lunedì 27 agosto 2007

Casa dolce casa


Sorvolando sul fatto che da sabato sera sono vittima di un raffreddore che in confronto quelli che mi assalgono in pieno inverno sono un gioco da ragazzi, e che forse la poca voglia di uscire possa essere stata un po’ legata al fatto che non potevo allontanarmi di molto dalla scorta di kleenex sparsi per tutta la casa, fatto sta che la giornata domenicale di ieri, trascorsa interamente tra le mura domestiche, non mi ha trasformata in una tigre in gabbia come normalmente accade ma al contrario mi ha fatta sentire calma e rilassata come non accadeva da tempo, felice di essere attorniata dalle mura di casa mia, circondata dai colori, dai rumori e dagli odori del mio habitat familiare. Ho quasi amato la mattinata trascorsa tra i fornelli e l’asse da stiro, mentre il mio consorte allungato sul divano era immerso nella lettura assai impegnativa del suo amato Tex e dalla cameretta della picci provenivano i suoi allegri cinguettii mentre allestiva alacremente la casa di campagna di Barbie e Ken. Ho apprezzato la tranquillità, assaporando il tempo a disposizione, gratuito e abbondante, mentre nelle pigre ore pomeridiane cercavo di selezionare i quasi novecento scatti fatti in viaggio (avrò esagerato?) e dal soggiorno arrivava sommesso il commento televisivo del gran premio, cosa che normalmente non considero affatto la colonna sonora ideale. Ieri, invece, no. Amavo tutto della mia casetta, anche la polvere sugli scaffali e la solita roba accatastata qua e là causa mancanza di spazio. Lo sguardo cadeva sul giardino invaso dal sole e dalle foglie cadute durante i temporali dei giorni scorsi e invece di venir colta da un attacco di panico al pensiero di dover prima o poi porvi rimedio, sorridevo inebetita e felice. E l’idea che la quarantina di bottiglie di vino che mio marito si è portato appresso come souvenir continuino a stazionare all’ingresso come soldatini chissà per quanto tempo ancora non mi generava alcun tipo di ansia, ma solo una placida e serena rassegnazione. Non so se siano stati i quattromila chilometri percorsi o la ressa di immagini e sensazioni che ancora invade la mia testa, ma per una volta la sindrome del ritorno al nido è stata un vero toccasana.

1 commento:

Anonimo ha detto...

A volte le diecimila cose da fare e i miliardi di pensieri in testa sulle cose da fare.. si trasformano in un "placido niente" su cui lasciarsi andare come sopra un'amaca.
A me capita, molto di rado, ma capita.
Baci A.

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