
Che barba, che noia. Che noia, che barba. Come dice la Mondaini. Uffa, che palle. Come dico io. Insomma, ci risiamo. E’ arrivato quel periodo dell’anno che amo e che odio, che mi piace da pazzi e che se potessi salterei direttamente al sette Gennaio, che mi fa andare in fibrillazione alla prima pallina glitterata che vedo e che mi fa salire l’ansia come non mai. Non sono impazzita, o forse è proprio perché lo sono, ma il mese che precede il Natale mi fa sempre quest’
effetto, mi elettrizza e mi deprime al tempo stesso. Un ottovolante di sentimenti contrastanti, una giostra impazzita che non si fermerà fino ai primi giorni del duemiladieci. Benché ogni anno mi premunisca, indossando una lucente armatura e allenandomi con un po’ di training autogeno, ci ricasco sempre. Vado in brodo di giuggiole all’idea di decidere il colore dell’albero, il leitmotiv delle decorazioni, indecisa tra il bianco totale, il viola luccicoso, che però da queste parti potrebbe essere equivocato con un amore sviscerato per la Fiorentina, cosa che manco per l’anticamera, e le decorazioni bio, tutte legno, feltro e bacche in quantità. Piango lacrime amare al rileggere quella poesia scritta dalla dodicenne gallinella,
…di fronte ad un albero spento, nel silenzio del giorno di Natale, al ricordarmi perfettamente la tristezza del giorno in cui la scrissi, e al rendermi conto di quanto quei Natali mancati mi manchino ancora così tanto. Sfoglio con ardore la brochure natalizia di Ikea che ha invaso il portapubblicità fuori dal portone, innamorandomi di qualsiasi lucina come se nemmeno dovessi illuminare l’Empire State. Abbraccio mia madre e non riesco a stringerla come vorrei, non posso non pensare ai nostri Natali di solitudine, a quanto la vita si stata ingiusta con lei, con noi, e mi sento assalire da quel dolore che conosco così bene ma al quale, diamine, non ci si abitua mai. Cercherò di camminare guardando dritto davanti a me, come un equilibrista sul filo, senza pensare al vuoto che c’è sotto ma solo alla bellezza del cielo che mi sovrasta. Mi butterò nella mischia, perché è così che si fa, e vai di
calendari dell’avvento, di letterine a Babbo Natale anche se
non ci si crede più perché far finta è forse ancora più bello, di liste di regali da buttar giù con un occhio ai desideri ed uno al portafoglio, di presepi da allestire con muschio e sassolini sul mobile nuovo e qualche biglietto
old style da scrivere a mano e spedire leccando il francobollo. Se ogni tanto mi si velerà lo sguardo, darò la colpa al raffreddore.