venerdì 29 gennaio 2010
Open day
L’open day in realtà si è risolto in un’open hour o poco più, ma la visita introduttiva alla scuola che dal prossimo anno ospiterà la pulcina è stata comunque interessante. Le medie. Mamma mia, che effetto mi fa anche solo scriverlo. Mi sembra solo ieri quel freddo pomeriggio d’inverno in cui andai a visitare l’asilo nido che poi scelsi. Con me c’era una traballante frugolina di diciotto mesi che, mentre io parlavo con una delle educatrici, mi piantò in asso per andare a buttarsi di testa dentro la vasca di palline colorate, ridendo e gorgheggiando, felice come una Pasqua. Non c’era alcun dubbio, il luogo le piaceva assai. Oggi è stata un po’ più composta, un misto tra il curioso e l’intimorito, osservando, ascoltando e cercando di assorbire il più possibile dalla visita a quelle aule che dal prossimo settembre la ospiteranno tutti i giorni, le stesse aule che hanno ospitato suo padre circa trentacinque anni fa. La preside con la cofana di fusilli in testa parlava di orario, di lingue, di sport, di laboratori di scienze, ceramica, indirizzo musicale, illustrando ampiamente progetti e attività collaterali, ma chissà come non riuscivo a seguirla più di tanto. Il mio sguardo si posava continuamente sui volti dei docenti presenti, cercando di capire dalle loro espressioni che tipi fossero. La professoressa di matematica con gli occhialini ed il foulard azzurro mi è sembrata piuttosto dolce, mentre quella di italiano con corti capelli sale e pepe e tailleur piombo mi è apparsa severa, ma forse aveva solo un po’ di mal di testa. L’insegnante di percussioni dalla lunga capigliatura rasta era divertente solo a guardarlo, quello di scienze sembrava appena uscito da un laboratorio pieno di provette e alambicchi. Cos’avrà questa da guardare, avranno pensato. Beh, secondo me dal volto di ognuno di noi traspare molto più di ciò che si crede e diciamo che volevo avvantaggiarmi. Per quel poco che servirà poi, perché con la verticalizzazione degli istituti qui dal prossimo settembre cambierà nuovamente tutto e buona parte di questi insegnanti forse non ci saranno nemmeno più. Vabbè. Vedremo. Nel frattempo mi è piaciuto questo breve tuffo nel nuovo mondo della picci, la quale naturalmente, passati i primi minuti di timore e imbarazzo, ha fatto subito vedere di che pasta è fatta, iniziando a correre per i corridoi con un paio di compagne di classe, salendo ai piani superiori e andando ad esplorare palestre e laboratori. Roba da farsi sospendere prima ancora di cominciare ma, evidentemente, anche in questo caso pare che il luogo sia di suo gradimento.
mercoledì 27 gennaio 2010
Gli auguri del cuore
Da non confondersi con gli auguri di cuore, che son quelli che si fanno con affetto agli amici, gli auguri del cuore sono invece quelli che partono proprio da dentro, da quell’angolino di cuore che batte più forte per coloro che amiamo. A volte arrivano spontanei, così, senza un motivo né un giorno speciale, solo per un guizzo d’amore che travalica tutto e ti fa accendere un desiderio o una speranza per qualcuno d’importante. Ieri invece sono arrivati con un tempismo perfetto. Avrei voluto gridarli col megafono questi auguri che nascevano dal mio cuore, dipingerli sui muri o farli piovere dal cielo a scrosci. Auguri semplici, banali, e proprio per questo così importanti, necessari alla nostra vita come l’aria che respiriamo. Vorrei che tu ritrovassi la stima in te stesso, anche se purtroppo adesso qualcuno ti sta calpestando, umiliandoti con cattiveria, come ringraziamento per i tanti anni di dedizione e onestà. Vorrei che tu avessi più fiducia, che non ti lasciassi abbattere né travolgere dalle avversità, che già la vita in questo momento ci sta portando tante difficoltà. Vedrai che riuscirai a trovare un lavoro degno di te, gratificante e pulito. Vorrei che ritrovassi il sorriso e la risata, che sembri aver dimenticato da qualche parte come un ombrello lasciato chissà dove. Vorrei che nonostante tutto, tu ruscissi ad essere felice. Avrei voluto stamparmi questi auguri sul volto mentre ieri sera io e la nostra bambina ti abbiamo portato le candeline da soffiare canticchiando uno stonatissimo Tanti Auguri. Speravo che questi auguri saltassero fuori dai pacchetti che scartavi sapendo già dalla forma che contenevano bottiglie di vino, perché è facile adesso farti un regalo signor sommelier, e ne scrutavi attento il contenuto già impaziente di assaggiare il Weissburgunder della pulcina e il mio Noà. Non ti ho detto niente di tutto ciò e probabilmente non leggerai neppure queste righe. Ma credo che comunque gli auguri del mio cuore trasparissero chiaramente dai miei occhi. Buon compleanno amore. Ti auguro tutto, e di più.
