domenica 30 agosto 2009

Prove libere

E’ un po’ come il warm up di Valentino Rossi. La corsa non è ancora iniziata, la gara è tutta da correre, ma si cominciano a prendere le misure, a far progetti, mentre all’orizzonte fanno capolino le vecchie abitudini, come un amico partito per un lungo viaggio che improvvisamente suona alla tua porta. Sei già tornato? Caspita, come vola il tempo. Già, come vola. Frase fatta ma assolutamente vera. Ed eccomi qui già pronta sul binario, tutti in carrozzaaa!, e manca solo il fischio del capotreno. Così nel frattempo si riprende il lavoro, che già dopo poche ore sembra di non aver mai lasciato quella scrivania, si ritrova il posto preferito sul bus, quello dietro l’autista, dove c’è più posto per i bagagli che mi porto sempre appresso e dove posso immergermi nella lettura indisturbata, si comincia a rivedere qualcosa di decente sullo schermo della tv e si riparte pure con un turno di centri estivi, tanto per non perdere l’abitudine alla sveglia, che l’inizio della scuola è proprio dietro l’angolo. Scuola che quest’anno mi farà piangere più del solito, già lo so, che con la quinta elementare si chiude un mondo e se ne apre un altro, e prima che me ne accorga la picci sarà sempre meno pulcina e più pollastrella, ossignur. Ma come in un gran premio che si rispetti, c’è sempre posto per le novità, per l’introduzione di qualche miglioria tecnica, per andare più veloci e reggere meglio le curve insomma. Come la macchina per il pane con la quale da un paio di settimane mi diverto alla grande neanche mi fosse stato regalato il famoso Dolce Forno che tanto bramavo nella mia infanzia, sfornando a tutto spiano pagnotte farcite di semi di vario tipo, farine bianche o integrali, doratura chiara o doratura scura, e la cosa bella è che incredibilmente son pure buone. Come un libro di ricette di antipasti ricevuto in dono, tutto da sperimentare, e se anche le occasioni di metterne in pratica qualcuna non saranno moltissime, già lo sfogliarne le pagine e guardare le foto accattivanti mi riempie di entusiasmo. Sarà il vento sbarazzino di oggi, impertinente e piacevole, che spazza il giardino finalmente rimesso a nuovo e mi asciuga il bucato in un battibaleno, chissà, ma è come se mi sentissi una marcia in più. Prontissima a correre la mia gara.

martedì 25 agosto 2009

Tre libri

Andare in libreria per me è sempre una gioia. Andarci con te lo è ancora di più, lo è sempre stato. Mi piace guardarti scegliere i libri, valutarli, leggere attenta la trama, studiare le copertine, i colori, le immagini, poi voltarti e chiedermi tu che ne pensi mamma? E quando resto sul vago, non dandoti il consiglio finale che vorresti, ma limitandomi a dirti quello penso di ciascuno senza sbilanciarmi troppo, tu ti indispettisci e dici che non ti aiuto, ma in realtà quello che sto facendo è proprio quello. Ti sto aiutando a crescere, a diventare grande, ad acquistare la tua indipendenza, pian piano, partendo dalle piccole cose, come la scelta di un libro, che ti farà sognare e ridere e forse anche piangere, chissà, ma l'avrai scelto tu. Allora cominci a restringere il campo, ed i dieci o più volumi iniziali che avevi raccolto dagli scaffali cominciano a diminuire, questo lo prendo un'altra volta, questo forse è da grandi, questo credo sia troppo simile a quello che ho già letto... ma nonostante tutte le buone intenzioni, non riesci mai a restringere la selezione ad uno soltanto, il tuo cuore è diviso a spicchi, sempre perlomeno tre, e li guardi e li rimiri, li apri, li annusi. Poi mi guardi, senza parlare. Ed io senza parlare, capisco. Oh, come capisco. Li acquistiamo tutti, sempre. Del resto tre è il numero perfetto.

