venerdì 29 agosto 2008

Vecchio e nuovo

Che strani questi primi giorni nella casa nuova, che nuova non è visto che è sempre quella vecchia ma che è così cambiata da sembrare nuova. Abituarsi a salire la scala per andare a dormire ma andare nello stesso luogo per cucinare, percorrere i soliti passi per andare in bagno con la differenza che non si incontrano più una porta e un paio di muri lungo il tragitto e avere la consapevolezza che volendo però si potrebbe pure scegliere visto che di bagni adesso ce ne sono due, anche da pulire ora che mi sovviene. Mettere i panni nella lavatrice piegandomi in due come una contorsionista esattamente come ho fatto negli ultimi quindici anni, ma parlare con la picci da un piano all'altro gridando come pescivendole. Continuare a salire e dimenticarsi roba giù e continuare a scendere dimenticandosela su, che l'idea che tutto non è più a un tiro di schioppo come prima ancora la devo metabolizzare. Così fanno ginnastica anche le mie gambe e salgo e scendo in continuazione. Ritrovare la stessa luce che entra dalla finestra mentre cucino e pensare che quando l'effetto magazzino traslochi prima o poi scomparirà nella stanza dove prima dormivamo dovremo decidere come far andare d’amore e d'accordo uno studio, un salotto ed una camera per gli ospiti. Arduo compito, ne sono consapevole, ma le cose facili alla fine chissà perché le evito sempre. Guardare fuori dalle finestre e accarezzare con lo sguardo il gazebo e il barbecue, vecchi compagni di cene e baldorie estive, e accorgersi che tutto intorno sembra scoppiata una bomba che ha raso al suolo quasi tutto lasciando a ricordo il cratere che è rimasto dopo il funerale dell'albicocco di ieri mattina. Cumuli di sabbia e ghiaia annunciano il prossimo intervento esterno dei miei tanto amati muratori, mi chiedo come avrei fatto a star senza quell'odiosissima polverina bianca ora che ero riuscita quasi del tutto a sbarazzarmene. Si preannuncia quindi un intervento di chirurgia estetica anche per il giardino, mentre all'interno del pollaio la gallina cercherà di arginare i danni a suon di Glassex e straccio, che ormai son diventati un prolungamento delle mie mani. Nuovo e vecchio, vecchio e nuovo. Un po’ come quando nell’armadio decidiamo di riportare in auge quel vecchio pantalone dimenticato da anni che con l’abbinamento di una nuova cintura e di un cardigan sfizioso sembra essere appena uscito da una boutique. Ma la cosa più bella è che anche io, in mezzo a tutto questo fermento, mi sento proprio così. Nuova di zecca.

mercoledì 27 agosto 2008

Addio

Stamani lo guardavo mentre bevevo il caffè e pensavo tristemente che alla fine non ce l'ha fatta ad aspettare il nostro rientro a casa ed è spirato in silenzio mentre eravamo ancora in esilio. Aveva una settantina d'anni che, se non sono tantissimi per noi umani, lo sono invece per gli albicocchi e infatti il giardiniere quando è venuto a constatarne il decesso, dopo aver detto che un albicocco così grande non l'aveva mai visto, ha confermato che la causa è stata sicuramente la vecchiaia. Aveva finito il suo ciclo, come capita a tutti prima o poi, ma ciò non toglie che mi mancherà terribilmente. Mi mancherà la sua chioma alta e folta che ci schermava e ombreggiava nelle giornate estive, le migliaia di foglie gialle che in pochi giorni ricoprivano il giardino trasformandolo in un tappeto dorato, i frutti grossi come arance che dovevamo cogliere armati di palo telescopico e cestino sperando che i merli non fossero venuti a banchettare prima, la fioritura bianca e improvvisa come una nevicata a segnalare che la primavera era arrivata. Domani verranno in tre per tagliarlo e portarlo via e anche se con molta probabilità le sue radici resteranno per sempre sepolte nel mio giardino, ho già deciso che in un momento di distrazione dei giardinieri mi approprierò di un rametto, piccolo e magari e un po' storto, che custodirò gelosamente nel cassetto dei ricordi e me ne dimenticherò. E proprio per questo sarà meraviglioso quando ritrovandomi tra le mani quel pezzetto di legno rinsecchito riaffioreranno improvvisi i ricordi. Di quando visitai per la prima volta quella casetta con giardino in compagnia dell'agente immobiliare e lo scambiai per un platano. Di quando mi sedevo sul muretto sotto ai suoi rami e cullavo la pulcina per farla addormentare. Di quando il gatto dei vicini si arrampicò in cima e non voleva più scendere. Di quando lo guardavo e in silenzio gli dicevo ti voglio bene.

