
venerdì 21 dicembre 2007
Via

mercoledì 19 dicembre 2007
Filastrocca

ninnananna di notte buia e stellata
gli abeti risplendono di mille fiammelle
le calze nascondono le tue caramelle.
Gli sguardi si incrociano pieni di amore
sperando che nasca un mondo migliore
che arrivi in silenzio come il bambinello
e riesca a cambiare anche il nostro cervello.
La terra è macchiata da troppi dolori
disastri violenze e improvvisi bagliori
che l’oro e le stelle non posson coprire
ed io non riesco a guardarti dormire.
I volti dei bimbi mi danno speranza
girotondo di pace e infinita alleanza
abbracciami stretta in questo momento
ascoltiamo col cuore questo cupo lamento.
lunedì 17 dicembre 2007
Enchanted

giovedì 13 dicembre 2007
La sciarpa

martedì 11 dicembre 2007
Bentornato

lunedì 10 dicembre 2007
Sempre più simpatici

giovedì 6 dicembre 2007
Strudel di pere

Ingredienti:
2 pere Williams grosse e mature
250 gr. pasta sfoglia
60 gr. biscotti savoiardi
zucchero semolato
uvetta sultanina
pinoli
scorzette di arancio candite
cannella in polvere
zucchero a velo
Preparazione:
Sbucciare le pere, tagliarle in quarti e affettarle. Stendere un rettangolo di pasta sfoglia di circa 30 centimetri per 25 e coprirlo con i savoiardi sbriciolati. Allargare sopra le pere a fettine, una manciata di uvetta, i pinoli e un passata di zucchero. Insaporire con le scorzette di arancio e la cannella in polvere. Arrotolare la pasta sfoglia chiudendo all’interno tutti gli ingredienti e rimboccando le due estremità. Fare due-tre taglietti sulla parte superiore e adagiare lo strudel su una placca da forno rivestita di carta da forno. Cuocere in forno caldo a 200° per 30-35 minuti. A cottura ultimata lasciar intiepidire e cospargere con zucchero a velo. Tagliare lo strudel a fette spesse accompagnando con panna montata.
lunedì 3 dicembre 2007
Carpe diem

giovedì 29 novembre 2007
Corsi e ricorsi

mercoledì 28 novembre 2007
Che la festa abbia inizio

lunedì 26 novembre 2007
Gelatoterapia

giovedì 22 novembre 2007
Pimpa look

mercoledì 21 novembre 2007
Nonostante

martedì 20 novembre 2007
Ritorno alla capanna (dello zio Tom)

lunedì 19 novembre 2007
Plum-cake mais e cioccolato bianco

Ingredienti:
150 gr. chicchi di mais al naturale
20 gr. scorza di arancio candita, a pezzettini
80 gr. cioccolato bianco
150 gr. zucchero
180 gr. farina
150 gr. burro
2 uova
mezza bustina di lievito
zucchero a velo
Preparazione:
Frullare bene lo zucchero con il burro, quindi incorporare le uova, la farina, il lievito, il cioccolato a pezzetti grossolani, la scorza di arancio candita e il mais ben sgocciolato. Foderare uno stampo da plum-cake di media grandezza con della carta da forno imburrata e cuocere in forno caldo a 180° per 45 minuti. A fine cottura lasciare raffreddare completamente a temperatura ambiente e poi sformare, spolverizzando con zucchero a velo.
venerdì 16 novembre 2007
Ciao nonno

mercoledì 14 novembre 2007
Credevo

pensavo di essere fuoco ma son solo scintilla
correvo su fili di ferro ma son ragnatele
mi accorgo che in bocca ho soltanto il sapore del fiele.
Guardo la pioggia cadere senza rumore
il cuore rincorre il respiro e diventa timore
pensieri più grigi di un gatto si acciambellano invano
e vorrei imboccare la strada per giunger lontano.
Vedo riflessi di acciaio sulla mia pelle
ma son solo brividi ansia e cattive novelle
le lacrime allagano il volto come un campo da arare
e quello che posso e riesco è soltanto annaspare.
Credevo di avere la miccia come un ordigno
ma son solo una una madre inconsueta a forma di scrigno
ripieno di amore tristezza e caffè
le chiavi le ho perse e resto qui alla mercè.
lunedì 12 novembre 2007
Ospiti inattesi