sabato 22 agosto 2009

Brivido fiorentino

L’avevo detto che avrei fatto la turista in casa mia, e così è stato. Io e la picci, armate di macchine digitali e tanta voglia di sapere, ci siamo prenotate, che adesso senza prenotazione manca poco non si fa più nemmeno la spesa al mercato, visto che anche la bancarella del fruttivendolo si è recentemente dotata di numeratore, figuriamoci quindi i musei, e ci siamo recate all’ora stabilita in quello che di norma è il nostro palazzo comunale, spesso visitato per questioni anagrafiche e anche per un paio di matrimoni, ma che in questa occasione abbiamo voluto vedere con occhi diversi, quelli puri e sgranati dei turisti, come se fosse la prima volta che entravamo a Palazzo Vecchio. L’occasione era la recente riapertura al pubblico, dopo un pesante intervento di restauro, del camminamento di ronda, su in cima al palazzo, proprio sotto i merli, per guardare i tetti di questa nostra città come le rondini e provare ad immaginare coloro che lì vi hanno abitato qualche centinaio di anni fa, dal Savonarola ai Medici. Un tuffo nel passato, rapite ad ascoltare quello che la guida abilmente ci narrava e, anche se tante cose le sapevamo già, abbiamo fatto finta di niente, come i bambini che si fanno raccontare più volte la fiaba ormai conosciuta a memoria, per gustare fino in fondo ogni più piccolo dettaglio, ogni sfumatura. Sarà stato perché l’atmosfera tra le spesse mura pareva intatta e che il tempo si fosse fermato al Rinascimento, o perché proprio in questo periodo sto leggendo un libro molto affascinante sulla Congiura dei Pazzi, ma sembrava davvero che da un momento all’altro Lorenzo il Magnifico potesse fare il suo ingresso in quei saloni riccamente affrescati, seguito dal suo codazzo di artisti e nobiluomini. In realtà il codazzo di turisti variegati che saliva i ripidi scalini che portavano dai quartieri monumentali fino al camminamento era composto da coppie e famiglie dagli accenti italiani più assortiti, ma tutti accomunati dalla stessa voglia di scoprire e di sapere. Quando siamo sbucati sul terrazzo che gira il perimetro del palazzo, il mio sguardo non ha potuto non cadere su tutto ciò che ci circondava, Piazza della Signoria giù in basso, brulicante di turisti, la Galleria degli Uffizi, il piazzale Michelangelo, Santa Croce, Santa Maria Novella e infine il mio bellissimo cupolone rosso svettante nel cielo blu di Agosto circondato da una prateria rosa di tetti, tegole e terrazzi. E’ stato in quel momento che ho sentito un brivido e poi le lacrime bucarmi gli occhi, e son rimasta lì, ammutolita, mentre ciò che vedevo passava lentamente dagli occhi al cuore. Mi son sentita fiera della mia città, di quanto sia bella e di quanto io la ami. E quando quella coppia di torinesi si è rivolta a me per una domanda, visto che la guida era andata avanti, mi son sentita orgogliosa come quando ad una madre si chiedono notizie sui progressi di un figlio, ed ho risposto felice con identico amor proprio.

