venerdì 4 febbraio 2011

Il baule

Chiudere una porta non vuol dire chiudere su tutto, perdere la memoria, resettare, annullare, sbianchettare tutto col correttore liquido, quello che sembra smalto da unghie, o quello a rullo, che potrei farci ghirigori a giornate intere. E’ certamente la fine di un capitolo, ma da lì a finire il libro ce n’è ancora tanta di strada. Tutta la vita. Procedo quindi con questo bagaglio appresso, che a volte scivola veloce come un trolley, mentre altre pesa più di un baule da corredo di una signorina dell’ottocento. Pieno. Mi sento strana, come se mi mancasse qualcosa, amputata. Evito di parlarne, perché so che mi fa star male, allora scivolo veloce sulle domande come se avessi i pattini a rotelle, accenno un salto in aria per distrarre il pubblico e svio rapida su un altro argomento. Leggo i loro pensieri come fossero fumetti, questa è una tosta. Invece no, nossignori che non son tosta. Sono un pezzo di burro lasciato fuori dal frigo una giornata, basta sfiorarlo con un dito per tagliarlo. Un morbidissimo ricciolo pronto da spalmare sul pane. Accampo le scuse più stupide e false perfino con me stessa quando cerco il modo per non andare a far visita più spesso ai miei genitori e puntualmente mi odio per questo, per questa codardia, per il dolore che mi esplode dentro quando faccio questi pensieri, ben sapendo che sto solo cercando di evitare l’altro dolore, quello lacerante, che mi lascia a brandelli tutte le volte. Una parte di me non riesce ad accettare che lei non tornerà più quel che è stata per me, con me. Come se aspettassi un miracolo, se m’illudessi che improvvisamente qualcosa potesse cambiare e lei potesse tornare ad essere quello che mi manca ancora così tanto. Non voglio capire che quelle povere carezze che ancora posso darle sono l’ultima cosa che mi è rimasta per unire una figlia ad una madre. Non voglio vedere. Ed è come se spengessi la luce.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

non è coraggio se non fa paura e una persona che si fa tante domande ha tanta paura ma anche tanto coraggio..Quello che gli altri non vedono non ti rende una persona sola e sorrdiere di essere un ricciolo di burro è un modo per provare a fare carezze che a volte ci paralizzano.
Buone giornate piene di sole soprattutto nel tuo cuore

Mirtilla ha detto...

Mio padre si è allontanato dal nostro mondo a poco a poco e ogni volta che lo vedevo era una lama nel petto. Spesso ho evitato di andare a fargli visita, soprattutto verso la fine, per non vedere e non soffrire. Oggi rimpiango ogni momento non passato con lui. Ti capisco e ti auguro di avere coraggio

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