venerdì 9 novembre 2007
Dolore e dolore

giovedì 8 novembre 2007
Basta poco

martedì 6 novembre 2007
Simbiosi

sabato 3 novembre 2007
Un abbraccio in tasca

venerdì 2 novembre 2007
Nostalgic meme

Tito Stagno e il primo piede sulla luna, il Buondì Motta a scuola nel sacchettino di cotone a quadrettini, il mangiadischi arancione, i 45 giri delle Fiabe Sonore “a mille ce n’è…”, il gioco delle palline da far schioccare che invariabilmente mi maciullavano il polso, la Fiat 850 bianca di mio padre, l’enciclopedia dei Mille Perché, merenda a pane e olio, Sandokan, la pubblicità con la Linea, il grembiulino bianco col fiocco di colore diverso ogni anno, Maga Maghella sulla scarpa di Corrado, la sigla di Oggi le Comiche, Nixon e Kissinger, Furia cavallo del west, le olimpiadi di Monaco, il Dolce Forno, il dentifricio Paperino’s, Barbie reginetta del ballo con dadi e segnalini, lo Zecchino d’oro col Mago Zurlì, l’indigestione di fichi a casa dei miei nonni, Rischiatutto e il Dott. Inardi, le imitazioni di Alighiero Noschese, il latte condensato, l’Ovomaltina, la cartella scolastica di similpelle rossa, il doposcuola, il Pongo, le vacanze in Cadore, il mare del Cinquale, i bigodini di mia madre, il cappottino da mezza stagione, il Crystal Ball, i trasferelli, gli uomini col borsello, l’acqua frizzante fatta con le bustine, Paolo Valenti che segnava la fine della domenica…
…chi continua?
mercoledì 31 ottobre 2007
La dieta hoplà

giovedì 25 ottobre 2007
Soprattutto

Ci sono momenti in cui penso di essere dalla parte del torto, di stare sbagliando clamorosamente, di aver preso la cantonata della mia vita. Quando le altre parlano di palestra, di colf, di parrucchiere tutti i sabati, dell'ultimo modello Vuitton. In altri invece sono sicura che la strada intrapresa sia quella giusta, quella che ha voluto il mio cuore, quella che non ce ne sarebbe potuta essere una diversa. Il mio essere mamma, completamente, visceralmente, appassionatamente. Più ancora di essere donna, di essere moglie, di esser me stessa, io sono madre. Forse è sbagliato annullarsi così, rinunciare a un qualsiasi tipo di futuro professionale più gratificante, ché già chiamarla carriera mi pare troppo, per scegliere, anzi volere, bramare, pretendere un part-time che mi ha fatta automaticamente diventare l’ultima ruota del carro. E forse il fatto che le nonne non possono essere arruolate, una vorrebbe ma non può, l’altra potrebbe ma non vuole, di fondo è solo una scusa che ho issato a mo’ di vessillo per giustificarmi. Il mondo è pieno di baby-sitter, tate, ragazze alla pari, scuole a tempo pieno e campus estivi a quindicine intere. Basta pagare. Ma sono convinta che la busta paga più grassa che un ruolo diverso mi avrebbe garantito sarebbe bastata a pagare i conti, un po’ di shopping firmato e la piega settimanale, certamente, ma non sarebbe bastata a far tacere il mio cuore. Non c’è bustarella che tenga per un cuore di mamma come il mio, che si crede di essere l'unico e l'indispensabile e che forse prima o poi si accorgerà che non ne valeva la pena, chissà. Ma che adesso è così felice di mettercela tutta, di barcamenarsi ogni giorno come un acrobata sul filo, di arrivare a sera col fiatone. Felice di sgridare, di baciare, di arrabbiarsi, di lavare, di ascoltare, di esserci. All’uscita da scuola, pioggia o sole che sia. Al ginocchio sbucciato. Al segreto confidato. Alla bugia scoperta. Alle matite spuntate. Alle bambole rotte. Alla buonanotte e al buongiorno. Sempre e comunque, soprattutto mamma.
E fanbrodo all'ultimo modello Vuitton.
mercoledì 24 ottobre 2007
Muffins diamante e cioccolato
Traendo ispirazione dalla torta con pepite di Diamanterosa, aggiungendo un po’ di yogurt magro, tanto per restare sul light, e un’idea di limone, ché l’agrume io lo infilo dappertutto, mi sono finalmente concessa una rilassantissima seduta di frulla-sbatti-incorpora-impasta, grembiule d’ordinanza e Louis Armstrong a illuminarmi il cuore. Una mezzora più tardi dal mio forno sono usciti questi simpatici muffins, profumati e prêt-à-porter. Al marito semiaddormentato sul divano, nello zaino della picci, in ufficio qui con me.
Ingredienti:
3 uova
250 gr. di ricotta
250 gr. di zucchero
125 gr. di yogurt al limone
300 gr. di farina
1 bustina lievito
1 tavoletta di cioccolato fondente o al latte
Preparazione:
Ingredienti:
3 uova
250 gr. di ricotta
250 gr. di zucchero
125 gr. di yogurt al limone
300 gr. di farina
1 bustina lievito
1 tavoletta di cioccolato fondente o al latte
Preparazione:
Sbattere le uova con lo zucchero fino ad ottenere una crema omogenea, aggiungere lo yogurt e la ricotta ed amalgamare bene con la frusta. Versare pian piano la farina mescolando bene e infine il lievito. Spezzettare il cioccolato a pezzetti grossolani, versarlo nell’impasto e mescolare. Ungere con olio degli stampini da muffins e versarci il composto riempiendoli fino a 1 cm. dal bordo. Infornare in forno caldo a 190° per circa 25 minuti. Lasciar raffreddare a temperatura ambiente e sformare. Servire tiepidi o freddi.
lunedì 22 ottobre 2007
Voglia di aromi