mercoledì 19 agosto 2009

Fifty-fifty

Son ferie sconto cinquanta per cento, mezze e mezze, un po’ così un po’ cosà. Insomma, fifty-fifty. Per non far torto a nessuno, in fondo, e rendere felici sia i nostri occhi stanchi di guardare i muri sbrecciati del giardino ancora schizzati di calce e vernice, che le nostre teste bisognose di riposo, nuotate e dormite. Così, grazie alla vacanza caduta dal cielo, abbiamo diviso a metà le due settimane di ferie e abbiamo fatto un po’ tutto, prima l’uno, poi l’altro. A partire da quel volo così breve che non abbiam fatto a tempo a slacciarci le cinture di sicurezza che già dovevamo riallacciarle per l’atterraggio, guardando dall’alto quelle chiazze turchesi punteggiate da centinaia di imbarcazioni come puntine da disegno sparse su una fotografia, pregustando i lunghi bagni che avremmo fatto nei giorni seguenti. Giorni di sole accecante, sabbia fina come farina e ghiaietto rosa che a farlo scorrere tra le mani ci si accorge che è fatto di minuscoli pezzetti di corallo e conchiglie e non si attacca né alla pelle né ai costumi, il mio preferito. Mare verdazzurro e rocce rosse, bassi cespugli di mirto e ginepro, quell’esplosione di buganvillea viola sul portico da far invidia al nostrano tifo organizzato la domenica allo stadio e il perenne profilo acuminato di Tavolara all’orizzonte, ora grigia, ora viola, ora blu. La tovaglia da legare al tavolo con le mollette del bucato, che il vento lì è sì una benedizione, ma quando cerchi di apparecchiare e ti fa volar via ogni cosa nel giardino si trasforma volentieri in una maledizione, libri da leggere nel silenzio immobile del pomeriggio e interminabili partite a rubamazzo con la picci che ride e non trova l’asso di picche giocato dal vento a sua insaputa. Una nuova droga sublime da scoprire e divenirne immediatamente dipendente, dall’esotico nome di pane guttiau alla cipolla, roba da non smettere di sgranocchiare nemmeno per dormire e che ti regala un alito ammazza vampiri di tutto rispetto. Una spiaggia segreta, accessibile solo dal mare per qualche fortunato possessore di gommone, e da terra per i pochi a cui viene rivelato il segretissimo percorso nella macchia mediterranea, assolutamente non segnalato e da non divulgare a chicchessia pena l’immediata incarcerazione all’Asinara, che i locali sarebbero pronti a crearci una nuova prigione per coloro che si azzardassero a rendere di pubblico dominio lo zigzagante sentiero top-secret che in una diecina di minuti, nonostante qualche graffio provocato dagli arbusti alle nude gambe che lo percorrono, conduce ad una spiaggia fantastica, semideserta anche a ferragosto, che ovviamente è diventata la nostra meta preferita. Poi il volo di ritorno, a sera tarda, quando l’isola che salutiamo è solo un profilo nero sull’indaco del mare e l’orizzonte si tinge di rosso, che ci trasporta nell’altra metà delle nostre ferie, da trascorrere in casa nostra, da godere finalmente anche in quelle ore del giorno che in genere ci vedono chini sulle scrivanie. I muri del giardino che son diventati il regno del Galletto, che armato di spatole e cazzuole intonaca, stucca e vernicia, con intervalli da dedicare alle radici del nostro vecchio amico ancora da rimuovere, che nel frattempo son diventate più dure del cemento armato e ci vorrebbe Terminator. La Gallina si dedica a tempo pieno alla lavanderia, e quella che solo qualche giorno fa sembrava Mission Impossibile adesso si è trasformata in una profumatissima realtà con gli armadi straboccanti di abiti e lenzuola stirate alla perfezione e il cesto di vimini che in genere contiene il Cervino di panni da stirare incredibilmente vuoto. Entro fine settimana avrò anche finito di aggiornare i libri contabili del pollaio, fermi allo scorso febbraio, e probabilmente avrò anche fatto un po’ la turista nei pressi di casa mia, mettendomi in coda con giapponesi e australiani. Ritornare in ufficio con il sorriso e per una volta senza affanno è merce rara, rarissima. Però, mica male queste ferie alla romana.

domenica 16 agosto 2009

Infradito e granito

Infradito e granito
tutto quello che voglio
sole acceso e infinito
rosa e argento di scoglio.
Acqua azzurra, turchese
un po' verde e un po' blu
mi culla attenta e cortese
e davanti all'isola, tu.
Goccioline e diamanti
sulla pelle di sale
nuvoloni distanti
e lampi giù sul fondale.
Chiudo gli occhi beata
mentre il vento mi spinge
sulla sabbia dorata
dove il cuore non finge.

venerdì 7 agosto 2009

Out of the blue

L'idea era quella di restare in città, per dedicarsi un po' alla casa ancora da finire di sistemare dopo le grandi manovre dello scorso anno e magari fare anche un po' i turisti in questo luogo che conosciamo come le nostre tasche ma che abbiamo sempre visitato poco con guida alla mano e Canon al collo. Pare invece che una vera e propria vacanza last minute, anzi last second, ci sia caduta addosso, talmente perfetta e infiocchettata che la risposta poteva essere una soltanto. La casa sull'isola col mare più bello d'Italia è rimasta vuota proprio questa settimana, chissà, forse gli effetti della crisi che colpiscono un po' tutti, anche se in questo frangente personalmente mi sento colpita più da un superenalotto, e ci è stata offerta su un piatto d'argento. I traghetti sono pieni e la traversata a nuoto un po' lunga? No problem, ecco qua tre biglietti aerei scontatissimi e molto speciali che l'essere parenti stretti di uno che sugli aerei praticamente ci vive effettivamente aiuta parecchio. Girare l'isola a piedi può essere faticoso? Non sia mai. Avremo un mezzo a nostra disposizione, che si avvicina più ad un reperto archeologico che ad un'auto, ma pare funzioni a dovere. Così, oggi preparerò i bagagli per questa vacanza inaspettata che, out of the blue, è proprio il caso di dirlo, è piovuta dal cielo. E dal cielo arriveremo, con la picci già eccitatissima all'idea del suo primo volo, anche se in realtà quella stessa tratta l'ha già fatta dieci anni fa, all'interno del mio pancione. Buffo però. Io che normalmente pianifico i viaggi con mesi di anticipo mi ritrovo proiettata in una vacanza dalla sera alla mattina. Non capita tutti i giorni, e sarà pure l'effetto della crisi, ma io sento già il profumo del mirto.

