venerdì 21 ottobre 2011

Un trauma tira l'altro

Pensavate di avere davanti delle povere persone inermi, senza più voglia né cuore per alzare la testa, per arrabbiarsi, come spesso sono quelli che hanno sofferto già tanto, troppo, quelli che i conti con la vita grigia e col dolore li hanno già dovuti fare così tante volte che non gli sono rimaste più nemmeno le lacrime, figurarsi la voce per gridare. Ma forse non avevate fatto bene i conti, ed i conti bisogna farli sempre insieme all’oste cari signori, perché altrimenti si rischia di sbagliarli, e magari ci si resta male. O meglio dire sorpresi, spiazzati và, che per far restar male quelli come voi ci vogliono altro che un po’ di poveracci che un bel giorno della loro vita hanno dovuto prendere la decisione più dolorosa che esiste ed accompagnare un padre, una sorella o uno zio, invalidi e gravemente malati, in un posto che da quel giorno sarebbe diventato la loro casa per sempre. Ma nei vostri grandi piani di budget e riorganizzazione non avevate forse considerato un piccolo dettaglio insignificante. Che chi arriva a passare quei momenti, quei terribili dolorosissimi momenti, preceduti da mesi ed anni di preoccupazioni e di angosce, come nel mio caso che ne ho dovute addirittura accompagnare due di persone in un posto così, dentro di se accumula così tanto dolore, sofferenza e tristezza che al primo che si azzarda a dire qualcosa gli si salta direttamente alla gola. Come possiamo restare indifferenti ascoltando la voce della persona che dovrebbe tutelarci ed aiutarci, dire che avendo già fatto passare un trauma ai nostri cari quando li abbiamo accompagnati lì, quale problema ci sarebbe adesso a fargliene passare un altro? Parole assurde, inconcepibili, veramente da non riuscire a credere di averle sentite. Così, indignati e offesi, continuiamo a lottare. Probabilmente senza speranza, piccoli folli Don Chisciotte contro un esercito di mulini a vento, ma ciononostante continuiamo la battaglia. Per le persone che abbiamo accompagnato lì, in quella che adesso considerano la loro casa davvero. Per coloro che non hanno voce, finché la nostra ancora avrà un suono. Per la loro dignità di esseri umani. Perché le mie due persone sono mio padre e mia madre.

5 commenti:

Annalisa ha detto...

Noi non ci siamo riusciti con mia nonna...non siamo riusciti a prendere questa decisione....sono stati due anni lunghissimi, impregnati da sensi di colpa che ancora mi porto dietro..sono scelte difficili e dolorose e chi non c'è passato non si può permettere di parlare e giudicare...perchè è questo che succede in questi casi....ti capisco benissimo e ti auguro un pò di meritata serenità....un bacio Gallinella

Amanita ha detto...

Oggi mi siedo qui. In silenzio.

Mirtilla ha detto...

Due anni fa abbiamo dovuto portare mio padre in una struttura così perchè aveva una malattia degenerativa che non si riusciva a gestire da soli in casa. Non ti dico quanto ho sofferto per questa decisione. E i sensi di colpa sono anche aumentati dopo la sua morte, l'anno scorso. Spesso mi chiedo se non sarebbe stato meglio tenerlo a casa nonostante i sacrifici perchè potesse passare gli ultimi mesi tra le mura che proprio lui aveva costruito tanti anni prima. Non ci sono risposte. Nemmeno chi ci passa può avere la risposta giusta, figurati quelli che (stra) parlano da fuori. Un abbraccio

paola ha detto...

...solo chi vive certe situazioni può comprendere... stringiamoci forte ai nostri vecchi diventati bambini e difendiamoli coi denti come loro ci hanno difesi dalle brutture della vita fino a farci diventare ciò che siamo oggi... ogni decisione presa col cuore, anche la più dolorosa, è quella giusta...coraggio...

PaolaFrancy ha detto...

mi dispiace, tanto. come te, anche io spesso lotto contro i mulini a vento, pensando che tutti abbiano almento un pizzico di buono in loro. forse siamo dei folli don chisciotte...ma io proprio non ce la faccio a non lottare. e ti auguro con tutto il cuore di avere sempre la forza per farlo. dai, gallina...non mollare. ti abbraccio, paola

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