venerdì 19 ottobre 2007
Chi cerca trova

Dopo alcuni anni di ricerche, migliaia di annunci letti e cerchiati, centinaia di telefonate, dozzine di abitazioni visitate e due trattative naufragate, è arrivata finalmente la casa che cercavamo. Che si trova anche molto più vicino di quello che pensassimo. E che è apparsa all’orizzonte da sola, senza annunci ritagliati dai quotidiani o cartelli fluorescenti appesi ai pali della luce, senza telefonate untuose di agenti immobiliari sempre più simili ad avvoltoi, senza visite di gruppo in orari scomodi e vie sconosciute da cercare sullo stradario. Niente di tutto ciò. Sono bastate invece poche parole, scambiate ormai tanti anni fa che non ricordavamo quasi più, e invece, per fortuna, c’è chi ha buona memoria. I vicini del piano di sopra, che si trasferiscono e vendono il loro appartamento. Non è che vi interessa ancora, nel qual caso, vediamo, potremmo fare una scala, demolire, murare, perché no. Ed io che non volevo cambiare zona, non volevo sradicarmi da questa parte della città che non è la mia perché non vi sono nata né cresciuta ma che mi piace così tanto. Che è quella dove mio marito rincorreva i suoi fratelli da piccolo, dove spingevo la carrozzina sotto il sole caldo e dove mia figlia ha imparato ad andare in bicicletta. Non volevo allontanarmi e sono stata accontentata. Anche troppo, visto che non cambierò neppure l’indirizzo. O meglio, quando arriverà l’esercito di muratori, carpentieri, idraulici, imbianchini ed architetti, l’indirizzo lo dovrò cambiare per forza e il solo pensiero mi terrorizza. Io che vado in crisi al semplice cambio degli armadi, che odio far bagagli, che al solo sentir nominare la parola trasloco mi vengono le bolle, dovrò chiudere e sigillare, scegliere e imballare, selezionare e portar via solo l’essenziale. L’essenziale? Se per un paio di settimane di vacanza riempio una station wagon, per alcuni mesi fuori casa non mi basterà un TIR. Ansia. Se poi penso anche a quella parolina semplice e corta che ultimamente è così di moda che è tutto un gran parlarne, il mutuo, sì il mutuo a tasso fisso, variabile o misto, quello che avevi giusto finito di pagare due anni fa, e che adesso si ripresenterà puntuale alla tua porta per un altro secolo o giù di lì, l’ansia non basta più e fa il suo ingresso trionfale l’attacco di panico. Terrore allo stato puro, ecco. Roba da non dormirci la notte, che al confronto Dario Argento in prima serata mi farebbe da sonnifero. Occavolo, ma siamo proprio sicuri che la casa più grande ci volesse davvero? Mia nonna mi avrebbe saggiamente risposto: l’hai voluta la bicicletta? …pedala!
giovedì 18 ottobre 2007
C'è posta per me

E’ arrivata per posta, dalle nebbiose terre inglesi, accompagnando una lettera triste per la verità, ché quando qualcuno ci lascia per sempre, anche dopo una vita lunga e felice, vi è sempre tristezza, cieli grigi e sguardi velati. Ma, come un raggio di luce che improvvisamente squarcia le nubi e brilla sul mondo bagnato e abbacchiato, come un abbraccio consolatorio che ti spinge a proseguire e a guardare oltre, c'erano queste parole di augurio, così belle che mi hanno fatto tremare il cuore. Un'antica benedizione irlandese, autore sconosciuto, come spesso accade quando ci si imbatte in versi semplici ma così densi di significato. Parole benauguranti dunque, che mi hanno resa felice e che dispenso a mia volta con somma gioia. Un augurio alla sottoscritta Gallina, che troppo spesso si complica la vita rincorrendo sogni e castelli. Un augurio al suo Galletto, consorte e compagno di vita, di sale, pepe e battibecchi. Un augurio alla loro meravigliosa Pulcina, che cresce svelta, briccona, furba e dolce come il miele. Un augurio a tutta la famiglia Coccodé, nella versione allargata, sempre amata, a volte odiata, frequentemente sopportata, mai rifiutata e molto spesso incompresa. E infine un augurio a tutto il pollaio, a tutti quelli che passano di qui, per caso o per diletto, che razzolano, svolazzano e magari depongono anche un uovo.
A Gaelic Benediction
May the road rise to meet you
may the wind be always at your back
may the sun shine warm upon your face
the rains falls soft upon your fields
and until we meet again
may God hold you in the palm of his hand.
May God be with you and bless you
may you see your children’s children
may you be poor in misfortune
rich in blessings
may you know nothing but happiness.
From this day forward
may the road rise to meet you
may the wind be always at your back
may the warm rays of sun fall upon your home
and may the hand of a friend always be near.
May green be the grass you walk on
may blue be the skies above you
may pure be the joys that surround you
A Gaelic Benediction
May the road rise to meet you
may the wind be always at your back
may the sun shine warm upon your face
the rains falls soft upon your fields
and until we meet again
may God hold you in the palm of his hand.
May God be with you and bless you
may you see your children’s children
may you be poor in misfortune
rich in blessings
may you know nothing but happiness.
From this day forward
may the road rise to meet you
may the wind be always at your back
may the warm rays of sun fall upon your home
and may the hand of a friend always be near.
May green be the grass you walk on
may blue be the skies above you
may pure be the joys that surround you
may true be the hearts that love you.
lunedì 15 ottobre 2007
Il giorno dei lupetti