giovedì 6 agosto 2009

L'incrinatura

Il primo segnale è stato il cielo nero di due giorni fa, i cupi brontolii dei tuoni e poi la pioggia, scrosciante e veloce, finita poco dopo senza strascichi, pronta a cedere il passo al sole senza un lamento. Ma nell'aria è rimasto qualcosa. Quel qualcosa che, anche se da qui a dire che l'estate sta finendo ce ne vuole assai, fa capire che la parte più ruvida di questa stagione, quella insaziabile, implacabile, che prosciuga la terra e le menti, forse, sta per terminare. Per lasciare spazio a quelle giornate terse e croccanti, calde sì, ma di un caldo benigno, affettuoso, con i mattini freschi e le sere rapide e ventose. Lo si avverte appena questo cambiamento, come una sottilissima incrinatura su un piatto di porcellana, la vedo e non la vedo, da passarci il dito sopra pensando sia un capello, da dimenticarsene pure, ma che a ben guardare ritroveremo lì, ogni giorno un po' più scura e un po' più netta, fino al momento in cui si romperà. La intravedo in questo cielo blu cobalto, in questa mattina di brividi sulla pelle mentre vagavo in giardino con il caffè in mano, in questa città finalmente libera dalla confusione e dai rumori, nei volantini pubblicitari della campagna scuola che affollano la cassetta delle lettere. E' la parte più bella dell'estate quella che sta arrivando, quella che amo di più. Come un vecchio piatto della nonna che, proprio perché incrinato, è ancora più bello.

lunedì 3 agosto 2009

La cena delle gerbere

L'importante è l'occasione, il saperla cogliere. Che poi sia in anticipo o in ritardo, come questa cena, non ha molta importanza, ormai ci abbiamo fatto l'abitudine a spostare il compleanno della picci sul calendario come una pedina sulla scacchiera. E' stato bello esserci, noi tutti, intorno al tavolo allungato e apparecchiato per tanti, con chiacchiere, risate, pacchetti da scartare e dieci candeline rosa, un po' glitter e un po' stripe, da accendere al momento giusto e soffiar via in un lampo. C'è stato un attimo mentre mangiavamo che ho ascoltato l'aria intorno a me, non con gli orecchi ma bensì col cuore, ed ho pensato che non vi sia momento più dolce e sereno di una serata così, tra le persone più care, riunite per far festa alla picci ma anche un po' a noi stessi, dove si parla di tutto, senza formalità, che tra di noi quella parola davvero non ha significato. L'aver trascorso tante ore in cucina, che sebbene il menù comprendesse solo cose fredde ci sono stati molti lunghi momenti di acqua bollente e forno a duecento, mi è sembrato il più bel regalo che abbia potuto fare a me stessa, per la soddisfazione che il creare con le mie mani da sempre mi dà e per la gioia dell'aver condiviso tutto con gli altri. Altri che hanno apprezzato moltissimo peraltro, dagli spiedini di melone alla sfiziosissima mousse di rucola di Alex, dal farro mediterraneo all'appetitosa sfoglia di pomodori di Sigrid, alla torta di wurstel espressamente richiesta dalla picci, passando da un'insalata croccante ed arrivando al fiordilatte ai frutti di bosco portati a casa dalla montagna fino all'acclamatissima torta Smarties, che da sempre faccio segretamente con le buste e che sempre poi tutti mi dicono ma come fai a farla così buona, che poi che c'è di male quando anche Ferran Adrià miscela i suoi manicaretti con polveri e bustine. E poi la picci, che improvvisamente mi abbraccia e mi susurra, grazie mamma, di tutte le cose buone che hai preparato e della bella tavola che hai apparecchiato per me, con i menù stampati come al ristorante e quelle gerbere rosa così carine, che non sa che quando le ho scelte ho pensato al colore delle sue gote accese di felicità.

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