lunedì 25 agosto 2008

Il paradiso all'improvviso

Il titolo non sarà originale, ma descrive alla perfezione quello che ho provato quando, dopo mesi di lavoro, casa, muratori da sbranare e le ultime due settimane trascorse a traslocare, pulire e sistemare con temperature da gironi infernali, mi sono ritrovata improvvisamente circondata dagli abeti, dai prati così verdi da far male agli occhi, dalle cime di queste montagne grigie e rosa che mi circondano come sentinelle, dal silenzio assoluto rotto solo dal frusciare del vento tra i rami e dal cinguettio degli uccellini, mentre la coda rossa di uno scoiattolo scompare svelta nel bosco. Se non è paradiso questo, dove i passi risuonano quieti lungo i sentieri, dove si dice buongiorno a chi si incontra ché l'educazione in montagna esiste ancora, dove faccio scorrere questi fili d'erba fresca tra le dita e sembra seta, mentre seduta al sole che fa cambiare i colori alle rocce come se stesse giocando con una scatola di pastelli osservo la splendida Val Fiscalina che si allunga davanti a me e l'assorbo con lo sguardo, con la pelle e con il cuore. Se non è paradiso questo, mentre il pensiero corre a quella punta lassù che anche se gli occhi non vedono sanno bene che da qualche parte sotto a quel ciuffo di nuvole bianche ci sono il galletto e la pulcina in cammino verso il Comici. Io ne ho fatta soltanto metà, ché l'asma si è fatta sentire come una vecchia suocera stizzosa, così il mio cuore ha continuato a salire con loro mentre le mie gambe son tornate giù e adesso si godono il sole, il prato e nient'altro perché è tutto quello di cui ho bisogno. Un'ape vaga nelle vicinanze impegnata a saltare di fiore in fiore senza fermarsi mai, la mia penna scorre veloce su queste pagine bianche e dal rifugio arriva un profumino delizioso. Tra un po' sarà il turno di uno strudel, un caffè caldo e una buona dose di serenità. Se non è il paradiso questo.

venerdì 8 agosto 2008

Buone vacanze

Ma sì, diciamolo. Del resto, che si parta o no, da domani la spina la staccherò comunque. Se non su quella personale il black out calerà perlomeno su quella professionale. Buio su telefono, pc, stampante, riunioni, show room, campioni e macchinetta del caffè. Ed è già tanto, visto che ho oltrepassato anche il livello frutta e sono al digestivo. Spina ben connessa invece e luce accesa su tutto il resto che da stasera mi aspetta ventriquattr’ore su ventiquattro per una settimana strapiena di scatoloni da svuotare, smistare, sistemare, con tutti gli annessi e connessi del caso. E quando uno ha deciso di non rimontare alcuni dei mobili vecchi ma ancora non ha neanche iniziato a pensare a quelli nuovi, sarà molto divertente trovare il collocamento a dozzine di libri, serviti di piatti, decine di cd, contenitori di diapositive di cui avevo praticamente dimenticato l'esistenza, stereo, tv e una collezione del National Geographic. Sarà l'occasione per smaltire, espellere, snellire, che ogni tanto una dieta farà pur bene anche al pollaio. Ringiovanisce, perdinci. Dopodiché, se avremo ancora un briciolo d'energia per buttar giù due cose dentro una valigia, cercheremo di staccare anche la spina personale. Pertanto, ma sì, diciamolo pure. Buone vacanze.

giovedì 7 agosto 2008

Miracoli

Mamma ti sono cresciute le poppe, mi dice la picci sgranando gli occhi mentre saliamo in ascensore verso l'ennesimo carico di scatoloni che ci aspetta. Ma no, che dici, le rispondo mentre le mani cercano disperatamente in borsa il mazzo di chiavi trovando di tutto tranne ciò che mi serve. Hai il reggiseno quello alto e gonfio? mi chiede la picci con lo sguardo inquisitore. Sì ma non è gonfio, è solo un po' più rigido degli altri, le rispondo mentre finalmente riesco ad aprire la porta di casa stando attenta a non far cadere i contenitori d'alluminio fumanti del take-away cinese che mi stanno ustionando le dita. Secondo me sono cresciute lo stesso, dichiara la picci con aria da intenditrice. Mah, rispondo, se sono cresciute sarà il reggiseno che fa miracoli. Lo sguardo della picci si fa furbo. Me lo presti per giocare? chiede sbattendo le ciglia. Poi aggiunge candida, magari le fa crescere anche a me. Omioddio, sicuro. Si chiamano miracoli del push-up.