Che bellissima giornata. Semplice, pura, rara. E proprio per questo meravigliosa. Di quelle giornate che iniziano presto, quasi all'alba, che l'esser mattinieri è caratteristica di ogni buon branco che si rispetti. E quello dei lupetti non può certo essere da meno. Di quelle che vecchi jeans e comode sneakers bastano e avanzano, felpa legata in vita e capelli selvatici tenuti a bada da un elastico, da mamma lupa per l'appunto. Di quelle da zaino in spalla, vecchia coperta da buttare in terra e pranzo al sacco in quantità industriale, che l'appetito non mancherà di certo tra i giovani lupacchiotti, figuriamoci tra i più datati. Di quelle che fortuna che c'è il sole e anche una brezza leggera tanto per ricordarci che signori, perbacco, siamo in Autunno. Di quelle che la picci non la tieni nel letto un minuto di più, tanta è l'eccitazione e la voglia di partecipare, di scoprire, di giocare, di fare il suo ingresso. Di quelle che inizia a cinguettare alle sette del mattino e smetterà solo a tarda sera, testa ciondolante nel sedile di dietro, arruffata, sporca, sudata e infine addormentata. E così ricca dentro. Di quelle che si chiacchiera e si ride con chi si conosce già e poi anche con gli altri, che dopo cinque minuti è come se ci si conoscesse da una vita. Di quelle che l'indice impazzisce e inizia a scattare a raffica sull'otturatore perché ogni momento sembra più intenso di quello appena trascorso, fammi vedere com'è venuta, guardami, levati le dita dal naso. Di quelle che la torta salata che hai preparato per il concorso di cucina delle mamme lupe sfigura un po' in mezzo a certi manicaretti da rivista, ma nella sua allegra semplicità è lì che sorride a tutti e ammicca invitante, assaggiami dai che son buona anch’io. Di quelle che quanto tempo che non mi divertivo così, che stavo bene con gli altri, che non assaporavo questa gioia fatta di piccole, piccolissime cose. Impalpabili quasi. Di quelle che ti auguri tornino presto, prestissimo, speriamo, chissà. Di quelle che strabocchi di contentezza per l'allegria di tua figlia, per l'amore e la passione che traspare dalle parole, dai gesti e dal cuore dei suoi nuovi capi, per la fortuna di averli incontrati sul tuo e sul suo cammino. Di quelle che, mannaggia, avessi una trentina d'anni di meno, quel cappellino lo indosserei proprio volentieri. Di quelle che si impara da piccoli a diventare grandi. Ma anche di quelle che si impara da grandi a ritornare piccoli.
giovedì 11 ottobre 2007
La sindrome dello scoiattolo

Ci risiamo. Non appena la colonnina di mercurio comincia a scendere, le giornate iniziano a farsi più corte e fanno il loro ingresso sulla scena eserciti di golfini e scaldacuori, io vengo invariabilmente colta dalla sindrome dello scoiattolo. Il mio inconscio, convinto che il letargo sia alle porte, inizia ad inviare segnali allarmanti al mio cervello, il quale fa scattare la necessità impellente ed irrefrenabile di accumulare calorie, che l’inverno è lungo, il gelo incombe e le scorte scarseggiano. Da lì alla sensazione di fame nera il passo, purtroppo, è breve. L’appetito cresce a dismisura, il mio stomaco sembra perennemente vuoto e reclama a gran voce una farcitura di qualsiasi tipo, ettolitri di acquolina iniziano a zampillare nella mia bocca appena sento solo lontanamente nominare parole tipo focaccia, pizza o patatine e vengo colta da raptus improvvisi che mi fanno scassinare il frigorifero alle ore più impensate. Insomma, quello che l’equilibrata dieta primaverile mi aveva fatto raggiungere, riuscendo a farmi rientrare in quei bellissimi pantaloni bianchi che sonnecchiavano sul ripiano dell’armadio da un paio di stagioni, è a serio rischio di finire brutalmente nel secchio. Potrei anche infischiarmene e buttarmi a capofitto in una ciotola di noccioline, ma in questo caso allora gradirei anche approfittare di un bel letargo. Sissignori. Infilarmi sotto il piumone con una bella scorta di Pringles, Fonzies e focaccine assortite e poltrire fino a Marzo inoltrato. Questa sì che sarebbe una giusta contropartita. E se al risveglio i pantaloni bianchi non mi entrassero più, pazienza, sarebbe il loro turno di letargo fuori stagione.
martedì 9 ottobre 2007
Ti ringrazio

