martedì 8 aprile 2008
Onora il padre
Non abbiamo litigato tante volte noi due e, pensa un po’, mi viene da dire purtroppo. Già, perché in effetti ti ho sempre sentito un po’ lontano babbo, vuoi per il tuo carattere così cordiale con tutti ma sempre troppo superficiale con me, vuoi per gli eventi che ti hanno allontanato da me in quella fase così cruciale della vita che sta ai confini tra infanzia e adolescenza che dopo è stato impossibile rimediare. Del resto è difficile per una bambina non credere alle parole di sua madre che, malata gravemente, non sa quel che dice ma che è sempre tua madre e, qualsiasi cosa dicano gli altri, a quell’età una mamma è un qualcosa di molto vicino ad un oracolo. Così, rimpiango i litigi mai avvenuti tra te e me, le punizioni che mi avrebbero fatta rifugiare in camera mia sbattendo la porta, le ramanzine severe che mi avrebbero fatta piangere lacrime amare. Tutto ciò non è avvenuto, ed è stato forse lì che ci siamo allontanati ancora di più. Non era facile per te, lo so. Adesso che anche io sono passata dall’altra parte della barricata, capisco come sia stato difficile per te vivere un rapporto infelice e drammatico, una separazione, una riconciliazione e, sopra ad ogni cosa e dentro ad ogni cosa, la malattia della mamma che ha contaminato la mia e la tua vita e che ci ha strappato la serenità. Io c’ero però, sai babbo, ed avevo bisogno di te. Avrei preferito uno schiaffo alle diecimila lire che mi davi per farmi felice, perché avrebbe significato che mi pensavi, che ti preoccupavi per me, che mi volevi bene. Forse per te quelle banconote avevano lo stesso significato ma per me non era così, anche se me ne rendo conto solo adesso. Avrei voluto sentirmi chiedere come stai o sei felice, come del resto vorrei sentirmelo chiedere ora. Sì babbo, sono passati tanti anni ma il vuoto da colmare è ancora lì e ormai non credo che possa più essere riempito. Domenica abbiamo litigato, che strano, ma ero io quella che faceva la severa ramanzina e s’imbatteva nella tua superficialità e il tuo egoismo che, anche se fa male dirlo, sono ancora lì immutati dentro di te. Mi sono sentiva un verme a sbraitare di fronte ad un ottantenne e ad un’inferma in sedia a rotelle ma ne ho viste passare talmente tante che non sono riuscita ad arginare il fiume in piena di rabbia e di incredulità che mi ha invasa. Perdonami babbo. Oppure, sarebbe meglio dire perdoniamoci.
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9 commenti:
Credo che fosse lo sfogo a cui avevi diritto. E per lui la liberazione dalle cose non dette...
Baci
passare oltre.....
Gallina.... più ti leggo e più ti voglio bene.
Così...
Semplicemente
Perchè scusa ? Tirare fuori quello che si porta dentro da tanto tempo fa bene...
Con mio padre non posso più litigare da 2 anni... E da 2 anni faccio da madre a mia madre... Vorrei sentirmi chiedere "come stai"... vorrei sentirmi dire "tranquilla, ci penso io"... invece niente... mi barcamento nel ricordo di uno e nella continua ricerca della ricetta per la sopravvivenza con l'altra...
Ti sono vicina...
la superficialità di un genitore è una cosa tremenda. Io purtroppo lo so. Poi però ho scoperto che non era superficialità...era solo una timidezza recondita, con cui mi scontro quasi quotidianamente. Però capisco cosa hai provato. Ho avuto la fortuna di capire che dietro quel modo di fare c'era altro, ma spesso anche io vorrei solo una carezza e sentirmi chiedere (e soprattutto che venga ascoltata la risposta) come stai?
cara gallina, è troppo tardi solo per chi non si può più toccare. Ora che sei sall'altra parte della barricata, prova a farlo tu, il primo passo. Un abbraccio può sanare mille incomprensioni...
Con affetto
Sì, è vero che un abbraccio sana più di mille parole...ma è così difficile sbloccare certe situazioni,non si colmano certi vuoti. Dobbiamo (parlo anche per me) solo fare pace con noi stessi, accettare DENTRO che quel che è successo non si cambia, dimenticarci nel ruolo di figli, lasciarcelo alle spalle. Significa CRESCERE, ma è doloroso e, soprattutto, non lo vogliamo perchè, rimanendo figli, speraimo sempre di ricevere quanto non è mai arrivato. Crescere significherebbe non sperarci più. Ma che casino!!!!
Scusa se mi intrometto, ma questo blog è semplicemente affascinante.
Vito
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