venerdì 22 gennaio 2010
Stupida dolce voglia
Trascorro questi giorni cupi alla continua ricerca di piccole stupide cose che mi facciano sbocciare un sorriso anche quando non ne avrei voglia, come il frivolissimo sale rosa o la nuova passione pulcinesca chiamata stamping alla quale mi sto appassionando pure io, creando buffi bigliettini e segnalibri con disegnini che si gonfiano usando uno strano attrezzo che assomiglia ad un phon. Capita poi che il bisogno di sorridere diventi insostenibile, accompagnato anche da tanta voglia di dolcezza, che probabilmente è un semplice calo di zuccheri, chissà, ma in mancanza di tempo per mettersi a ritagliare o sperimentare, decido di andare sul sicuro. Il mio cheese cake. Collaudatissimo, acclamato, morbido, cremoso e dolce al punto giusto. Capace di risollevarmi lo spirito anche quando è andato ad infilarsi sotto alla suola delle scarpe, di restituirmi il sorriso, di farmi socchiudere gli occhi e pensare che, sì, tutto sommato questa vita non è poi così male. Prendo le fruste, accendo il forno e resto lì a guardare questa meraviglia gonfiarsi sotto ai miei occhi. Un po' di cioccolato liquido ed il gioco è fatto. Calo di zuccheri scongiurato, beatitudine assicurata.
Il mio cheese cake
Ingredienti:
125 gr. di biscotti Digestive
8 cucchiai di zucchero
80 gr. di burro
1 kg. formaggio Philadelphia
3 cucchiai di farina
4 uova
250 ml. di yogurt bianco intero
1 bustina di vanillina
cioccolato liquido o sciroppo di fragole
Preparazione:
Accendere il forno a 175°. Sbriciolare i biscotti con il mixer e versarli in una ciotola mescolandoli con 2 cucchiai di zucchero. Aggiungere il burro fuso e mescolare. Pressare bene il composto sul fondo di una tortiera a cerchio apribile di 26 cm. di diametro e cuocere questa base in forno per 10 minuti. In una ciotola lavorare con le fruste il formaggio con i restanti 6 cucchiai di zucchero, aggiungere la farina frullando bene fino a che non sarà cremoso. Incorporare le uova, lo yogurt e la vanillina, continuando a mescolare bene. Versare la crema ottenuta sulla base di biscotti precotta, livellare ed infornare cuocendo a 175° per 50-55 minuti. Raffreddare a temperatura ambiente e poi almeno tre ore in frigorifero prima di servire. Servire le fette di cheese cake con cioccolato liquido o sciroppo di fragole.
Il mio cheese cake
Ingredienti:
125 gr. di biscotti Digestive
8 cucchiai di zucchero
80 gr. di burro
1 kg. formaggio Philadelphia
3 cucchiai di farina
4 uova
250 ml. di yogurt bianco intero
1 bustina di vanillina
cioccolato liquido o sciroppo di fragole
Preparazione:
Accendere il forno a 175°. Sbriciolare i biscotti con il mixer e versarli in una ciotola mescolandoli con 2 cucchiai di zucchero. Aggiungere il burro fuso e mescolare. Pressare bene il composto sul fondo di una tortiera a cerchio apribile di 26 cm. di diametro e cuocere questa base in forno per 10 minuti. In una ciotola lavorare con le fruste il formaggio con i restanti 6 cucchiai di zucchero, aggiungere la farina frullando bene fino a che non sarà cremoso. Incorporare le uova, lo yogurt e la vanillina, continuando a mescolare bene. Versare la crema ottenuta sulla base di biscotti precotta, livellare ed infornare cuocendo a 175° per 50-55 minuti. Raffreddare a temperatura ambiente e poi almeno tre ore in frigorifero prima di servire. Servire le fette di cheese cake con cioccolato liquido o sciroppo di fragole.
giovedì 21 gennaio 2010
Ma che scherziamo?