Mi ha fatto piacere incontrarti, rivederti, sentirmi nuovamente accanto a te. Era un bel po’ di tempo che non venivo a casa tua, che non ascoltavo le tue parole, che non avvertivo la tua presenza. Nei miei pensieri ci sei sempre stato e questo tu lo sai bene. Sei nelle gocce di rugiada che imperlano i petali dei fiori, nei raggi di sole che scaldano i cuori, nello sguardo un po’ appannato di mia figlia quando si sveglia al mattino, nelle mie mani che impastano, scrivono, amano. Tu ci sei sempre e anche io questo lo so bene. Come so bene di essere un po’ pigra e sempre troppo piena di cose da fare. E così rimando spesso, al giorno dopo, alla settimana seguente, al mese successivo. Ma ti penso. Come due vecchi amici del cuore e dell’anima che non si vedono spesso e si telefonano solo raramente, nelle occasioni speciali, ma che sanno di esserci, l’uno per l’altro, in qualsiasi momento, sempre. Forse non basta, ma io sono fatta così. Domenica però sono stata felice di essere lì a casa tua, seduta sulla panca di legno, mentre le labbra ricordavano perfettamente parole da troppo tempo dimenticate e il mio sguardo ti cercava nella luce che filtrava obliqua dalle vetrate policrome e cadeva sulla testolina bionda di mia figlia che, seduta in prima fila, iniziava quello stesso percorso che anche io iniziai tanti anni fa. E non credere che se non vengo più spesso da te sia perché ho dimenticato. Ma so che anche questo tu lo sai bene. Ed è per questo che ti ringrazio, Gesù.
venerdì 5 ottobre 2007
I love you cialda

La mia ciambella di salvataggio di metà mattina, quando l’occhio comincia a farsi vitreo e il livello di attenzione cala drammaticamente come il livello del Po a ferragosto. La mia ancora di salvezza, che mi rimette in carreggiata quando comincio a sbandare in curva peggio di una A112 Abarth al Rally degli Abeti. Il mio antivirus personale, pronto ad intervenire al primo accenno di sbadiglio nel bel mezzo di una cartella Excel o di un improvviso attacco di ipnosi durante infinite schermate Windows. E' lei, la mia coccola quotidiana, che occhieggia invitante dal cassetto della mia scrivania, vezzosa e modaiola col suo abitino rosso e argento. E' lei, tonda e paffutella, che spande nell'aria quell'aroma intenso e inconfondibile di arabica a media tostatura. E' lei, la mia amatissima cialda, che una volta all'interno del suo box doccia personale, mi regalerà un nettare caldo e profumato, scuro, denso e cremoso al punto giusto. Il mio caffè quotidiano, momento prezioso, rito sacrosanto e indispensabile, assolutamente irrinunciabile.
giovedì 4 ottobre 2007
Cake alle olive e speck
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Seguendo parzialmente una ricetta che avevo trovato qualche tempo fa e aggiungendoci un po’ del mio, ieri ho sfornato questo fragrante cake salato, che si è rivelato semplice e gustoso, ottimo come piatto unico da servire con una fresca insalata di misticanza e un pinzimonio di crudité. L’ho immaginato anche su una allegra tovaglia a quadri durante una scampagnata o facente parte del buffet di una simpatica cena in piedi e trovo che in entrambi i casi non si sentirebbe affatto fuori posto.
Ingredienti:
250 gr. di farina
4 uova
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere di olio extra vergine di oliva
2 cucchiai di senape medio-forte
100 gr. di groviera grattugiato
150 gr. di speck piuttosto morbido, a dadini
200 gr. di olive verdi snocciolate
1 bustina di lievito
pepe verde
Preparazione:
Ingredienti:
250 gr. di farina
4 uova
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere di olio extra vergine di oliva
2 cucchiai di senape medio-forte
100 gr. di groviera grattugiato
150 gr. di speck piuttosto morbido, a dadini
200 gr. di olive verdi snocciolate
1 bustina di lievito
pepe verde
Preparazione:
In una ciotola versare il vino bianco e sciogliervi dentro la senape, aggiungere l’olio e mescolare bene. Incorporare le uova e con l’aiuto di una frusta amalgamare il tutto. Macinare del pepe verde e mescolare, senza salare. Versare la farina e infine il lievito. Quando l’impasto sarà ben cremoso, aggiungere i dadini di speck, le olive e il groviera grattugiato. Foderare uno stampo da plum cake con carta da forno imburrata e versarci l’impasto. Cuocere in forno a 180° per circa 40 minuti. Servire tiepido.
martedì 2 ottobre 2007
Per sempre poesia