mercoledì 6 agosto 2008

Grandi manovre

Sembra che siano iniziate. Così, un po' di soppiatto, a piccoli passi, senza dar troppo nell'occhio per paura dell'ennesima bega da risolvere, ma pare che le grandi manovre abbiano avuto inizio. Ancora mille cose da fare e da sistemare, ma lentamente ci stiamo riappropriando di casa nostra, appena uscita dalle mani del chirurgo plastico che l'ha resa più grande e più bella, su questo non vi è dubbio alcuno, ma dimenticandosi qualche ferita aperta qua e là e forse anche un paio di bisturi all'interno, che tanto si sa bene come vanno a finire queste vicende di malasanità tipicamente italiane. Ci sarà da rimetterci le mani, anche solo per le medicazioni o per togliere il drenaggio, ma prima o poi arriveremo alla versione definitiva. Nel frattempo mi fa un po' effetto ritrovarmi tra quelle mura, del resto son mica passati due giorni da quel freddo giorno d'inverno. Le armi son sempre le stesse, mitragliate di Glassex, battaglioni di stracci e olio di gomiti a profusione, mentre il Galletto combatte con luci e cacciaviti, la balaustra della scala che non è una balaustra perché alla fine le cose facili non le facciamo mai, gli scatoloni da trasportare e il letto ancora da rimontare che alle brutte si dormirà sul parquet. Rivedo le stanze vecchie e scopro le stanze nuove, molto è cambiato, poco è rimasto, ma ritrovo intatti i pezzetti di cuore che nei quindici anni trascorsi avevo via via seminato qua e là. Vengo colta da un raptus di art-attack e dai miei occhi sgorga un fiume di creatività, immaginando nuove ubicazioni per l'arredamento, colori e non-colori, tendaggi a rullo o a bastone e quel vaso di peonie che ho visto pochi giorni fa all'Ikea e che sul cassettone antico ci starebbe da urlo. Ci sarà da sbizzarrirsi e non correremo certo il rischio di annoiarsi, mentre si fa invece sempre più concreto il rischio bancarotta. Il clima non aiuta ma a questo punto sopportiamo qualsiasi cosa, basta arrivare. E poi la prospettiva di staccare la spina per qualche giorno all'ombra della Croda Rossa mi rende tutto più facile. Anzi, sento già il profumo degli abeti.

lunedì 4 agosto 2008

Eppur l'amavo

Eppure mi piaceva tanto l'estate. Quella dei miei ricordi, delle corse nel campo davanti alla casa di mio nonno mentre il silenzio era rotto solo dal frinire delle cicale e dalle voci di noi bambini che giocavamo a nascondino tra gli ulivi incuranti del sole e del caldo. Quella della camera fresca con gli scuri accostati che lasciavano filtrare appena una carezza di luce e i miei passi che risuonavano nudi sul cotto liscio e freddo mentre mi alzavo alla chetichella per andare a prendere una copia di Topolino invece di fare il riposino pomeridiano. Quella delle notti che tornavamo a piedi dal circolo dove avevamo passato un paio d'ore a frescheggiare guardando le coppie ballare il liscio e le stelle sembravano appese sulla testa come lampadine attaccate a un filo di ragno. Quella dei giochi in cortile insieme a tutti i bambini del palazzo, un-due-tre-stella, guardie e ladri, i quattro cantoni, i segreti sussurrati a cavalcioni sul muro di cinta, con le madri che ci chiamavano dai balconi quando era l'ora di cena. Quella della partenza per il mare con la Fiat 850 di mio padre tirata a lucido per l'occasione, le file di ombrelloni, le cabine di legno umide e buie dove cambiarsi il costume, gli aerei che sorvolavano bassi la spiaggia lanciando in mare regalini e sorprese che i babbi si tuffavano a recuperare per i bimbi e guai a uscire dall'acqua senza. Quella di uno sciame di bambini pedalanti a cercare di arrivare su fino in cima alla salita della chiesa senza mai appoggiare il piede in terra, del rifugio costruito sui rami dell'olivo con tre assi in croce e tanta fantasia e può salire solo chi fa parte del club. Quella dei gelati presi al tavolino della gelateria, colorati, allegri e ricoperti di ombrellini che poi custodivo gelosamente per giocarci con le Barbie, mentre mio padre compilava in religioso silenzio la schedina del Totocalcio bianca e verde che ben s'intonava con il suo pacchetto di Nazionali Esportazione che faceva capolino dal taschino della camicia a mezze maniche. Quella dei pomeriggi da sola in terrazza mentre allestivo piscine nei catini del bucato e le lenzuola stese ad asciugare diventavano sipari di teatri per i miei spettacoli improvvisati davanti ad un pubblico composto da tre bambole, un orso di peluche beige e le due sorelline del balcone accanto. Quella che ben ricordo, come se fosse ieri. Così pura, così vera e purtroppo così diversa.

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