemente perfette. Sorseggio lentamente il caffè, assorbendone piano l’aroma mentre i pensieri sulla giornata che mi aspetta iniziano a farsi largo tra loro, sgomitando per salire alla ribalta. Una riunione in ufficio. Un pomeriggio di corse. Una serata a teatro a veder recitare gli amici della pulcina. Beh, non c’è male. Mi accorgo che la luce è diventata più fiera, più allegra. Credo sia giunto il momento di partire. Un ultimo sguardo alle ortensie. A domattina.

sabato 5 giugno 2010

Torta Smarties (ovvero la torta perfetta)

E’ vero, in genere si pubblicano ricette proprie, esperimenti culinari di cui si va particolarmente fieri, o che magari sono stati addirittura flop clamorosi, e l’idea di inserire questa torta che sembra uscita direttamente dalle pagine di Topolino tra il mio becchime per polli sul momento non mi pareva cosa granchè giusta. Però è anche vero che sono molti anni ormai che non può arrivare un compleanno nel pollaio, che sia quello vero o quello farlocco, che la pulcina non richieda tassativamente di festeggiare con la sua amatissima torta Smarties. Che nacque per caso un compleanno ormai lontano, dove le candeline saranno state quattro o cinque al massimo, e dove il tempo scarseggiava talmente tanto che decisi di ricorrere alle buste. Per tutto poi, mica solo per la torta, che quando si decide una cosa la si porta a compimento per intero. Così, torta in busta, crema in busta, glassa in busta con unica eccezione le simpatiche pastiglie colorate, che com’è noto provengono da un tubo. Fu un successo incredibile, inimmaginabile. Tutti a chiedermi la ricetta. Ed io a promettere e rigorosamente a non mantenere, che mai e poi mai rivelerei ad amici e parenti che una delle mie torte non proviene dalle mie mani. La reputazione va un po’ salvaguardata, che diamine. Del resto anche i cuochi non ammetterebbero mai neppure sotto tortura di usare i dadi da brodo, tranne ovviamente quel gran pezzo di cuoco dello spot pubblicitario, ma sotto sotto son convinta che ogni tanto li usano eccome. Ed ecco che una torta facilissima e squisita è diventata il must di ogni compleanno. Come per il quasi-compleanno della pulcina di qualche giorno fa. Le avevo proposto il cheese cake, il rotolo di fragole e panna, una crostata alla Nutella. Non c’è stato verso, anche per i suoi quasi-undici anni, ha voluto solo lei.

Torta Smarties

Ingredienti:
una busta di preparato fresco per Torta Margherita Buitoni
una busta di crema pasticcera Paneangeli
300 ml latte fresco
una busta di glassa al cacao Paneangeli
Smarties, Mini Smarties, granelli di zucchero colorati

Preparazione:
Cuocere la torta in forno secondo le istruzioni sulla busta. Nel frattempo preparare con le fruste elettriche ed il latte la crema pasticcera e conservarla in frigo. Quando la torta si sarà raffreddata tagliarla orizzontalmente e farcirla con la crema. Immergere la busta di glassa in acqua bollente o passarla al microonde e poi versarla sulla torta avendo cura di ricoprirla tutta. Decorare con Smarties grandi e piccole e granella colorata. Far solidificare la glassa a temperatura ambiente e poi tenere la torta in frigo fino ad una mezz’ora prima di servire.

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