Mamma, avrei voglia di scrivere un testo poetico, hai detto. I tempi cambiano, si sa, e per sottolinearlo e confonderci un po’ la scuola cambia anche il nome alle cose. Sui miei quaderni, i pensierini crescendo si trasformavano in temi. Adesso, grandi o piccoli che siano, son tutti testi. E i quaderni, ingrassati da indigestioni di vocali e consonanti, son diventati quadernoni. Anche le poesie hanno cambiato nome, con buona pace di Pascoli e Ungaretti, trattasi adesso di testi poetici. Un testo poetico?, ti ho risposto, che bella cosa. E su cosa lo vorresti scrivere?, ti ho chiesto abbracciandoti. Sui libri, mamma, mi piacciono così tanto che vorrei scrivere cosa penso di loro. Ho delle parole dentro che avrei voglia di far uscire fuori, hai detto guardandomi seria. Fallo allora, fallo figlia mia, ti ho detto mentre il mio cuore saltava un battito, che le parole e i pensieri non si devono mai tenere chiusi. Vanno liberati, come uccellini chiusi in gabbia, da far volare in alto fino a quando incontrano il blu del cielo. E tu l’hai fatto, un po’ emozionata e un po’ stupita da ciò che stava uscendo dal tuo cuore per prender forma sulla carta. La tua prima poesia. Che ti auguro di essere la prima di una lunga serie, che ti aiuterà a vedere, a sentire, a percepire, ad ascoltare, a gustare e ad amare la vita che ti scorrerà tra le mani. Mi sento felice mamma, mi hai detto poi, come dopo che si è fatta una cosa bella. L’hai fatta, amore mio, l’hai fatta. In una luminosa mattina di fine Settembre sul lungomare di Capraia, hai fatto una cosa bellissima. E tua madre, attonita, ancora stenta a crederlo. E per lei, si tratterà per sempre di poesia.
"Un libro è "
Un libro è una gioia
un mare che scorre dentro di te
un fiocco di neve che cade sul tuo cuore.
Un libro non ti fa mai sentire sola
è un sentimento che ti accompagna
tristezza, paura, amore.
Un libro è una fata
che con la sua bacchetta magica
rende incantevole quello che leggi.
Un libro è tutto quello che pensi
che ti adora
e che non ti abbandonerà mai.
(il mio pulcino di 8 anni – 30 Settembre 2007, Isola di Capraia)
"Un libro è "
Un libro è una gioia
un mare che scorre dentro di te
un fiocco di neve che cade sul tuo cuore.
Un libro non ti fa mai sentire sola
è un sentimento che ti accompagna
tristezza, paura, amore.
Un libro è una fata
che con la sua bacchetta magica
rende incantevole quello che leggi.
Un libro è tutto quello che pensi
che ti adora
e che non ti abbandonerà mai.
(il mio pulcino di 8 anni – 30 Settembre 2007, Isola di Capraia)
giovedì 27 settembre 2007
I giorni della cipolla

mercoledì 26 settembre 2007
Memiamoci un po'