Mentre faccio un po’ di pulizie ascolto distrattamente la televisione in sottofondo. La pulcina sta guardando il GT Ragazzi. Mi piace, ci sono notizie fatte apposta per i bambini, che guardandolo si abituano al rapporto con le fonti di informazione, con l'attualità. E senza accorgersene imparano tante cose utili ed importanti. Molto meglio del telegiornale serale che, hai voglia ad essere lì tutti insieme pronti a spiegarle le cose che non capisce, alla fine è sempre talmente pieno di tragedie e disgrazie che viene il magone solo a sentirne la sigla. Parlano della scuola, riforma dei licei, lingue straniere. Poi, improvvisamente, una notizia che mi lascia esterrefatta. Devo aver capito male. Mi avvicino alla tivù e ascolto meglio. Avevo capito bene, vogliono togliere la geografia dalle materie di studio delle scuole superiori. Non riesco a crederci, forse c’è un errore. Accendo il pc e controllo su internet, che ormai è diventato la bibbia quotidiana per ogni verifica o necessità di approfondimento che abbiamo, dalle previsioni del tempo alla ricetta per un contorno diverso, dagli etruschi agli inquinanti atmosferici. E’ vero, è tutto scritto lì. Ed in molti altri posti. Orrore. Già non concordo con questo nuovo metodo di insegnamento generalizzato della geografia che non scende nei particolari ed approfondisce ben poco, ritrovandomi una figlia in quinta elementare che non ha idea di dove si trovi il Lussemburgo e non conosce le province del Veneto, tanto per dirne due, ma pensare che la geografia possa venire addirittura abolita alle superiori lo trovo un sacrilegio. Immagino che per diventare uomini e donne del nostro futuro ci sia chi ritiene più importante che i nostri figli sappiano il greco antico o suonare il flauto. Io preferirei invece che conoscessero il pianeta in cui vivono, che sapessero dove e perché ci sono minuscoli paesini e metropoli, luoghi montuosi o desertici, stati poveri o ricchi. Vorrei che potessero studiare il mondo che li circonda e venissero assaliti da quella meravigliosa voglia di viaggiare, di capire, di sapere e di toccare con mano che solo lo studio della geografia ti può dare. Evidentemente c’è chi non la pensa così. Che tristezza infinita.
lunedì 18 gennaio 2010
Break
Una parentesi fa sempre bene, anche quando è una parentesi lavorativa e richiede giornate intere sull’attenti. Giornate che non fanno distinzioni tra giovedì e domeniche, che iniziano presto tra un cappuccino e una spremuta inframezzati da una proposta d’acquisto e che finiscono intorno alla mezzanotte quando finalmente si riesce a rientrare in camera dopo cene di lavoro che si protraggono all’infinito. Densa, stancante, impegnativa, la trasferta fieristica è sempre una bella maratona che mi trasforma in un cotechino bollito, ma che riesce anche a mettermi in stand-by i pensieri, perlomeno per qualche giorno, e in questo periodo di preoccupazioni familiari di ogni tipo è stata un toccasana, dove la gratificazione professionale per un buon risultato raggiunto o le risate fatte con i colleghi davanti ad un ottimo filetto argentino innaffiato da un sorprendente Malbec sono state un’eccellente terapia. Le vacanze si possono rimandare, gli impegni lavorativi no, così ho cercato di trasformare queste giornate milanesi in una mini crociera al largo dalle ansie quotidiane, veleggiando tra ordini e campionari, Dollari e Sterline, date di consegna e termini di pagamento, volutamente lontana dalle corsie di un ospedale e dai grigi pronostici del nostro domani. Non è incoscienza né disinteresse. E’ la necessità di staccare la spina, anche continuando a correre.
lunedì 11 gennaio 2010
I vecchi amici
Ieri è stata una giornata speciale, di quelle che nemmeno ogni cento e nemmeno ogni mille. Del resto che non ci riunivamo insieme tutti quanti erano così tanti anni, più di dieci. Troppi. Con alcuni sei ancora in contatto strettissimo e fanno proprio parte di coloro che ti telefonano per sapere come va, con i quali condividi cene e vacanze e che hai scelto come madrina per tua figlia o testimone alle tue nozze. Altri invece sono sfuggiti via con gli anni, dalla vita e quasi anche dalla memoria, ricordi sbiaditi legati ad un periodo bellissimo che abbiamo condiviso insieme e che non si ripeterà. Altri giri, matrimoni e separazioni, figli di cui sapevi ma che non avevi mai visto, professioni cambiate come il colore dei capelli. Cosa fai adesso, dove abiti, che classe fa tuo figlio. Ciononostante, quando siamo arrivati e ci siamo guardati negli occhi, è bastato un attimo, un nanosecondo, ed eravamo ancora gli amici di un tempo, quel gruppo di ventenni che per tanti anni ha condiviso le serate, le vacanze e quei meravigliosi fine settimana in quella casa di montagna che ci ha visti crescere intorno a un focolare e poi spiccare il volo. I baci, i sorrisi, gli abbracci, le lacrime da ricacciare giù a forza. Eravamo noi, uguali a quelli di un tempo. Le stesse battute, i modi di fare, l’allegria. Nessuno ha fatto caso ai primi capelli grigi, alle rughe, agli occhiali o alle pancette arrotondate, gli occhi erano tutti per noi e per i nostri fantastici figli. Guardateli. Guardate che cosa abbiamo saputo fare. La padrona di casa, la single incallita a quei tempi, è adesso una perfetta donna in carriera e splendida madre di tre. Il vecchio ed indiscusso capo del gruppo, quello la cui parola valeva sempre doppio, che però non si sapeva bene cosa sarebbe riuscito ad imbastire nella vita, è lì seduto in elegantissimo abito grigio, affermato professionista, che divide la sua vita tra due donne e due figli. Le coppie storiche, quelle inossidabili, che resistono ancora alle intemperie della vita e non lasciano vedere nemmeno una macchiolina di ruggine. Le coppie nuove, gli ex, i fidanzati. Tutti arrivati lì per questa bellissima riunione, armati di teglie di lasagne, taglieri di salumi e formaggi e torte salate a profusione, incuriositi e anche un po’ timorosi, chissà, magari qualcosa andrà storto. La cosa bella è stata accorgersi che non è andata affatto così, che il clima era fantastico e che nessuno aveva voglia di venir via, neppure i nostri figli che giocavano insieme come se si conoscessero da una vita anche se alcuni si vedevano per la prima volta, e che sarebbe stato bello tornare indietro nel tempo per srotolare i sacchi a pelo e restar lì a dormire sul pavimento, come allora. Ci siamo lasciati con una promessa e, per quanto mi riguarda, farò di tutto perché si riesca a mantenerla.
