lunedì 27 aprile 2009
Fili di parole
Voglia di scrivere, di buttar giù parole, di farle uscire una ad una, in fila indiana e inanellarle tutte come perle da infilare in una collana lunga, lunghissima, da girar tre volte intorno al collo, che si porti via quel filo d’ansia, quel batticuore, quel nodo nel respiro, quel broncio strano che mi ha già stufato ma del quale non riesco a liberarmi. Bisogno di dire, di raccontare, non so nemmeno io che cosa, ma qualsiasi cosa andrà bene, perché quando scatta questa voglia la si può placare solo soddisfacendola, come quando verso mezzogiorno ti prende quel languorino che ti mangeresti un bufalo con tutte le corna o come una donna incinta che nel cuore della notte spedisce il maritino a farle una fritturina di pesce, che questa marca di mariti poi mi devono spiegare dove la si compra, così dolci e zuccherini che dopo un’ora mi sarebbe già venuta una carie. Così parto per non sapere neppure dove arrivare, salgo su un treno a caso per scendere a Roma oppure a Torino, ma il viaggio mi avrà fatto bene, mi sarò svagata, guardando dal finestrino quel panorama che scorre via veloce e sembra sempre uguale ma che a ben guardare è così diverso, fiumi, casolari, colline, pianure e campanili, ce n’è per tutti i gusti. Ci son talmente tanti binari che attraversano questa tastiera, che uno qualsiasi andrà benone, oppure cento tutti insieme. Potrei scrivere del girovagare alla Mostra dell’Artigianato di sabato scorso, mentre tenendo per mano la pulcina nei padiglioni affollati ci siamo incantate a guardare le meraviglie dello stamping, abbiamo dibattuto su quale fosse la fantasia più carina di una tovaglia provenzale e ci siamo ipnotizzate a guardare tutte le varietà di sale che esistono sulla faccia della Terra, da quello di Guérande a quello nero delle Hawaii, da quello rosa dell’Himalaya a quello con le alghe, da quello con le rose di Persia a svariati altri, che li avrei voluti comprare tutti e poi alla fine, come spesso succede in questi casi, non ne ho comprato nessuno. Potrei dire della grigliata dei comunicandi di domenica, che si è tenuta lo stesso nonostante la pioggia, con qualche coraggiosissimo babbo che si è dedicato alla carbonella, incastrando i barbeques sotto una specie di impalcatura per non bagnarsi troppo e finendo comunque fradicio, puzzolente e stranamente sorridente, che quando si sta bene tutti insieme, grandi e piccini, accomunati da una salsiccia e un’insalata, ci si accorge che basta davvero poco per far di una domenica un giorno di festa. Oppure del come mai ci siano stati nuovamente dei disgraziati che domenica sera nei pressi dello stadio si sono rincorsi e menati e anche di peggio che poi sembrava un film tra ambulanze e macchine della polizia ma non lo era, e tutto per le solite maglie, che stavolta erano viola e giallorosse ma potevano essere celesti, bianconere, rossonere e la sostanza non sarebbe cambiata, e della strana casualità che fa accadere queste tristi vicende solo se c’è di mezzo un pallone sferico mentre invece quando la palla è ovale nascono solo episodi di solidarietà e rispetto. Scriverei anche dell’inaspettata mail che stamattina mi ha comunicato di aver vinto un premio per questi ricordi di bianco e di magia, e di come io abbia pensato che in effetti per scrivere qualcosa che abbia un senso spesso non si debba arrampicarsi sugli specchi ma basti chiudere gli occhi e raccontare col cuore. Parlerei anche di questi giorni strani e frenetici in azienda, dei cambiamenti che stanno avvenendo, dei fogli e delle firme che tra poco scorreranno veloci sulla carta e che Dio ce la mandi buona e senza vento, che nonostante tutte le rassicurazioni io mi sento molto San Tommaso e che per cantar vittoria sono sicura che ci sarà tempo. Sì, direi di tutto questo, o forse no, di altro ancora, va bene tutto. L’importante è tirar fuori le parole, una dopo l’altra, e metterle in fila.
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3 commenti:
Ed io, come sempre, dalle tue parole mi lascio chiamare, tirare, ammaliare ... ed ogni volta mi prende la meraviglia pensando a quante cose riesci a farci stare dentro a queste parole. Ciao, Beta
(se vuoi, adesso "ci sono" anch'io!)
beh, a Torino sei arrivata!
entro nel tuo pollaio e mi metto ad ascoltarti. cioa
...naturalmente era un "ciao"
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