1. Da piccola ho sbavato per anni per entrare in gruppo scout, ma nella zona dove abitavo non ce n’erano, così mi rassegnai ad accettare come sostituzione l’iscrizione al Club delle Giovani Marmotte, fantasticando di camminate nei boschi in compagnia di Qui, Quo, Qua e attenta supervisione del Gran Mogol. Che somma delusione quando scoprii che non spedivano né il cappello da Davy Crockett né venivano effettuate gite o escursioni. Insomma, una gran fregatura. La settimana scorsa ho ricevuto una telefonata dove mi è stato confermato che mia figlia è stata accolta nel gruppo scout dove era in lista d’attesa da due anni. Lei ne è stata felicissima. Ma credo che la piccola mai-scout che alberga in me lo sia stata ancora di più. Chiamiamola una specie di rivincita.
2. Nipote e figlia di cacciatori, fin dalla più tenera età sono stata a contatto con tordi da spennare, lepri da cuocere e fagiani da far frollare. Animali che rispetto da vivi, ma che amo ancora di più arrostiti su uno spiedo o trasformati in sugo denso e saporito da versare sulle pappardelle. Con me i proclami della lega anticaccia non attaccano: l’uomo è sempre stato cacciatore, fin dall’epoca di lance e fionde. E così sia. Da piccolina avevo un’abitudine particolare: quando mio padre tornava a casa dalla caccia il sabato mattina e depositava sul tavolo di cucina gli uccellini, ovviamente morti, io li osservavo attentamente e poi sceglievo il più carino, il quale si sarebbe meritato un trattamento di tutto riguardo. Mentre i suoi compagni di sventura venivano messi tutti insieme in un sacchetto in fondo al frigorifero, il mio prescelto avrebbe goduto di un lettino su misura appositamente creato dalla sottoscritta con carta da cucina, da adagiarsi su uno dei ripiani alti del frigo. Durante la sua permanenza al freddo sarei andata ad accarezzarlo più di una volta, dopodiché, una volta che mia madre avesse decretato che era giunto il momento della spennatura, il mio favorito avrebbe goduto del trattamento direttamente dalle mie manine. Io ne decidevo poi la posizione sullo spiedo, in modo da poterlo riconoscere, e sempre io naturalmente infine me lo mangiavo, rosicchiando gli ossicini uno per uno. Ero un po’ macabra? Forse. Ma tuttora, quando ci ripenso, sento solo tanta dolcezza.
3. Scrivo, da sempre, con la penna blu, meglio se a inchiostro liquido e con punta 0.5, anche se la vecchia Bic blu va lasciata stare. Non sopporto invece le penne nere. A meno che non abbia una gran fretta, se mi capita tra le mani una penna nera, devo cambiarla con una blu.
4. Ho studiato per lavorare nel turismo e, nonostante la mia carriera professionale abbia poi seguito un percorso ben diverso, la passione per organizzare i viaggi mi è rimasta tutta. Così, sono diventata l’agente di viaggio della mia famiglia, una specie di personal-trainer delle vacanze fai da te. Ogni anno, nel cuore dell’inverno, inizio a programmare le vacanze dell’estate successiva: pensare alle destinazioni, cercare informazioni, buttar giù itinerari, pianificare tappe e spostamenti. All’inizio è tutto un calderone di date, nomi, luoghi, il momento in cui tiro fuori tutta la mia creatività e il mio entusiasmo. Poi, pian piano il viaggio prende forma fino a diventare la nostra vacanza. E che soddisfazione quando al ritorno posso constatare che tutto è filato liscio come l’olio, che tempi e ritmi erano stati calibrati a dovere e che la bellezza dei luoghi visitati era andata oltre ogni previsione.
5. Sono una brava cercatrice di funghi. Dopo anni di uscite all’alba nel bosco con mio marito, ottimo cercatore, ho imparato la tecnica e affinato l’occhio. L’unica cosa che ancora proprio non mi va giù di questa pratica, che di per se sarebbe anche divertente, è il fatto di diversi obbligatoriamente alzare dal letto in orario antelucano. La mattina ha l’oro in bocca, e su questo non vi è alcun dubbio, ma chi l’ha detto che la mattina debba per forza iniziare alle cinque?
6. Adoro la pizza. Posso fare follie per una Margherita con doppia farcitura di mozzarella di bufala o una Napoli ricoperta da tante acciughe e capperi. Che poi mi farà venire una sete tremenda, ma questa è un’altra storia.
7. Sono una collezionista incallita, o meglio ero, perché adesso non ho più molto tempo per coltivare questa passione. Ho iniziato con francobolli e cartoline, seguiti da monete, adesivi e carte da lettera. Ho proseguito con i campioncini di profumo, continuato con le saponettine degli alberghi, terminato con i calici di cristallo, rigorosamente diversi gli uni dagli altri.
8. Come ogni buona Vergine che si rispetti, sono maniaca dell’ordine e della precisione, anche troppo a volte. Odio vedere oggetti fuori posto o quadri appesi storti alle pareti. I libri impilati devono avere gli angoli perfettamente combacianti, le scarpe nel ripostiglio devono essere appaiate, gli utensili sul bancone della cucina obbligatoriamente al loro posto. Se invece c'è polvere sulle mensole, uno schizzo di sugo sul piano cottura o gocce d'acqua sullo specchio del bagno, non importa, non mi danno assolutamente fastidio e per quanto mi riguarda potrebbero restarci giorni interi. Lo so, sono alquanto strana.
E adesso passiamo alle nominations. Sperando di non essere mandata al diavolo... nomino con piacere la cara Diamanterosa nel suo splendido campo di Fragole Infinite; nomino la neo-mamma Ruben sperando che si decida a tornare nel suo Patio Andaluso abbandonando per qualche minuto poppate e pannolini; nomino Sandra del Tocco di Zenzero sperando che non mi mandi davvero visto che è in pieno trasloco; nomino Fux dalle mani di fata sperando che lei invece lo abbia finito il trasloco (ma traslocano tutti qui?); nomino Adrenalina ottima cuoca e ottima madre; nomino Koala dal suo angolo americano dove regna una principessa di nome Alinuska; nomino la carissima Marzo sperando che le serva da passatempo scacciapensieri nei suoi Ritagli Quotidiani e infine nomino la simpaticissima Chris the Angel nei suoi Passaggi Silenziosi. A voi la parola!
martedì 25 settembre 2007
Il sole va a dormire