giovedì 7 gennaio 2010
Piovono polpette
Carino, carino, carino. Anche se per andare in tre al cinema di questi tempi ci vuole quasi un leasing ed è praticamente diventato un lusso, almeno per noi, ogni tanto la magia del grande schermo si rende necessaria. E’ bastato poco, nemmeno due ore, ma ci siamo rigenerati davvero, sprofondati nelle poltrone di velluto e muniti di fantasmagorici occhiali 3D, abbiamo riso a crepapelle sgranocchiando pop-corn e ci siamo fatti sfuggire il consueto paio di lucciconi d’ordinanza, che come ogni buon cartoon che si rispetti, anche questo film cela un significato profondo e commovente. La nuova tecnica tridimensionale è sorprendente e se fino a poco tempo fa era un’esclusiva delle sale cinematografiche dei parchi a tema, adesso è ufficialmente sbarcata anche nelle sale cittadine, ed è un vero spasso. Allunghi la mano e ti sembra di toccare il protagonista, piovono polpette dal cielo e ti viene voglia di ripararti sotto al sedile. Non si pensa a niente, si ride e basta. Proprio quello che ci voleva in un giorno di festa farcito di un’ansia leggera e di pioggia a secchiate. Quando siamo usciti dal cinema pioveva ancora, ma il mio umore era decisamente cambiato. Per me, piovevano polpette. E senza gli occhiali 3D.
martedì 5 gennaio 2010
La befana vien di notte
Fervono i preparativi per la calza. O meglio le calze e il calzettone, perché tutto come al solito non ci starà nelle due calze di feltro della pulcina e così ricorrerò anche stavolta all'aiuto di un calzettone da trekking, molto capiente e molto poco poetico. E' già più di un mese che sto accumulando pensierini e dolcetti da confezionare con carta di giornale legata con un nastrino rosso, come da storica tradizione della famiglia Coccodé, e infilare nottetempo nelle calze. Benché il bottino comprenda una bella scorta di Kinder, Smarties e fizzy worms, la parte del leone anche quest'anno spetta ai regalini, ai micro-doni, ai pensierini piccini picciò che nel pieno rispetto di questa festa dedicata alla povera vecchietta vestita di stracci, il cui massimo lusso consiste nel volare a cavalcioni di una scopa, verranno inseriti nelle calze tra una moneta di cioccolato, una noce ed una patata. Niente a che vedere con gli sfarzi del rubicondo vecchietto abbigliato in cachemere rosso e volpe bianca che giusto una dozzina di giorni fa solcava i cieli a bordo della sua navicella spaziale stracarica di doni con un tiro a otto di renne tirate a lucido, più la nona renna, Rudolph, quella ufficiosa e forse proprio per questo la più simpatica. Insomma, trattasi di una festa diversa, per godere delle piccole cose, che alla fine sono spesso le più importanti. Le calze verranno trasportate dalla picci nel nostro lettone e lì lei si diletterà nello scartare, scoprire, ridere di un regalino azzeccato, come le due bustine di cavallini che stamattina sono finalmente riuscita a trovare in un'edicola dopo che altre quattro ne avevano decretato la scomparsa, o imbronciarsi di un aglio o di una cipolla, simboli delle birbanterie commesse durante l'anno. Io tornerò indietro nel tempo a quando ero io, nel lettone dei miei, ad effettuare la stessa operazione e mi emozionerò, felice e triste al tempo stesso. Forse un po' più saggia, sicuramente più befana.
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