Stavolta è arrivata per davvero. L’Estate, rovente e implacabile, dopo qualche avvistamento e falso allarme, è giunta in città anche quest’anno. Non posso certo dire che l’aspettassi, per me poteva anche andare a trascorrere le vacanze in qualche altro luogo, concedersi un anno sabbatico o magari il prepensionamento, che di questi tempi meglio afferrarlo al volo se te lo danno. Io non ne avrei comunque sentita la mancanza. Dell’Estate cittadina, beninteso, quella che ti si affianca inesorabile mentre corri al lavoro e inizi a sudare già alle otto di mattina, quella delle notti in bianco a rigirarsi scalciando via lenzuola e zanzare, quella che quando sali in autobus ti chiedi se gli altri occupanti conoscano il significato della parola deodorante. Non certo della sua meravigliosa sorella, l’Estate vacanziera, frivola e caciarona, che invece amo alla follia, sia che la incontri su una battigia azzurra e schiumosa che su di un irto sentiero montano oppure quando mi fa compagnia mentre, macchina fotografica a tracolla, girovago per vicoli e piazzette sconosciute. Ecco qua invece sbarcata tra i palazzi la sorella metropolitana, con il suo bagaglio di quasi 40° all’ombra e un tasso di umidità molto vicino a quello della mia doccia. Marciapiedi roventi dove le impronte dei tacchi restano impresse neanche fosse pongo e l’aria tremolante che quando la incontri in Arizona ha indubbiamente il suo bel perché, ma all’uscita dall’ufficio, stanca e affamata, l’avrei scambiata volentieri con una fresca tramontana, come si fa con le figurine dei calciatori. Anche i turisti in coda davanti ai monumenti, che spesso mi suscitano un po’ di invidia solo per il fatto di essere in vacanza, mi hanno fatto una certa pietà con i loro ombrellini aperti e le canotte sudate tutti presi a sventolarsi con le guide turistiche. Meno male che c’è un po’ di vento, ha detto qualcuno. Vento? Ma se mi pareva che una parrucchiera distratta mi avesse puntato un phon in piena faccia, mentre mi dirigevo a riprendere mia figlia al centro estivo, rasentando l’ombra e il muro come i cani. Lei mi è corsa incontro, rossa e accaldata, ed ho pensato che stesse per sciogliersi, come un ghiacciolo alla fragola sotto il solleone. No no, anche se sorelle, forse gemelle, io preferisco sempre l’altra, quella vacanziera e spensierata. Sarà parzialità? Può darsi benissimo.
1 commento:
bellissimo...il paragone del vento e della parrucchiera eè esilarante!!
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