La salita alla vetta della duna si rivelava più facile del previsto, aiutata da quasi duecento gradini, che se da un lato ne sciupavano un pochino quell’aspetto da duna del Sahara venuta a cercar fortuna in Europa, dall’altro aiutavano quelli come me, che da quando mi è venuta l’asma sbuffo e soffio come un mantice solo a fare due piani di scale. Mia figlia se li faceva di corsa, allegra e impaziente come solo a quell’età si può essere, voltandosi ogni tanto per vedere se stavo salendo, con l’occhio indagatore di quella che non ci crede che ti sia fermata per fare una foto ma bensì per riprendere fiato. A onor del vero, diciamo pure che mi fermavo per entrambe le ragioni. Il luogo magico che mi circondava mi aveva fatto venire sia un po’ di affanno sia quel fremito inconfondibile dell’indice destro quando non riesce a trattenersi dal premere continuamente sull’otturatore. Ogni metro che salivo, la prospettiva cambiava e sembrava ancora più bella, dovevo fotografarla, perbacco. Mio marito procedeva in testa alla cordata, con lo stesso passo svelto e sicuro di quando si arrampica sulle rocce dolomitiche, lanciando sguardi ammirati tutt’intorno, attento a non far trapelare troppo entusiasmo, che non sarebbe stato certo da lui, eterno brontolone. Man mano che salivamo il vento salmastro soffiava più forte, scompigliandomi i capelli e ingarbugliandomi i pensieri già piuttosto confusi: non sapevo bene cosa aspettarmi e cosa avrei visto una volta lassù. L’impazienza era una presenza tangibile, aleggiava nell’aria, non solo nelle gambe di mia figlia che saltellavano sui gradini come quelle di uno stambecco. L’avvertivo anche io, distinta e sottile insinuarsi sotto la mia pelle, increspandomi le labbra in un lieve sorriso all’idea di quello che avremmo condiviso di lì a breve. Come quando si trovano i pacchetti sotto l’albero il mattino di Natale e si muore dalla voglia di scartarli per vedere cosa c’è dentro. Sono sicura che anche tutte le altre persone che stavano salendo con noi stessero avvertendo le medesime sensazioni. C’era un sentimento nuovo che ci accomunava tutti, in barba alle differenze di lingua e di età, il senso di profondo rispetto per quello spettacolo che la duna e l’oceano ci avrebbero offerto, immutato da milioni di anni ma non per questo meno emozionante: avremmo accompagnato il sole a dormire. Dopo l’ultimo scalino, il mio sguardo si perse e si innamorò all’istante di ciò che ci circondava: il crinale si allungava accanto a noi, una montagna di sabbia dorata lunga quasi tre chilometri, sospesa tra il verde sconfinato della foresta delle Landes e il blu immenso dell’oceano Atlantico, centoventi metri sotto di noi. I miei piedi nudi sprofondavano nel tepore della sabbia, impalpabile come borotalco, mentre percorrevamo il crinale, increduli e stupefatti da tanta bellezza. Da un lato quella enorme e infinita distesa blu, dalla superficie brillante arricciata da una miriade di crestine bianche, interrotta soltanto dalla piatta sagoma verdastra del Banc d’Arguin, proprio davanti a noi, ultima propaggine di terra semisommersa prima di arrivare alle coste americane, invisibili laggiù in fondo, ben oltre l’orizzonte. Dall’altro questa cattedrale di sabbia e di vento, solcata da milioni di impronte di mani, di piedi e di cuori, che si ergeva fiera a difesa del verde circostante, compatto e interminabile. Sopra, l’azzurro accecante del cielo estivo che mentre accompagnava il disco infuocato del sole nella sua lenta discesa, assumeva gradualmente tutte le sfumature del celeste, del blu, dell’indaco, fino al viola, al grigio, al nero. E lui, l’interprete principale, fiero del suo ruolo di prim’attore, si beava dei nostri sguardi rapiti e ammutoliti mentre si prodigava in un favoloso tramonto, assumendo tonalità sempre più accese. Ci accoccolammo sulla duna, mentre lungo tutto il crinale tantissime altre persone facevano altrettanto, e tenendo i piedi sepolti nella sabbia tiepida al riparo dal vento che stava diventando freddo, accompagnammo il sole con i nostri sguardi mentre si preparava lentamente ad una notte di riposo. Non avrei mai dimenticato lo sguardo meravigliato di mia figlia mentre assisteva con stupore al primo tramonto della sua vita, aspettandosi quasi di avvertire lo sfrigolio della palla infuocata quando avesse toccato l’acqua, mentre in silenzio ci tenevamo per mano. Non avrei mai dimenticato l’applauso, immediato e fragoroso, sgorgato simultaneamente e spontaneamente da centinaia di mani, testimoni dello stesso stupefacente momento, quando anche l’ultimo minuscolo pezzettino arancione fu inghiottito dal mare. Ci rialzammo un po’ intorpiditi, un po’ incapaci di accettare che una cosa così semplice potesse essere così bella, apprestandoci alla via del ritorno, mentre il vento si faceva pungente e i colori si smorzavano sempre più. La ripida discesa di sabbia incitava ai tuffi, alle capriole, all’obbligatoria corsa su una pendenza degna di una pista nera, che mia figlia e suo padre si fecero tutta d’un fiato ridendo come matti. Io, nel pieno rispetto delle mie preferenze sciistiche, scelsi il lato pista rossa, correndo giù allegra e scanzonata, trattenendo dentro di me quel susseguirsi di emozioni fantastiche che mi avevano accompagnata per tutta la serata. I ricordi sono così. Quando ti assalgono li devi far scorrere dietro ai tuoi occhi chiusi come un filmino in Super 8, traballante e un po’ sgranato, assaporando e rivivendo luoghi, persone, fatti, odori e colori. Oggi mi sono ricordata di una serata estiva, unica ed indimenticabile, quando rimboccammo le coperte al sole che andava a dormire dalla Dune du Pyla.
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